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Eventi | 13 marzo 2017, 17:36

Il Tartufo “made in Liguria” una chance per destagionalizzare il turismo

Un educational dell'Associazione Tartufai e Tartuficoltori Liguri organizzato in collaborazione con E.L.F.o Liguria, L.G.O di Varazze e C.E.S.C.O.T. di Savona per sperimentare nuovi segmenti di nicchia per il turismo gastronomico.

Il Tartufo “made in Liguria” una chance per destagionalizzare il turismo

La sfida lanciata dai  partecipanti al corso per Gestori di Agriturismo, organizzato da E.L.F.o Liguria, L.G.O di Varazze e C.E.S.C.O.T. di Savona, finanziato dal Fondo sociale Europeo in collaborazione con l' Associazione Tartufai e Tartuficoltori Liguri, è quella di trasformare una eccellenza delle valli savonesi in un prodotto capace di intercettare la crescente domanda di turismo esperienziale, sia italiana che straniera. Obiettivo primario dell’esperienza è quello di creare un network di relazioni in grado di generare un processo virtuoso tra imprese e territori tale da  generare nuove opportunità per destagionalizzare ed innovare l’offerta climatico-balneare della costa. Questo primo team building in tartufaia, che si svolgerà il prossimo 20 marzo, dalle ore 14,30, sarà seguito dagli obiettivi del circolo fotografico S. Giorgio di Albenga, dalle telecamere  di Tele Varazze e dal settore “social” dell’Agenzia In Liguria e vi prenderanno parte in qualità di “sperimentatori”   imprenditori, food blogger e chef.

Compito degli organizzatori, coordinati dai docenti del corso Matteo Zerbini, Pino Vallerga e Franco Laureri,  coadiuvati dal blogger e giornalista Stefano Pezzini, è trasformare, come per altro già avviene in altre regioni d’Italia, la ricerca del tartufo in un prodotto turistico. L’evento oltre ad essere test formativo per i corsisti Allegra Roberto, Ascheri Chiara, Bonfiglio Giada, Codino Anna Domenica, Marengo Luigi, Negoita Marinela, Nocerino Donatella, Olinici Alina, Terragno Silvia e Vio Caterina, futuri gestori di agriturismi, sarà l’occasione per riaffermare, attraverso il  project work dedicato all’ideazione di nuovi prodotti turistici, la determinazione dell’Associazione tartufai e tartuficoltori liguri che dal 1985 opera per la valorizzazione del tartufo ligure.

UNA STORIA CHE RISALE AI ROMANI E ALLA IULIA AUGUSTA

 

Il percorso di 5.5 chilometri tra le antiche chiese di San Martino di Albenga e Santa Croce di Alassio costituisce uno dei tratti più suggestivi dell’antica Via Iulia Augusta, la strada aperta dall’imperatore Augusto tra l’anno 13 e 12 a.C. per collegare, attraverso un itinerario costiero, la pianura padana con la Gallia e la Spagna. L’itinerario si snoda su un percorso collinare di alto valore ambientale, oltre che storico e archeologico, affacciato a mezzogiorno con splendidi panorami sulla costa e sull’isola Gallinara.

La visita ha inizio da Albenga, presso i resti dell’Abbazia di San Martino sorta nel Medioevo accanto ai ruderi dell’anfiteatro romano e al Pilone. A partire da qui, il percorso che coincide con il tracciato di età romana, attraversa la necropoli di Albingaunum che sorgeva nella piana più a nord, dove è oggi il centro medievale di Albenga. A breve distanza l’uno dall’altro, si affacciano sulla strada i ruderi di sette recinti funerari databili tra il I° e II° secolo d.C.

L’itinerario continua con un percorso collinare di circa tre chilometri che passa accanto alla Chiesa di Sant’Anna ai Monti per terminare alla chiesa romanica di Santa Croce, fondata nel XI secolo dai monaci benedettini della vicina isola Gallinara. Lungo il percorso la visita è facilitata da cartelli descrittivi, che propongono la ricostruzione di ciascun monumento.

Si narra (in effetti è scritto) che durante i lavori per la costruzione della via Iulia Augusta i soldati romani che scavavano la strada trovassero abbastanza tartufi neri (lo scorzone, una prelibatezza anche all’epoca) con cui sfamarsi.

Sul versante di San Fedele, invece, si possono addirittura trovare i tartufi bianchi.

 

UN DONO DI ZEUS PER LA GOLA DEGLI UOMINI

Dici tartufo e pensi alle Langhe, ad Alba o, al più, ad Acqualagna o all’Umbria. E invece anche la Liguria, la Val Bormida in primo luogo, ma anche la Riviera ha una discreta produzione di tartufo, sia bianco, il più pregiato, che nero, meno profumato ma molto saporito.

Il tartufo bianco si presenta con l’aspetto di un tubero dalla forma irregolare, con buccia liscia di colore tra il crema e il nocciola. La carne è compatta, dura, friabile, di colore bianco-gialla grigia quando è completamente maturo. Si gusta sopra al riso o alle uova.

Il tartufo nero, più diffuso e quindi meno caro di quello bianco, cresce ai piedi di querce, pioppi, noccioli. L’aspetto esteriore è di colore brunastro con buccia ricoperta da centinaia di verruche poligonali che la rendono scabra. La carne è grigia, rossiccia, o nerastra con venature bianche o rosse. Meno profumato, si conserva più a lungo. Per gustarli al meglio i tartufi neri vanno consumati non crudi (come invece è consigliato per i bianchi che danno il meglio affettati a lamelle sottilissime, sul cibo), ma appena riscaldati a fuoco lento, per coglierne gli aromi che si sprigionano. Il suo aroma si apprezza infatti solo con la cottura e per questo deve sempre essere cotto al burro prima di essere tagliato a fette e disposto su uova, fettuccine, paté, ravioli.

Il tartufo è un fungo sotterraneo, un ascomiceto che cresce sotto le radici di querce, pioppi, tigli e salici. Considerato cibo degli dei per le sue presunte proprietà afrodisiache, si credeva fosse nato per effetto di un fulmine scagliato da Zeus.

Il tartufo Aestivum (scorzone) o il tartufo Albidum (bianchetto), pur avendo un valore di mercato inferiore, presentano minori esigenze in fatto di suolo e di clima.

 

UNA ESPERIENZA CON I PROFESSIONISTI

Dal 2011 Millesimo è stato ammesso nel ristretto e nobile club delle Città del tartufo. A fianco di Alba e Asti, Norcia, Gubbio, Acqualagna e poche altre, dunque, anche un angolo della Liguria appenninica, una terra di confine a cavallo tra la Riviera e il Basso Piemonte, vicina alle Langhe, rinomata terra produttrice del costosissimo tubero. Un po’ di anni fa accostare la Valbormida e Millesimo alla Langa e ad Alba, parlando di tartufi, pareva un’eresia, ma con il tempo, grazie alla determinazione dell’Associazione tartufai e tartuficoltori liguri, che ha sede a Millesimo e che dal 1985 opera per la valorizzazione del tartufo in Liguria (che di fatto si trova quasi esclusivamente nell’area valbormidese, tra Calizzano e Piana Crixia, passando per Millesimo e Cosseria), anche il tartufo ligure ha saputo conquistare un suo spazio. Ed è  proprio con i cercatori dall’Associazione (ass.tartufailiguria@equipo.it) e dei loro preziosi e abili cani da “trifula” che lunedì 20 i partecipanti al corso vivranno l’eperienza di cercare i tartufi, una esperienza che, si spera, potrà essere replicata in futuro per gli ospiti degli agriturismi liguri.

 

 

 

 

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