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Attualità | 18 aprile 2021, 09:12

La Fiaba della Domenica: "Il topo che parlava tante lingue"

La storia di Bigio Topo... Un roditore veramente affermato!

La Fiaba della Domenica: "Il topo che parlava tante lingue"

Bigio Topo era quel che si dice un topo affermato: aveva conseguito due lauree, aveva un ottimo lavoro, dirigeva infatti la più grande fabbrica di formaggio di Topopoli, fabbrica che dava lavoro a più di tremila topi e alle loro famiglie, aveva una bella famiglia composta da una moglie e da due topini, un maschio e una femmina, possedeva una casa a Topopoli, una grande casa  ove viveva con la famiglia,  una al mare e una in montagna, nelle quali lui, con la famiglia,  passava brevi vacanze di riposo e di mondanità.

Bigio Topo possedeva poi ogni simbolo di benessere e di status, anzi ancora di più, si poteva concedere il lusso di elargire molto in beneficenza ed era rispettato e amato in famiglia e sul lavoro.

In effetti, sul lavoro, Bigio Topo era anche temuto: egli, infatti, pretendeva molto da sé, ma anche dagli altri e i suoi collaboratori più stretti e più fidati sapevano che se sempre potevano contare su di lui, altrettanto sempre Bigio Topo voleva poter contare su di loro.

Bigio Topo aveva anche due passioni, la musica e la collezione di formaggi.

In entrambe queste passioni egli eccelleva: era un ottimo suonatore di pianoforte, fine intenditore e sagace educatore per i suoi figli che, sin da piccolini, aveva portato con sé ai migliori concerti e si faceva arrivare da ogni parte del mondo i formaggi più strani e rari, oltre, ovviamente ad essere un grande inventore e produttore di formaggi nella fabbrica da lui diretta, formaggi di cui andava fiero e che, a sua volta, esportava in ogni parte del mondo.

Insomma, possiamo proprio affermare che Bigio Topo era un topo realizzato: la salute era buona e lui si manteneva costantemente in forma, la famiglia era salda, il lavoro assai gratificante, e di soldi ne aveva da buttare. Era quel che si dice un “suscitatore di invidia”.  Infatti, l’invidia che muove il mondo sotterraneo individuale e sociale, che lentamente, ma inesorabilmente fagocita il mondo alla luce del sole, era molto forte addosso a lui e alla sua famiglia, ma loro avevano tutti gli strumenti d’affetto ed economici per essere refrattari a tutti i colpi che l’invidia sferrava.

Ma Bigio Topo un giorno lontano non era stato un topo affermato.

 Egli era nato povero, ma così povero che una crosta di formaggio trovata nella spazzatura era per lui un tesoro grande da dividere con la sua famiglia.

La miseria era così grande, così profonda, che la famiglia di Bigio Topo viveva per strada, mendicando di paese in paese e dormendo spesso sotto il soffitto del cielo.

Bigio Topo non aveva neppure avuto una famiglia unita: è difficile in condizioni di estrema povertà che il conseguente disagio non vada a falcidiare gli affetti, ammesso che fossero tali; e così il padre di Bigio Topo un giorno sparì nelle nebbie umide dell’inverno per non ricomparire più né vivo né morto.

Il sentimento che Bigio Topo provò in quel frangente fu il sollievo di non sentire più i suoi genitori scannarsi per un nonnulla.

E la vita continuava, con la mamma e numerosi fratelli, ma Bigio Topo decise, intimamente e profondamente,  di dare una forte sterzata con il lavoro e lo studio.

Così iniziò a fare i lavori più duri,  ma ben pagati, che nessuno voleva fare per la pericolosità e la fatica degli stessi e intanto studiava. Lavorava e studiava, studiava e lavorava!

Finché un giorno la fortuna gli sorrise. In breve egli entrò in simpatia del fondatore dei formaggi “Grattugia”, il vecchio Provoltopo, che comprendendo la forza d’animo, la determinazione, il rigore, la creatività di Bigio Topo, in breve tempo gli fece scalare la scala aziendale e sociale, sino a farne il suo direttore generale.

E Provoltopo aveva visto giusto!  Con a capo Bigio Topo, la fabbrica prosperò e decuplicò il suo fatturato, creandosi anche un’immagine di azienda rispettosa dei rapporti sindacali, dell’ambiente e propensa al bene della collettività.

Era come se in Bigio Topo coesistessero due topi: uno, “della notte”, del passato, che riviveva le angosce del disastro della sua infanzia e lo stillicidio del farsi male tra familiari da lui vissuto e uno “del giorno”, vincente e sicuro di sé.

Le due passioni di Bigio Topo rispecchiavano questi due aspetti, così  avviluppati e apparentemente mai stridenti: la musica come delizia dell’anima, con il corpo appagato nei bisogni primari e la collezione di formaggi come ansia di accumulo di provviste, anche se con la parvenza e con l’alibi delle preziose rarità.

“La notte e il giorno” di Bigio Topo coesistevano pacificamente e anzi parevano addirittura interscambiabili. Il suo passato, a volte, aiutava il presente fornendo  la determinazione e il presente aiutava il passato con la rassicurazione.

Un giorno, però, successe un fatto strano.

La figlia minore di Bigio Topo, Crocchetta, si ammalò e dovette essere ricoverata nell’ospedale per topini di Topopoli.

Nulla di grave, per carità, ma la piccola dovette stare circa un mese in ospedale per accertamenti e cure.

In tal frangente, la famiglia di Bigio Topo dovette rivedere i propri assetti: la moglie stava praticamente sempre all’ospedale con Crocchetta e l’altro figlio, Crostino, stava sempre col papà, a casa o al lavoro con lui e la notte voleva dormire nel letto del papà.

Insomma gli equilibri e le abitudini precedenti vennero, in quel periodo, completamente modificati.

E fu così che Bigio Topo iniziò a comportarsi stranamente. In apparenza sembrava sempre lui, le stesse modalità sicure, lo stesso muoversi, ma soltanto che, quando gli si domandava qualcosa, rispondeva in maniera totalmente incomprensibile.

Era come se Bigio Topo comprendesse le domande, ma si rivolgesse per rispondere a un pubblico di alieni.

Codafurba, la sua segretaria personale che lo conosceva da molti anni, ma che , per necessità di lavoro, conosceva anche molte lingue, fu la prima a capire: Bigio Topo era diventato una specie di Torre di Babele!

Rispondeva nella lingua dei gatti, degli orsi, delle scimmie, degli uomini, dei lupi, persino in quello veramente sibillino di pesci!

La moglie, i figli, lo staff della fabbrica, i suoi amici, chiunque lo conoscesse, tutti insomma erano seriamente preoccupati.

E siccome ogni individuo ha un suo modo di affrontare i problemi, dal più piccolo al più grande (sia l’individuo più piccolo e più grande sia il problema più piccolo e più grande!), ognuno cercava di dare il consiglio giusto. E così Bigio Topo conobbe medici, maghi, sciamani, fattucchiere, esorcisti, imbonitori televisivi, sensitivi e forse qualcuno di più: ma senza alcun risultato!

Bigio Topo,  ad ogni domanda, rispondeva in una lingua diversa e mai la stessa!

La povera moglie le provò tutte: le minacce, le lusinghe, ma nulla!  Peraltro il dilemma di fondo era: fino a che punto Bigio Topo è consapevole della sua follia?

E ancora, fino a che punto recita e fino a che punto è vittima della situazione?

Sembrava uno stato di cose senza uscita!

Inutile dilungarsi sul fatto che stavano degenerando sia la sua situazione familiare sia la sua situazione professionale: entrambe sembravano a un punto di non ritorno!

Un giorno Codafurba, che aveva molto a cuore la salute del suo capo senza la quale la sua posizione di privilegio sarebbe venuta meno,  pensò di parlare della situazione con Topo Saggio, un suo vecchio amico che abitava sulla Grande Montagna.

Questi gli indicò immediatamente la “Fonte della Rinascenza”. Questa fonte, nella lontana città di Sanopoli, era poco conosciuta perché circondata da un’aura di mistero e di incredulità.

Codafurba tornò ansimando per la gioia e per la frenesia a casa di Bigio Topo per dare subito la notizia alla moglie di lui che, molto grata, prese accordi  per portare subito il marito alla Fonte.

Qui giunto, senza tanti preamboli, i Guardiani della Fonte lo presero di peso e lo immersero tutto vestito più volte nell’acqua dorata. E ogni volta che era immerso Bigio Topo piangeva e ancora piangeva, ma subito dopo rideva e piangeva e poi rideva.

Alla decima immersione, i Guardiani, questa volta delicatamente, lo tirarono su, lo asciugarono con cura e lo vestirono con abiti asciutti.

Bigio Topo, nella lingua dei topi, in quella lingua che i suoi genitori gli avevano insegnato, ringraziò i Guardiani e poi sorrise alla sua famiglia, dicendo semplicemente “andiamo a casa e poi andrò a lavorare!”.

Tratto da: "Le fiabe per... affrontare i distacchi della vita (un aiuto per grandi e piccini", di Elvezia Benini e Giancarlo Malombra, collana "Le Comete", Franco Angeli Editore. Con il patrocinio dell'Unicef. 

GLI AUTORI:

Elvezia Benini, psicologa, psicoterapeuta a orientamento junghiano, specialista in sand play therapy, consulente in ambito forense, già giudice onorario presso la Corte d'Appello di Genova. Autrice di numerose pubblicazioni a carattere scientifico.

Cecilia Malombra, psicologa clinica, specializzanda in criminologia e scienze psicoforensi, relatrice in convegni specialistici per operatori forensi e socio-sanitari. Autrice di pubblicazioni a carattere scientifico.

Giancarlo Malombra, giudice onorario presso la Corte d'Appello di Genova sezione minori, già dirigente scolastico, professore di psicologia sociale. Autore di numerose pubblicazioni a carattere scientifico.

Associazione Pietra Filosofale

L’Organizzazione persegue, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante l’esercizio, in via esclusiva o principale, delle seguenti attività di interesse generale ex art. 5 del D. Lgs. 117/2017:

d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa;

i) organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale di cui al presente articolo;

k) organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;

In concreto l’associazione, già costituita di fatto dal 27 gennaio 2016 e che ha ideato e avviato il concorso letterario Pietra Filosofale di concerto con l'amministrazione comunale, intende proporsi come soggetto facilitatore, promuovendo e stimolando proposte di cultura, arte e spettacolo sul territorio, organizzazione di eventi culturali e/o festival, ideazione e promozione di iniziative culturali anche in ambito nazionale, costruzione, recupero e gestione di nuovi spazi adibiti a luoghi di Cultura Permanente, anche all’interno di siti oggetto di riqualificazione e/o trasformazione quali ad esempio l’ex Cantiere Navale di Pietra Ligure, come già attuato nel 2018 presso la Biblioteca Civica di Pietra Ligure, ove ha curato un percorso specifico di incontri dedicati alla salute e al benessere attraverso il progetto Il sogno in cantiere": il sogno, in onore e ricordo del cantiere navale che un tempo a Pietra Ligure ha dato vita a tante navi che sono andate nel mondo, vuole ritrovare nel “Cantiere” il luogo di cultura permanente dove poter trascorrere un tempo dedicato al pensiero del cuore, per nutrire l'anima con letture, scrittura creativa, musica, conferenze, mostre.

La “Filosofia dell'associazione” è quella di ridare vita al "Cantiere" in una nuova forma e in un nuovo spazio, ma con lo stesso intento di progettare e costruire "mezzi" speciali, per poter viaggiare con l'immaginazione, strumento di fondamentale importanza per creare spazio e tempo migliori in cui vivere.

L'Associazione vuole favorire l'alchimia di differenti linguaggi, promuovendo spazi di arte, cultura e spettacolo, convogliando le energie nascoste, rintracciando il messaggio archetipico attraverso la narrazione, tentando di recuperare i meandri del proprio Sé, per creare momenti di incontro, scambio e ascolto e per gioire dell'Incanto della Vita. L'aspetto narrativo si è già concretizzato nel 2016 attraverso l'esperito Concorso letterario sulla fiaba; la fiaba è metafora di vita: se il suo linguaggio è ricco e articolato, anche la vita, di conseguenza, sarà ricca e articolata, capace, come per i personaggi delle fiabe, di conservare una nicchia di libertà che faccia considerare l'alterità, l'altro, come un patrimonio da tesaurizzare. L'intento è quindi quello di compiere il “varo” di un “Festivalincantiere” quale contenitore di numerose iniziative, in primis il recupero del concorso letterario sulla fiaba, per poter consentire di viaggiare con l'immaginazione, strumento di fondamentale importanza per creare uno spazio e un tempo migliori in cui vivere e per offrire al Comune l'ampliamento della propria visibilità culturale sia a livello locale sia nazionale e oltre.

«I luoghi hanno un'anima. Il nostro compito è di scoprirla. Esattamente come accade per la persona umana.» scrive James Hillman

La triste verità è che la vera vita dell'uomo è dilacerata da un complesso di inesorabili contrari: giorno e notte, nascita e morte, felicità e sventura, bene e male. Non possiamo neppure essere certi che l'uno prevarrà sull'altro, che il bene sconfiggerà il male, o la gioia si affermerà sul dolore. La vita è un campo di battaglia: così è sempre stata e così sarà sempre: se così non fosse finirebbe la vita. (C.G.Jung, L'uomo e i suoi simboli)

Pedagogia della fiaba

La fiaba è metafora di vita: se il suo linguaggio è ricco e articolato, anche la vita, di conseguenza, sarà ricca e articolata, capace, come per i personaggi delle fiabe, di conservare una nicchia di libertà che faccia considerare l'alterità, l'altro, come un patrimonio da tesaurizzare e non come un competitor o peggio come un diverso stigmatizzabile in minus da omologare coercitivamente.

 

"L'aspetto linguistico così intenso ed evocante contesti e costrutti, spesso caduti nell'oblio, è il necessario contenitore, è la pelle del daimon che consente a ciascuno di riappropriarsi di conoscenza e di dignità, ricordando a tutti e a ognuno che l'ignoranza è la radice di tutti i mali". (Giancarlo Malombra in "Narrazione e luoghi. Per una nuova Intercultura", di Castellani e Malombra, Ed Franco Angeli). 

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