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Sanità | 07 maggio 2020, 16:17

Covid-19: tamponi col contagocce per paura di nuove chiusure

Cartabellotta: "Alla luce di questi dati la Fondazione Gimbe richiama tutte le regioni ad implementare l’estensione mirata dei tamponi diagnostici"

Covid-19: tamponi col contagocce per paura di nuove chiusure

Il decreto del ministero della Salute del 30 aprile ha definito 21 indicatori che le regioni dovranno fornire per monitorare l’evoluzione dell’epidemia e gli algoritmi per valutare probabilità ed impatto del rischio sanitario: la combinazione di questi due parametri permetterà al governo d’identificare le criticità regionali e rivalutare eventuali nuove chiusure durante questa fase dell’epidemia.

«Il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe di Bologna – afferma il presidente Nino Cartabellotta – rileva sia il costante e notevole alleggerimento del carico su ospedali e terapie intensive sia il rallentamento sul fronte di contagi e decessi, tuttavia non ancora stabilizzati. Rispetto alla ridotta pressione sugli ospedali il numero dei nuovi casi è influenzato da quello dei tamponi eseguiti dalle regioni e pertanto soggetto a possibili distorsioni».

Per tali ragioni la Fondazione ha condotto un’analisi indipendente sui dati della Protezione civile che dal 19 aprile, oltre al numero totale dei tamponi, riporta per ciascuna regione il numero dei casi testati definiti come il totale dei soggetti sottoposti al test. In sintesi: 1) i casi testati identificano i tamponi diagnostici e la differenza tra tamponi totali e casi testati corrisponde ai tamponi di controllo effettuati sullo stesso soggetto per confermare la guarigione virologica o per altre necessità di ripetere il test; dall’inizio dell’epidemia sono stati effettuati in Italia 2.310.929 tamponi di cui il 67,1% diagnostici e il 32,9% di controllo; 2) sulla base della popolazione residente il numero di tamponi, sia totali che diagnostici, è stato parametrato a 100.000 abitanti/die, un indicatore più affidabile per i confronti regionali; 3) le regioni sono state suddivise secondo le cinque classi di propensione all’esecuzione dei tamponi di una recente analisi della Fondazione Hume in relazione al numero di tamponi per 100.000 abitanti/die che risulta inversamente correlato alla mortalità; 4) poiché il dato sui casi testati è stato oggetto di ricalcolo da parte di alcune regioni fino al 21 aprile il periodo d’osservazione è stato fissato dal 22 aprile al 6 maggio.

«Le nostre analisi effettuate sugli ultimi 14 giorni – spiega Cartabellotta – forniscono tre incontrovertibili evidenze: innanzitutto si conferma che circa 1/3 dei tamponi sono di controllo, in secondo luogo il numero di tamponi per 100.000 abitanti/die è molto esiguo rispetto alla massiccia attività di testing necessaria nella fase 2 ed infine esistono notevoli variabilità regionali sia sulla propensione all’esecuzione dei tamponi sia rispetto alla percentuale di tamponi diagnostici».

In dettaglio nel periodo di analisi (22 aprile - 6 maggio): la media nazionale di 88 tamponi per 100.000 abitanti/die colloca l’Italia nella classe di propensione 4 con notevoli differenze regionali: classe 1 (>250) nessuna regione; classe 2 (130-250): Provincia autonoma di Trento, Valle D’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Veneto e Friuli-Venezia Giulia; classe 3 (100-129): Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria e Liguria; classe 4 (60-99): Lombardia, Marche, Basilicata, Toscana, Molise, Abruzzo e Lazio; classe 5 (<60): Sardegna, Calabria, Campania, Sicilia e Puglia. I dati confermano la resistenza di alcune regioni ad estendere massivamente il numero di tamponi in contrasto con le raccomandazioni internazionali, le evidenze scientifiche e le disponibilità di reagenti; infatti l’Organizzazione mondiale della sanità incoraggia l’estensione dei tamponi, la citata analisi della Fondazione Hume ha dimostrato una correlazione inversa tra tamponi e mortalità ovvero “più tamponi, meno morti”, 150 docenti sostenitori della riapertura in sicurezza hanno lanciato un appello: “più tamponi per salvare la fase 2” e il commissario Arcuri ha confermato che sono già stati distribuiti 3,7 milioni di tamponi alle regioni che nelle prossime settimane ne riceveranno altri 5 milioni già acquisiti.

«Alla luce di questi dati la Fondazione Gimbe – conclude Cartabellotta – da un lato richiama tutte le regioni ad implementare l’estensione mirata dei tamponi diagnostici, dall’altro chiede al ministero della Salute d’inserire tra gli indicatori di monitoraggio della fase 2 uno standard minimo di almeno 250 tamponi diagnostici al giorno per 100.000 abitanti; il governo infatti, oltre a favorire le strategie di testing, deve neutralizzare comportamenti opportunistici delle regioni finalizzati a ridurre la diagnosi di un numero troppo elevato di nuovi casi che, in base agli algoritmi attuali, aumenterebbe il rischio di nuove chiusure».

Redazione

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