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Sanità | 28 novembre 2020, 07:42

Covid19, l'ondata vista da dentro: "Ora più preparati, ma il virus non è cambiato" (VIDEO)

L'analisi con il primario di rianimazione del San Paolo, il dottor Paolo Marin, e con la dott.ssa Daniela Masoni: "Lieve flessione nelle medie intensità, sulle terapie intensive effetti tra qualche giorno. Clinicamente situazione sovrapponibile alla prima ondata"

Covid19, l'ondata vista da dentro: "Ora più preparati, ma il virus non è cambiato" (VIDEO)

E' un'epidemia che "non fa sconti" quella da Covid 19. Lo sa bene il dottor Paolo Marin, neo primario del reparto di rianimazione e anestesia dell'ospedale San Paolo di Savona che, nemmeno il tempo di prendere confidenza col nuovo incarico dopo aver lasciato il Santa Maria di Misericordia di Albenga, si è trovato ad affrontare una seconda e decisamente impattante ondata di contagi nel nosocomio savonese.

"Sono arrivato nel momento sbagliato (sorride, ndr). Devo dire di aver trovato persone esperte, capaci, disponibili e preparate professionalmente. La mole di lavoro a cui far fronte è senz'altro più elevate, ma l'aiuto del personale ha reso la transizione meno complicata".

A renderla difficoltosa ci hanno infatti pensato in parte i numeri decisamente più elevati rispetto alla scorsa primavera, nonostante ora paia cominciata la tanto attesa discesa: "Ad oggi si ha una lieve flessione per quanto riguarda i numeri nei reparti di media intensità, mentre la stessa cosa non si può dire per le terapie intensive per un motivo di latenza. Vale a dire che da noi arrivano i pazienti più gravi per i quali i dati evidenziano una degenza più lunga. Conseguentemente gli effetti li vedremo nei prossimi giorni, probabilmente nelle prossime settimane".

 

Obbligatorio quindi mantenere alta la guardia, non solo per evitare un importante e continuo flusso di pazienti, seppur minore rispetto a quello di un paio di settimane or sono. Ma anche perché la malattia non è mutata: "Formalmente in questo momento si ha una riduzione dei casi ma il problema resta da non sottovalutare: il rischio c'è sempre e le caratteristiche cliniche sono molto simili a quelle della prima ondata" sottolinea Marin.

Tra queste vi è senza dubbio la gravità della sintomatologia presentata dai pazienti, con una netta prevalenza di persone nate negli anni '60: "Per gravità della malattia e necessità di cure intensive i pazienti della seconda ondata sono assolutamente sovrapponibili a quelli della prima - afferma la dottoressa Daniela Masoni -. Ci sono casi di comorbidità nella loro storia clinica, ma non necessariamente così gravi da far pensare a un'evoluzione seria dell'infezione che mette a rischio la loro sopravvivenza".

Eppure rispetto ad allora qualcosa di mutato c'è stato, sia nella conoscenza della malattia sia nella preparazione che il sistema sanitario ha predisposto durante l'estate, "grazie all'impegno di Asl, della Protezione Civile e anche dei privati con le loro numerose donazioni".

Mattia Pastorino

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