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Attualità | 20 gennaio 2017, 04:00

Lo sfratto mette a repentaglio la sua possibilità di riavere i figli, Kahlid chiede aiuto

Kahlid Makhlou ha 45 anni, è marocchino, ha lavorato sempre come artigiano ed è in Italia da oltre 20 anni.

Lo sfratto mette a repentaglio la sua possibilità di riavere i figli, Kahlid chiede aiuto

Kahlid Makhlou ha 45 anni, è marocchino, ha lavorato sempre come artigiano ed è in Italia da oltre 20 anni. Kahlid vive ad Albenga dove ha conosciuto una donna, si sono innamorati ed hanno avuto due splendidi bambini.

La vita, però, ha portato sua moglie, una donna di Albenga, ad avere problemi con la droga. Da qui sono iniziati i problemi e lunghe vicissitudini che hanno determinato l'intervento dei servizi sociali e l'affidamento dei due bambini ad una casa famiglia.

Le tappe della vita di quest'uomo sono difficili da raccontare, qualche volta sfiorano i limiti dell'assurdo e portano gli interlocutori a chiedersi se quelle storie possono essere vere “Si è tutto vero, so che è assurdo, ma io sono marocchino non sono uno stupido ed ho un documento scritto che dimostra ogni cosa che sto raccontando” risponde chiaramente Kahlid.

Ripercorrendo un po' le tappe che hanno portato all'ultima vicenda della vita di Kahlid scopriamo (e la storia è già stata raccontata dai giornali e dalle televisioni) che tutto ebbe inizio con i problemi di droga della moglie che la portarono a trascorrere qualche tempo insieme ai figli piccoli in una comunità di Varazze.

“Quando erano a Varazze io andavo a trovare i miei figli appena potevo, sono stato accusato che non era così, accuse che sono riuscito a smentire perchè nella comunità registrano tutte le entrate e le visite. Io amo i miei figli e voglio riportarli a casa con me” questa è, infondo, l'unica battaglia che Kahlid vuole vincere e lo vuiole fare legalmente dimostrando di essere un buon padre e di potere badare ai bambini.

“Ho lavorato come artigiano e mi hanno detto che non potevo badare ai miei figli lavorando – spiega – Avevo pensato a prendere una baby sitter ma non andava bene neppure questa soluzione. Per un periodo non ho lavorato e mi hanno detto che non lavorando non potevo mantenere i miei figli. Ma se lavoro non posso accudirli se non lavoro non posso mantenerli, come dovrei fare a riaverli?” si chiede.

Poi l'affidamento dei minori ad una famiglia di musulmani e la lotta di Kahlid finita su tutti i giornali “Non ho voluto che andassero in una famiglia di musulmani. I miei figli sono nati in Italia, sono italiani, mangiano il prosciutto e non voglio che la mia bambina possa essere costretta un domani a mettere il velo. La famiglia che li aveva in affidamento era composta da un egiziano ed una donna italiana convertita, ma i convertiti secondo me in certi casi sono ancora più rigidi con le regole religiose da impartire ai bambini” per questo la lotta e l'affidamento dei due minori ad una casa famiglia di Milano.

“Vado sempre a Milano a trovarli, porto loro vestiti e regali, li porto a casa e poi li riporto nella casa famiglia la domenica sera. Non ho saltato mai un appuntamento, non ho saltato mai, in 4 anni, una chiamata delle 7 di sera. Io tengo molto a loro e per questo lotterò ancora per riaverli a casa. Non mi arrenderò”.

Kahlid, però ora è solo, con la moglie si è separato proprio a causa di quei problemi di droga “Ho una famiglia grande, mio fratello e sua moglie che è italiana si sono anche offerti di aiutarmi con i bambini, potrebbero darli a loro invece che farli stare in casa famiglia, così sarebbero più vicini e potrei stare con i miei figli regolarmente”.

Se questa è la storia di Kahlid arrivando ai giorni d'oggi spiega “Avevo la speranza che fosse vicina l'udienza finale per poter riavere i miei figli e portando tutti i documenti al giudice presentando mio fratello e la mia famiglia che mi sarebbero vicini e mi aiuterebbero con i miei figli credevo realmente, questa volta, che potevano esserci delle speranze, ma qualche giorno fa ho ricevuto lo sfratto per mensilità dell'affitto non pagate dalla mia ex moglie”

“Io non sapevo che quelle rate non erano state pagate, nessuno mi aveva avvertito. Ho ricevuto ora 4.600 euro circa da pagare e una somma così alta io non ce l'ho. Ho chiesto aiuto al comune, ma non mi hanno dato risposte. Il fatto è che se non avrò una casa il giudice, probabilmente, non mi ridarà più i miei bambini” spiega Kahlid.

L'Assessore ai servizi sociali Simona Vespo risponde e replica a tali osservazioni “Ho convocato ed incontrato Kahlid diverse volte. Lo avevo avvertito che rischiava di perdere la casa, che doveva contattare Arte per pianificare un rientro del debito. Lui non lo ha fatto e ora si trova in questa situazione”.

Kahlid conclude facendo notare “Da che sono subentrato io nella casa ho pagato tutte le rate dell'affitto. Come si può vedere ho pagato per intero il 2016, non sapevo del debito di prima e ora non ho quella cifra. Ho chiesto un aiuto ma come riportato anche dalla lettera mandata dal mio avvocato non ho mai ricevuto risposta. Non ho mai chiesto nulla, ma ora spero che si possa fare qualcosa per la mia situazione e per fare in modo di non farmi perdere l'opportunità di riavere i miei bambini”.

Mara Cacace

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