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Economia | 18 maggio 2022, 07:00

Agricoltura e fertilizzanti: le conseguenze dell’attacco russo all'Ucraina

L'aumento del prezzo dei carburanti e – in particolare – del gas metano è certamente una delle conseguenze più evidenti della crisi geopolitica attuale.

Agricoltura e fertilizzanti: le conseguenze dell’attacco russo all’Ucraina

L’aumento del prezzo dei carburanti e – in particolare – del gas metano è certamente una delle conseguenze più evidenti della crisi geopolitica attuale: l’attacco della Russia ai danni dell’Ucraina ha innescato una guerra di cui ancora non si vede la fine. Tuttavia, l’aumento del prezzo del gas collegato a questo attacco non ha ricadute unicamente sulle bollette e sull’alimentazione delle automobili a motore endotermico, ma anche su un altro settore particolarmente collegato all’utilizzo di metano: l’agricoltura.

La produzione di fertilizzanti 

Immaginare che un muro si stia sollevando tra Russia e resto del mondo, da un lato, dà la giusta percezione di quello che sta accadendo. Non tutti, però, riescono a immaginare facilmente che questo muro sta danneggiando anche il mondo agricolo occidentale: infatti, il gas metano – principale oggetto di un vertiginoso aumento dei prezzi – è essenziale nella produzione di fertilizzanti, a loro volta fondamentali per i primi step della filiera agricola occidentale. Le ricadute – come si può immaginare – sono notevoli, e si sentiranno già dalle prossime semine e dai prossimi raccolti, con conseguenze nella quantità di grano prodotto e su molti altri versanti della produzione, fino alle compravendite di trattorini Kubota B usati, passando per la ricerca di nuovi fornitori di fertilizzanti.

Ad accusare il colpo, ad esempio, è già il Brasile, che dipende per l’85% dalla fornitura russa e bielorussa di concimi. Senza guardare necessariamente oltre oceano, tuttavia, la stessa Unione Europea sta assistendo a un aumento globale dei prezzi dei più importanti concimi, che sono passati da una media di 20 euro per 25 kg di fertilizzante ai 35 euro per la stessa quantità: l’ovvia conseguenza è già stata segnalata dalla FAO, che evidenzia un aumento di oltre il 12% dei prezzi di alcune categorie di prodotti alimentari.

Uno sguardo globale 

Da una parte, la Russia tende decisamente verso l’autosufficienza alimentare, così da poter contrastare blocchi e sanzioni, e non dipendere da importazioni dall’Europa e da altri territori. Questo, in breve, finisce già per danneggiare alcuni settori europei, quali quello vitivinicolo italiano (che deve molto alle esportazioni in Russia).

Allo stesso tempo, l’Europa si dimostra sempre più vulnerabile per tutto quel che riguarda l’alimentazione energetica e, non ultimi, tutti i settori collegati: l’esempio dell’ammoniaca prodotta con il metano ed essenziale per la creazione dei fertilizzanti più diffusi, infatti, è soltanto una delle conseguenze di questo conflitto.

Risentono meno di queste conseguenze le aziende di fertilizzanti degli Stati Uniti, che lavorano a pieno regime proprio perché, oltre oceano, i costi del metano sono inferiori. Tuttavia, sembra che queste industrie, da sole, non riescano a garantire una produzione tale da bilanciare l’aumento dei prezzi legato alla crisi ucraina.

Guardando da vicino all’Ucraina, infine, sembra che la situazione nel Mar Nero e l’inizio della guerra nella stagione della semina siano destinate ad assestare un colpo durissimo alla produzione di grano da un lato (-35%) e alle esportazioni verso Occidente dall’altro, innescando una crisi senza precedenti. L’intervento di Polonia e Lituania a favore di Kiev potrebbe sbloccare la situazione, o quantomeno favorire la ripresa del flusso di grano, mais e olio di girasole, ma riuscire a recuperare le perdite stimate in tempi brevi sembra davvero difficile.

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