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Attualità | 09 novembre 2011, 12:33

Sciacalli o saggi? Alcuni interrogativi a freddo sui disastri in Liguria

Sciacalli o saggi? Alcuni interrogativi a freddo sui disastri in Liguria

Avete mai visto un film d'azione americano, magari sugli ufo, o su qualche ipotetico attacco terroristico?
Se l'avete visto, non vi sarà certo sfuggita l'altisonanza degli acronimi con cui il presidente, o i generali di turno, segnalano le crisi imminenti: “Signor Presidente, le suggerisco di passare a DefCon 1”...

Come è naturale che sia, tali acronimi esistono anche nella realtà, e stanno ad indicare proprio il grado di difesa proporzionale alla pericolosità che una certa serie di eventi (guerre, calamità etc) rappresentano.Ora, pur conoscendo cosa significhi DefCon (Defence Condition), non credo che il popolo americano, sia realmente consapevole di cosa implichi questo stato di allerta...

Esattamente, cosa deve fare un cittadino americano di fronte a un determinato grado di “Defcon”?

Eppure, durante la guerra fredda, proprio gli USA (forse più per propaganda che per altro) diffondevano video “esaurienti” sul comportamento da tenere in caso di crisi nucleare:

  • se sei in strada cerca il rifugio atomico più vicino

  • se tale rifugio non c'è, cerca il riparo più robusto e sdraiati a terra

  • se sei in casa nasconditi in un rifugio atomico o in cantina

  • se non hai la cantina, nasconditi sotto un tavolo, ginocchia al busto e testa tra le braccia

  • e via dicendo

Soluzioni inutili, sia chiaro, ma che rispondevano alla necessità della popolazione (indotta o meno) di essere preparati alla catastrofe.

Nei film, a differenza della realtà, l'organizzazione è perfetta: militari che sembrano pedine degli scacchi, polizia, marines, riservisti, Steven Segal, pompieri, tutti al loro posto, tutti sanno esattamente cosa fare e come farlo.
Problema risolto, alieni sconfitti, pace. E il cittadino medio, fruitore di questi film, vive sereno, come se ciò sia plausibile anche nella realtà.

Ma cosa succede se invece dei colossal si guardano i video su you-tube, magari del disastro Katrina a New Orleans?
Cosa succede se provate a chiedere a un luisiano cosa significa “Defcon 3”?

Ora, non credo che serva una mente illuminata per capire dove voglio arrivare, a quale situazione “locale” mi riferisco.

Provate a chiedere a chiunque, non solo ad un genovese o ad uno spezzino, cosa diavolo significa “Allerta 2”, e come bisogna comportarsi in questi casi. Credo che nessuno, io per primo, sappia cosa rispondere, se non un generico “stato di allerta di fronte ad una calamità imminente”.
Difficile addirittura che si conoscano i gradi di allerta (per dovere di cronaca, vanno in crescendo fino al 4)

Basta guardare i video di You-Tube (che di verità ne sa qualcosa dopo il 2001 di Genova) con un po' di occhio critico per verificare di persona quanto affermo:

  • vigili urbani che cercano di regolare un flusso di auto diretto … verso l’onda di piena

  • agenti della polizia stradale che non provano neppure ad allontanare i curiosi

  • autisti dei bus che non sanno se fermare il mezzo o proseguire accelerando

  • automobilisti che abbandonano l’auto e altri che cercano di salvarla

  • Sindaci che chiudono le scuole e altri che le lasciano aperte oltre l’orario per consentire agli studenti di restare al riparo

  • auto che circolano liberamente nonostante i divieti

Esempi sufficienti a comprendere il caos assoluto che, unito all’ampiezza della zona interessata dall’allarme ed all’impossibilità (discutibile) di prevedere con precisione dove e quanto pioverà, hanno reso tragico lo scorso week-end a Genova.

Di fatto, durante la fase di allerta 2 , NESSUNO SAPEVA COSA FARE.

Non solo i cittadini, più “giustificati”, ma soprattutto le forze dell’ordine, che tutt'oggi annaspano al pari degli altri nell’acqua e nella confusione, salvando i singoli (con gesti anche eroici, per carità), ma incapaci di dirigere, consigliare, impedire, organizzare, evitare, poiché assolutamente impreparati ad affrontare quel tipo di emergenza.

Ma allora, come da buona abitudine, forse ci poniamo le domande sbagliate e dobbiamo cambiare prospettiva.Ad esempio, il sindaco Marta Vincenzi, come molte altre autorità, giustificano il dramma con la fulmineità dell'evento, la sorpresa, la rapidità e la portata apparentemente non prevedibile del nubifragio.

Ora, dopo anni che registrano aumenti nelle calamità tra incendi e alluvioni, e se già di per sé i 10 morti di qualche giorno prima avrebbero già dovuto far rizzare le orecchie, le domande dovrebbero essere:

Perchè bisogna aspettare il nubifragio e altri sei morti per pretendere che le amministrazioni stilino, magari assieme alla protezione civile, un elenco con indicazioni precise ai vari operatori sul territorio?

Perchè la protezione civile non esegue sopralluoghi minuziosi sulle zone a rischio, indicandole con precisione e suggerendo quali soluzioni si possono adottare, al fine di prevenire queste situazioni?

Forse che la stessa protezione civile (sia chiaro, mi riferisco alle alte sfere, non ai volontari ), fino a poco tempo fa era troppo impegnata a difendere l'operato del governo sulle macerie dell'Aquila?

Forse perchè gli interessi economici sulle speculazioni edilizie, sugli appalti alle pulizie dei corsi d'acqua, sulla gestione delle strutture della città, siano più importanti della sicurezza?

Purtroppo, le denunce a posteriori vengono prese dai politici, e spesso dai media, come atti di sciacallaggio (come li definiva Montanelli rivolgendosi alle critiche dopo il disastro del Vajont): una speculazione politica sulle vittime.

Ma è davvero così?

O forse, rappresentano il tentativo di dare un senso alla dicitura “fare tesoro delle proprie esperienze”, e di contrastare quella “recidività” tipica che permea il nostro paese?

O ancora, il tentativo di alimentare una partecipazione diretta dei cittadini alla difesa della salute, sia essa di fronte al maltempo o sul posto di lavoro?

Forse solo così si riuscirà a costringere chi è stato delegato ufficialmente, ad investire i soldi dei contribuenti per difendere la salute di tutti, invece di comprare 131 aerei da guerra, costruire gigantesche piattaforme container, ciminiere, tunnel o ponti che non servono a nessuno.

Matteo Loschi

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