Uno dei punti fondamentali per arrivare ad una credibile e condivisa bozza di Trattato di pace tra Russia e Ucraina sono le garanzie di sicurezza che il mondo Occidentale vuole confermare a Kiev, qualora la situazione con la Russia tornasse a deteriorarsi negli anni futuri.
Nel suo primo Piano da 28 punti, anche Washington aveva già previsto di tutelare l'Ucraina, senza peraltro precisarne il modo, probabilmente perché lo considerava più un passaggio obbligato per ottenere l'accettazione del duo Ucraina-Europa, piuttosto che una reale necessità per i suoi fini strategici che, in questa era trumpiana, basata esclusivamente su meri e cinici criteri imprenditoriali, forse non avrebbero particolari problemi a soddisfare completamente le brame putiniane.
Invece il problema rimane e le soluzioni che si rincorrono, soprattutto da parte europea, sono tutte molto impegnative, perchè presuppongono un elevatissimo coinvolgimento da parte occidentale, non solo sul piano politico, ma anche su quello militare, che è quello che potrebbe creare i maggiori problemi alle giovani generazioni del Vecchio Continente. Infatti, è purtroppo noto che l'ambito politico, non brillando per etica e morale, non avrebbe particolari problemi a rimangiarsi in un battibaleno quanto spergiurato poco prima, neanche di fronte ad un popolo come quello ucraino, martoriato dalla guerra. Ma se le promesse politiche presuppongono anche un impegno militare, il gioco ha tutta un'altra valenza. Ed è quello che stanno facendo, in un modo o nell'altro, le maggiori Nazioni europee, nel quadro della loro militanza nell'ormai nota “Coalizione dei Volenterosi”, una sorta di agglomerato di Paesi, creatosi per iniziativa della “antica trimurti europea”, Francia, Germania e Gran Bretagna, in cui militano con convinzione diversa ed alterna 26 Membri della UE.
In questi mesi, gli incontri, le videocall, le proposte e le discussioni si sono successe a ritmo frenetico ma, sostanzialmente, si può affermare che le opzioni su cui sembra ci sia l'intenzione di ragionare seriamente siano due, entrambe con costi e potenziali conseguenze che hanno nel disastro il loro limite estremo.
Un prima ipotesi era stata formulata a settembre scorso da Macron, secondo la quale i soldati delle Nazioni volenterose dovrebbero costituire una “Forza di rassicurazione” la quale, non solo nella sua etimologia, costituisce una formula militare assolutamente inedita nel panorama internazionale, il cui status (sotto egida ONU, UE o di chi?), i cui compiti e funzioni (con quali Regole di ingaggio?) sarebbero tutti da definire, ammesso e non concesso che sia possibile farlo. Unica presunta certezza sarebbe la collocazione di questa forza, che si porrebbe nell'area occidentale dell'Ucraina, a ridosso del confine polacco. Una soluzione “senza arte ne parte” che, per ora, sembra essere stata accantonata, ma di questi tempi non si può mai dire mai, perché, alle follie non sembra esserci fine.
Comunque, dopo un paio di mesi di diatribe evanescenti, si è arrivati al vertice di Berlino dei giorni scorsi, che è stato definito dal Cancelliere tedesco Friedrich Merz “un grande successo ..un passo avanti significativo sulle garanzie di sicurezza per l'Ucraina”, grazie alla partecipazione dei Leaders UE e NATO e dei negoziatori USA. Nelle sue dichiarazioni, il Tedesco ha anche prospettato una nuova ipotesi militare, che prevede di portare il dispositivo addirittura a ridosso della linea del fronte, con il compito di assicurare “una zona smilitarizzata tra le parti in conflitto” con una forza pronta a rispondere “a eventuali aggressioni o attacchi russi”.
A questo punto, qualora tutto ciò rispondesse esattamente a quanto deciso a Berlino (con questa classe politica il dubbio sembra essere sempre lecito), c'é da chiedersi se chi ha concepito una tale soluzione, si renda esattamente conto che cosa significhi approntare, schierare, supportare operativamente e sostenere logisticamente una forza in grado di opporsi ad un esercito ormai esperto e rodato, come quello Russo, in guerra da 4 anni. Pertanto, viene anche il dubbio che, nelle teste dei nostri leader, sia frullata l'idea che questa Forza di interposizione debba solo costituire la prima indispensabile infornata di morti della NATO, in modo da legittimare poi ogni ulteriore azione dell'Alleanza contro la Russia.
Tuttavia, a mitigare questa “posizione forte” della leadership tedesca che, ultimamente, sembra affetta da velleità guerriere, è arrivata una dichiarazione congiunta di alcuni altri Stati Europei (tra cui l'Italia) che, cautamente, ha invece parlato di una “forza multinazionale”, a guida europea e sostenuta dagli Usa, di “monitoraggio e verifica del cessate il fuoco”. Quindi, una sorta di Contingente di Caschi blu europei, tutt'altro che orientati a contrapporsi ad un assalto russo. Tutti segnali di difformità tra le Nazioni europee, che non depongono a favore della necessaria coesione d'intenti che la UE dovrebbe dimostrare.
Il padrone di casa Merz ha anche sottolineato che i negoziatori USA avrebbero garantito la disponibilità di Washington a fornire garanzie all'Ucraina simili all'art. 5 della NATO il quale, come noto, prevede che l'attacco ad un Membro dell'Alleanza venga considerato “come un attacco diretto contro tutte le parti” le quali sarebbero vincolate a intraprendere “le azioni ritenute necessarie, ivi compreso l'uso della forza armata per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell'Atlantico settentrionale”.
Pertanto, secondo il Cancelliere tedesco, Trump avrebbe cambiato idea, rispetto a quanto dichiarato nell'agosto scorso, in merito ad un ipotetico “face to face” tra soldati americani e russi, che non era ritenuto accettabile e conveniente dall'Amministrazione USA. In realtà, dopo aver confermato la considerazione di tale ipotesi di garanzia “modello article Five”, rinunciando tatticamente al suo decisionismo, il Tycoon ha anche affermato che tale ipotesi sarà sottoposta all'approvazione del Congresso, che non è assolutamente scontata perché, vale la pena ricordarlo, le vere preoccupazioni di Washington navigano nel Pacifico.
In tale contesto, il Governo italiano continua a rivendicare orgogliosamente la paternità sull'idea dell'eventuale estensione di fatto degli effetti dell'art. 5 all'Ucraina, anche in caso non entrasse nella NATO, come sembra ormai molto probabile. La Premier Meloni si era espressa chiaramente al riguardo nel marzo scorso, ritenendo tale soluzione come “una garanzia di sicurezza stabile, duratura, effettiva, più di alcune delle proposte che sto vedendo”.
Di certo, sull'efficacia di un provvedimento del genere non ci sono assolutamente dubbi, ma non ci sono nemmeno sulle possibili conseguenze che la sua eventuale applicazione potrebbe determinare in quanto, potenzialmente, potrebbero arrivare addirittura ad un ingaggio militare dell'Italia a favore dell'Ucraina. Una Nazione che, vale la pena ricordare, non è ufficialmente nostro alleato, non è membro dell'Unione Europea e tanto meno lo è della NATO e molto probabilmente mai lo sarà. Un Paese che sta attraversando una grave crisi di corruzione del suo establishment direttivo, a seguito dell'azione di quell'Ufficio Nazionale Anticorruzione che il Presidente Zelensky, ormai decaduto da più di un anno, aveva cercato qualche mese fa di portare sotto il proprio controllo politico, fermato solo da forti proteste di piazza e dalle pressioni internazionali, comprese quelle della stessa UE, nonostante la sua crisi di innamoramento verso il leader ucraino.
Comunque, qualora venisse accettata la soluzione di estensione dell'art, 5 all'Ucraina, verosimilmente si potrebbero prospettare due ipotesi. La prima che venga attuata nell'ambito della NATO, attraverso una inevitabile modifica dello stesso Trattato del Nord Atlantico. La seconda che si realizzi mediante uno specifico trattato in seno alla “Coalizione dei Volenterosi”. Tuttavia, per quanto riguarda l'Italia, si può affermare che in entrambi i casi, l'adesione nazionale non potrebbe rientrare nell'alveo di una semplice e soggettiva decisione governativa, ma comporterebbe la necessaria ratifica parlamentare. Questo lo sancisce la Costituzione italiana con l'articolo 80. E la Costituzione non è derogabile, neanche di fronte al conflitto ucraino, in nome del quale l'ortodossia del Diritto Internazionale e quella del buon senso sono già state ripetutamente violentate.
Generale Marcello BELLACICCO
Autore del Libro “Noi ci abbiamo creduto” - Diario di 6 mesi di missione in Afghanistan
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Esperto di Politica Internazionale di cui parla sul suo Canale Youtube “Free Mind”
Disponibile su https://youtube.com/@freemindita?si=3NIJrMVgCbS5tAd1














