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Attualità | 28 febbraio 2017, 14:30

“La nostra Bella de Turiggia, al teatro Ambra di Albenga per fare del bene”

Intervista a Silvana Ansaldo, regista della compagnia teatrale Quelli del mercoledì, che ci racconta la strana storia della nascita della “Bella de Turiggia” e ci parla di lavori passati e progetti futuri

“La nostra Bella de Turiggia, al teatro Ambra di Albenga per fare del bene”

Come già annunciato sulle pagine di Savonanews, "A Bella de Turiggia”, spettacolo teatrale realizzato dalla compagnia "Quelli del mercoledì", andrà in scena venerdì 3 marzo alle ore 21 al teatro Ambra in via Archivolto del Teatro ad Albenga.

Sul palco Loredana Icardo, Fausto Icardo, Alessandro Gimelli, Jessica Calbucci, Cinzia Ciocca, Monica Torriani, Katia Gulisano, Giacomo Campana, Isabella Roveraro, Silvio Trabona, Simona Chimenti, Angela Balbis e Simone Torterolo, per la regia di Silvana Ansaldo. Testo di Emanuela Bosco.

L’ingresso è libero ad offerta, il ricavato della serata sarà donato alle associazioni Alfapp e Anffas di Albenga per il progetto dell’Orto Sociale che permette alle persone con disabilità l’inserimento lavorativo, una attività decisiva per una vita sociale con più autonomia e indipendenza.

Abbiamo quindi colto l’occasione per intervistare Silvana Ansaldo, regista di “Quelli del mercoledì”, dando vita a una carrellata su progetti passati, presenti e futuri.

Come nasce la vicenda della “Bella di Turiggia”?

“Io ho conosciuto Emanuela Bosco circa un anno e mezzo fa. Lei aveva scritto questo testo circa una quindicina di anni fa insieme ad alcuni amici, tra cui Gianmario Siboni (indimenticato autore e cabarettista del duo “I Giagiò”) ed Emma Croce, straordinaria attrice e autrice di teatro dialettale alla quale dedichiamo quest’opera. La trama si basa su un tema classico del teatro dialettale ligure: la mamma che vorrebbe solo mariti altolocati per la propria figlia. L’idea di mettere in scena lo spettacolo fu sospesa per l’improvvisa e prematura scomparsa di Siboni. Oggi, dopo 15 anni, rimettendo a posto una vecchia cantina, è riemerso il pezzo in perfette condizioni e nella sua interezza, e così Emanuela Bosco ha messo un appello su Facebook nel quale chiedeva se una compagnia teatrale fosse intenzionata a proporlo. La prima è stata da Gerry Delfino al Giardino Letterario (nella foto, un momento della rappresentazione), dopodiché il comune ci ha dato la possibilità di riproporre il lavoro all’Ambra in virtù dello scopo benefico della cosa. Per noi è la quarta volta, con Quelli del mercoledì, al teatro Ambra”.

Quanto lavoro c’è dietro la preparazione di uno spettacolo?

“Come minimo ci vuole un anno, ma dipende molto dal tipo di spettacolo: noi facciamo anche monologhi, e spesso realizziamo opere dedicate anche a tematiche di denuncia sociale. In questo caso si tratta di uno spettacolo di teatro leggero e saranno 13 gli attori sul palco che si avvicenderanno tra loro in tempi rapidi e con un fitto scambio di battute. In generale proviamo molto, presso Palazzo Scotto Niccolari: iniziamo a tracciare lo spettacolo con una prova settimanale (da qui il nome della compagnia), dopodiché gli incontri si infittiscono man mano che si avvicina la data dello spettacolo”.

In questi anni il vostro nome ha girato parecchio: quali sono gli eventi che ricordate con più affetto?

“Esistiamo da 14 anni ormai, grazie alla volontà di quelli che sono attori sulla scena ma persone molto vere nella vita, che mettono il cuore in tutto ciò che fanno, con grande intensità ed emotività. Abbiamo lavorato con molta passione a “Uno, nessuno e Novecento”, una rilettura artistica di tutta la storia del ‘900, che ci ha impegnato per quasi due anni. Abbiamo rappresentato persino la nave degli emigranti con i corpi umani degli attori, supportati da musiche bellissime e un coro narrante che sottolineava i momenti salienti del secolo. “Follia”, il nostro primissimo lavoro, parlava dei problemi della società di oggi: l’uomo è diventato indifferente, abulico, così chi cerca di risvegliarsi è considerato un folle. Tra le opere recenti molto bella è stata “Pierrot Lunaire”, 13 differenti Pierrot che raccontavano storie di solitudine, di amarezza e di disagio interiore. Per noi è una novità e una sfida lavorare oggi su un’opera scritta da altri”.

Terminata la “Turiggia”, a quali eventi futuri state lavorando?

 

“Per adesso dobbiamo concentrarci sul 3, poi si vedrà. Ma di progetti in testa ne abbiamo tantissimi e 13 teste vuol dire tante idee. L’importante è andare per gradi, gestire la programmazione con serenità e lucidità”.

Alberto Sgarlato

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