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Sanità | 15 maggio 2020, 18:46

"Finita l'emergenza l'ospedale di Cairo deve riaprire": il personale sanitario scrive al premier Conte

"La Val Bormida rivuole il suo ospedale e il personale vuole tornare a lavorare come ha sempre fatto. Non togliete ai cittadini di questa valle anche il diritto di potersi curare"

"Finita l'emergenza l'ospedale di Cairo deve riaprire": il personale sanitario scrive al premier Conte

Riapertura ospedale di Cairo Montenotte: gli operatori sanitari del nosocomio hanno scritto nei giorni scorsi una lettera indirizzata al premier Giuseppe Conte, al ministro della Sanità Roberto Speranza, al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, all'assessore regionale con delega alla Sanità Sonia Viale, al presidente della Provincia di Savona Pierangelo Olivieri, al sindaco di Cairo Paolo Lambertini e al commissario straordinario Asl 2 Paolo Cavagnaro. 

"Siamo gli operatori sanitari, dipendenti di questo ospedale, che è stato svuotato dall'oggi al domani di tutto il personale e chiuso - inizia cosi la missiva - Noi dipendenti, così ,come tutta la popolazione, abbiamo saputo della chiusura dai giornali. Ci rendiamo conto della tragedia che sta attraversando il nostro paese e il mondo intero. Chi più di noi può rendersene conto?". 

"Abbiamo, tuttavia, bisogno di risposte, come cittadini e come lavoratori. Vista l’emergenza sanitaria, abbiamo più volte proposto all’Asl 2 Savonese di utilizzare i 70/80 posti letto disponibili presso il nostro presidio per ospitare tutti i pazienti NO Covid-19, in modo da creare un ospedale “pulito” per poter potenziare gli altri ospedali di Savona, Pietra Ligure e Albenga - prosegue - Tutto il personale, come sempre, si è reso disponibile ad attivarsi perché ciò accadesse. Nessuna risposta. I servizi che sono rimasti sono la dialisi e, due giorni a settimana, solo per urgenze la radiologia e il laboratorio analisi, mentre il servizio di cardiologia sarà attivo per soli tre giorni a settimana; l'ambulatorio di fisioterapia solo per casi urgenti e il servizio del 118". 

"La Val Bormida conta all’incirca 40 mila abitanti che sono rimasti privi di qualsiasi servizio, primario e secondario, e non è stata neppure attivata la seconda automedica del 118, nonostante la chiusura del Punto di primo intervento. Il territorio è molto vasto: ci chiediamo, quindi, se il 118 è impegnato e qualcun altro ha bisogno che fa? Muore? Il primo ospedale disponibile più vicino è a 40/ 50 km di distanza a seconda della zona di partenza. Vi ricordiamo che le persone non muoiono solo di Coronavirus". 

"Noi non chiediamo la riapertura immediata dell’ospedale, siamo persone responsabili. Chiediamo che, finita questa terribile emergenza, venga riaperto l’ospedale, anzi potenziato e che tutto il personale rientri nella sua sede. Non sarà che dietro a questa immane tragedia qualcuno cerchi in tutti i modi di favorire i privati? Non ci sono mai soldi per la sanità pubblica, anzi, solo tagli. Doveva arrivare il Coronavirus per farci capire che senza operatori sanitari la gente muore? Non ci interessa essere chiamati eroi in questo momento e poi essere dimenticati alla fine di tutto" proseguono gli operatori sanitari. 

"Continuate a dirci di stare in casa. Ovviamente noi non lo possiamo fare; avremmo potuto, però, fornire un servizio efficiente nel nostro ospedale a qualsiasi tipo di esigenza, invece si è preferito chiudere un intero ospedale e mandare il personale altrove. Noi siamo disponibili nell’emergenza a stravolgere le nostre vite, il nostro lavoro. Vogliamo sentire che le istituzioni non ci hanno abbandonati per l’ennesima volta. Ai cittadini non interessano i retroscena della politica, le manovre fatte solo per il denaro". 

"La Val Bormida rivuole il suo ospedale e il personale vuole tornare a lavorare come ha sempre fatto. Non togliete ai cittadini di questa valle anche il diritto di potersi curare" concludono gli operatori sanitari. 

"L'attenzione verso il futuro dell'ospedale è sempre stata alta da parte della nostra amministrazione - commenta il primo cittadino di Cairo Lambertini - La permanenza e il suo potenziamento sono due obiettivi a cui nessuno di noi vuole rinunciare". 

"Il percorso definito da Regione prevede, come noto a tutti, l'ingresso di aziende ospedaliere private per la gestione dei servizi. Non è una "vendita ai privati" o una "privatizzazione" (come in modo fuorviarne a volte viene detto), ma una gestione dei servizi, secondo le regole definite dalla sanità pubblica; una modalità che viene utilizzata con successo in diverse regioni italiane e che, nonostante polemiche e falsità, anche in questa fase difficile hanno garantito con professionalità ospitalità e cure a tutti i pazienti. Questo processo ha subito un rallentamento, dovuto a ricorsi prima e emergenza dopo, che tutti abbiamo subito e che speriamo riprenda al più presto per il bene di tutti". 

"Fin dalla prima comunicazione ufficiale da parte degli organismi sovraordinati competenti, sulla chiusura di alcuni importanti servizi dell'Ospedale (tra cui PPI e degenza medicina), la nostra amministrazione ha subito richiesto ufficialmente chiarimenti e rassicurazioni: la garanzia della temporaneità della chiusura, limitata alla fase di emergenza, le motivazioni della chiusura dei servizi e in ultimo i tempi e le modalità di riapertura dei servizi in relazione alla graduale ripresa iniziata con la cosiddetta "Fase 2" aggiunge il primo cittadino Lambertini. 

Una "Fase 2" che dovrebbe prevedere la riapertura di alcuni ambulatori, già da lunedì. In particolare la Radiologia e il laboratorio di analisi. Ma non solo. La novità potrebbe essere l'istituzione di un reparto per ospitare gli anziani dimessi dagli ospedali che non possono rientrare nelle RSA. Questo consentirebbe al personale di rientrare nella struttura. 

"Che non sia però una soluzione definitiva - conclude il sindaco Lambertini - il presidio non deve diventare diventare una RSA. L'ospedale deve tornare tale e potenziato". 

Credo fortemente in questa 'battaglia' e non risparmio energie per questa finalità che reputo giusta per le nostre comunità e che iniziò anni fa proponendo l'ospedale di Cairo Montenotte, come ospedale di area disagiatacommenta il consigliere regionale (Pd) Mauro Righello.

In conclusione, oltre alla lettera inviata, il personale sanitario aggiunge:

"Come dipendenti dell'ospedale di Cairo e come cittadini della Valbormida abbiamo scritto questa lettera e raccolto 157 firme tra i dipendenti ospedalieri e l'abbiamo inviata, oltre ai nominativi messi in evidenza, anche ai 18 consiglieri regionali. Questa iniziativa non doveva servire a innescare sterili e inutili polemiche ma ​ per evidenziare la necessità di avere un incontro chiarificatore sul futuro del nostro ospedale, anche perchè noi non abbiamo avuto modo di incontrare i rappresentanti delle Istituzioni, che hanno preso le loro decisioni senza coinvolgerci in alcun modo. Ad oggi abbiamo ricevuto soltanto due risposte: una dal consigliere regionale Mauro Righello che si è reso disponibile ad un incontro, l'altra dal nostro sindaco Paolo Lambertini che forse troppo ottimisticamente è ancora convinto che la soluzione ideale rimane la gestione privata che la Regione sta portando avanti".

"Abbiamo aspettato a inviare questa lettera ai giornali in attesa che qualcuno dei destinatari ci considerasse, sia come cittadini che come lavoratori, ma anche questa volta le risposte sono state poche e non soddisfacenti. Nel frattempo la nostra ASL e tutte le altre ASL liguri sono state commissariate dalla Regione, invalidando la promessa fatta dal Dr. Cavagnaro al nostro Sindaco: la riapertura totale dell'ospedale alla fine dell'emergenza sanitaria - concludono dal personale sanitario - Siamo a disposizione per un incontro in cui discutere ​ soluzioni costruttive e adeguate ai bisogni della popolazione valbormidese".

Graziano De Valle

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