In quadro generale che evidenzia a livello nazionale ancora tutti gli elementi di una crisi industriale apparentemente irreversibile, la Liguria si presenta come l’anello debole della catena.
In Italia il numero delle grandi aziende oltre i mille dipendenti che nel 1991 erano ancora 241 è crollato nel ventennio successivo a 176 quale esito delle privatizzazioni nei settori fondamentali.
Si è puntato quindi nei settori delle medie imprese dalla produzione finalizzata prevalentemente all’esportazione, nell’intensificazione dei ritmi scontando anche lo sfruttamento del lavoro nero in un quadro di progressiva terziarizzazione dequalificata.
Ebbene la Liguria è tagliata fuori anche dalla partita dei marchi e della media impresa, della ricerca, dei sistemi per l’automazione, della produzione intensiva.
Tra le 1.660 aziende che in Italia si collocano oltre i 500 dipendenti che tra il 2008 e il 2017 sono riuscite ad aumentare il personale del 30% non figura infatti nessuna azienda della nostra Regione
I dati pubblicati da “Repubblica – Affari e Finanza” a partire dalla pubblicazione “Le principali società italiane” dell’Area Studi di Mediobanca citano a questo proposito 22 aziende lombarde, 14 venete, 12 emiliane, 5 piemontesi, 5 toscane, 3 friulane, 2 campane, 2 pugliesi, 1 trentina, 1 marchigiana, 1 umbra, 1 abruzzese e 1 sarda.
Liguria a zero anche in questa speciale statistica: dati che parlano da soli di una debolezza strutturale della quale davvero non pare interessare granché a istituzioni e addetti ai lavori.
Franco Astengo