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Curiosità | 12 novembre 2025, 12:41

L’uomo dei boschi - il docufilm "Primo, l'ultimo dei raccoglitori"

Una storia perfetta anche per il pubblico ligure, specie per quello di Savona (il comune più boscoso d'Europa), perché narra la filosofia e la vita di un uomo dei boschi, che incarna una figura quasi mitologica: quella del raccoglitore di erbe e di essenze

L’uomo dei boschi - il docufilm "Primo, l'ultimo dei raccoglitori"

"Primo, l'ultimo dei raccoglitori" è un docufilm prodotto da Docucrew-VisualArts, con la fotografia di Marco Stolco, il suono di Carlo Comazzi e la regia di Luca Rizzi. Girato in Carnia, racconta una storia perfetta anche per il pubblico ligure, specie per quello di Savona (il comune più boscoso d'Europa), perché narra la filosofia e la vita di un uomo dei boschi, che incarna una figura quasi mitologica: quella del raccoglitore di erbe e di essenze.

Con una lunga esperienza da fotografo, regista, produttore e montatore, Luca Rizzi è il professionista (con la P maiuscola) a cui Mediaset affida, da anni, i programmi da "aggiustare" (e a volte da salvare) in montaggio. Più che un editor, un "regista dell'editing", un ruolo che in America è riconosciuto come una professione specifica, mentre in Italia non ha ancora uno statuto professionale adeguato.

Primo, il protagonista del film, scoperto da Rizzi, ha 75 anni, abita a Zuglio (Udine) e, oltre ad avere una faccia da profeta-contadino che pare uscita da un'opera di Olmi o di Bergman, si presenta subito come la versione seria di Mauro Corona. Fisicamente gli assomiglia moltissimo, ma umanamente è l'esatto opposto: se Corona fa di tutto per attirare l'attenzione e, in tv, passa da uno strip-tease all'altro, esibendo in successione aneddoti alcolici, buon senso da bar sport, bandane, scalpelli e crocifissi scolpiti, Primo mostra lo stesso esibizionismo che potrebbe avere una sequoia.

Parla di sé, dei suoi boschi e delle erbe che distilla, perché il regista gli ha chiesto di farlo, ma è solo una parentesi nel flusso senza tempo del suo scambio energetico con la natura. "Primo" è un ambasciatore dei boschi: anche quando parla di sé, non parla mai veramente di sé, parla di loro. Gli dà voce, e solo il minimo necessario, per poi continuare a camminare come un acrobata sul pentagramma del loro silenzio. In questo senso potrei dire che Primo è l'ultimo dei primitivi.

Alcune sequenze del film sono indimenticabili. Vediamo Primo che distilla un tè tratto da una corteccia di betulla e lo filtra usando il muschio, o che spiega i principi curativi di fiori e piante usando antichi erbolari, ma c'è una sequenza che vale da sola tutto il documentario: è quando il protagonista, a torso nudo, spiega alla camera il potere vaccinante del veleno delle formiche. Lo fa con una flemma degna di Seneca, seduto su un nido di formiche rosse, che continuano a camminargli addosso e a pungerlo per tutto il tempo senza neppure chiedere una liberatoria.

La scena rivela la vera natura di "Primo": quella di essere forse uno degli ultimi sciamani. Lo Shinto (l'unica religione che mi abbia affascinato davvero) spiega che non c'è un solo dio, ma che gli dei (i "Kami") sono migliaia e si annidano negli alberi, nei fiumi, nelle rocce, nel vento e negli animali. Primo è la dimostrazione vivente che questa capacità di riconoscere il divino nella natura non appartiene solo al Giappone, ma anche ad alcune culture contadine che dalla vecchia Europa arrivavano sino alla Siberia.

Commovente è anche il rapporto che Primo ha con la moglie: lei è preoccupata che, data l'età avanzata, lui possa sentirsi avere un malore in mezzo a un bosco in totale solitudine; lui la rassicura: è proprio quello il modo con cui vorrebbe "chiudere in bellezza" la presente incarnazione.

Girato con una pregevole fotografia – specie negli interni – e con un ritmo che non perde un colpo, il film ha un unico difetto: un testo che gronda una retorica da Mulino Bianco condita da banalità mitologiche che arrivano a scomodare persino i "Druidi"… Un testo che si direbbe scritto a freddo, senza aver visto veramente il film e che, tra l'altro, viene continuamente smentito dalla semplicità e dall'autenticità del protagonista.

Al netto di ciò, "Primo, l'ultimo dei raccoglitori", che vedrà la sua prima uscita in pubblico il 5 dicembre a Tolmezzo, ci fa scoprire un personaggio strepitoso e rende omaggio, come pochi altri film, a una terra meravigliosa, la Carnia, in cui la pace dei boschi è una conquista recente perché, solo l'altro ieri, il paradiso verde che ci mostra Primo venne squassato da uno degli eventi più tragici della storia d'Italia: la prima guerra mondiale.

Il racconto di Rizzi e questa storia umanamente ricchissima invogliano a visitare quei luoghi e ci mostrano che forse la pace universale passa anche dalla pace con sé stessi. Un messaggio drammaticamente attuale.

Mimmo Lombezzi

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