Mario Carrara, consigliere di minoranza a Pietra Ligure, ha voluto analizzare la situazione della mobilità del Ponente ligure, sia quella stradale che ferroviaria, facendo il confronto tra 50 anni fa, oggi e le prospettive future.
“Chissà che meraviglie dopo il 2000!”, ricorda il consigliere di minoranza, rileggendo con amarezza un’epoca in cui si immaginava un Ponente ligure più moderno, più connesso, più efficiente. Oggi, invece, sostiene, il confronto tra ieri e oggi “è a dir poco impietoso”.
Carrara ricorda un’Aurelia animata da collegamenti rapidi e continui: ogni ora partivano le corriere dirette della Sati tra Genova e Sanremo/Bordighera, “dal mattino presto fino a notte”. Sulle rotaie, il tracciato ottocentesco permetteva a ogni piccola località di avere la propria stazione; il primo treno locale per Genova passava “dopo le 4 del mattino”. E c’erano gli espressi per Milano e Torino, i TEE “Ligure” e “Cycnus”, “con gli scompartimenti dai vetri azzurrati” e le poltrone di velluto.
Le tariffe, poi, favorivano pendolari e studenti: gli abbonamenti erano “ridotti” e validi 30 giorni a partire da qualunque data. “Che tempi! Che servizi – commenta – quando si pensava che quelli del 2000 sarebbero stati senz’altro… molto meglio!”.
Nel presente, l’analisi di Carrara si fa tagliente. L’autostrada, inaugurata tra il 1967 e il 1971, non è stata più ampliata né adeguata, mentre il traffico è esploso con la crescita dei movimenti turistici e commerciali. I postumi del crollo del ponte Morandi hanno aggravato il quadro: “da 7 anni - sottolinea - l’intera tratta è 'disastrata' dai lavori”.
E rincara: l’Autostrada dei Fiori, priva per lunghi tratti di corsie d’emergenza e con limiti ridotti a 110 km/h, “avrebbe le caratteristiche per essere una superstrada, ma non certo un’autostrada”. Tanto che si chiede se non sarebbe più corretto “declassarla”: “Almeno non si pagherebbe più il pedaggio!”.
Sul piano stradale, aggiunge Carrara, il Ponente attende da decenni un’Aurelia bis che “non si fa” e un servizio di linee autobus degno di un territorio turistico: la storica linea diretta per Genova è scomparsa e oggi un viaggio equivalente “richiederebbe un giorno intero”, tanto che “il paragone dovrebbe essere fatto con le carrozze a cavallo”.
I progetti strategici, come l’autostrada “Albenga-Garessio-Ceva” o la bretella “Carcare-Predosa”, restano a suo giudizio “promesse elettorali” più che opere realizzabili.
Se la situazione stradale è critica, quella ferroviaria – secondo il consigliere – non è migliore. I treni in servizio sono scesi “da circa 80 a 62”. Non esistono più collegamenti notturni né internazionali; “da Milano l’ultimo treno per il Ponente parte intorno alle 20,30”.
Ma la trasformazione più pesante riguarda lo spostamento a monte della linea costiera, con la soppressione di dieci stazioni tra Savona e Ventimiglia e nuove fermate lontane dai centri abitati. Il caso di Sanremo è emblematico: “collegata all’esterno tramite un tunnel di 700 metri”. La distanza scoraggia l’utenza e spinge verso l’uso dell’automobile, aggravando a cascata la congestione autostradale.
Le prospettive non sono migliori per il tratto Finale–Andora, destinato – spiega Carrara – a un nuovo spostamento nell’entroterra: Albenga finirà “a 6 km dal centro”, Pietra Ligure “a confine con Tovo S. Giacomo”. I tempi di viaggio risparmiati (12 minuti) non compenserebbero “la mezz’ora per andare e la mezz’ora per tornare in auto dalla stazione”.
La conclusione è amara: la mobilità del Ponente è “sempre più difficile, in affanno, verso la criticità”, senza alternative vere tra strada e ferrovia. L’unico sostegno nei momenti di crisi – il treno – rischia di indebolirsi ancora.
Carrara critica duramente anche la scelta regionale di destinare i 14 milioni statali per la mobilità alla copertura del deficit AMT di Genova: così “la somma verrà deviata e destinata soltanto su Genova”, penalizzando tutto il Ponente.
Di fronte a questa marginalizzazione infrastrutturale, Carrara lancia una provocazione dal sapore storico: forse il Ponente starebbe meglio sotto un’altra amministrazione, “magari piemontese”, come ai tempi del Regno di Sardegna. O addirittura sotto il Principato di Monaco, vista “l’attenzione del Principe per la Liguria”.
“Scherzi a parte – conclude – ma quasi certamente il Ponente ligure sarebbe più considerato, in termini di infrastrutture, di quanto non lo sia stato fino ad oggi”.














