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Attualità | 17 maggio 2020, 10:30

La Fiaba della domenica: "Lo zio d'America"

Aspettative, responsabilità e fragilità nelle metafore contenute in questa narrazione

La Fiaba della domenica: "Lo zio d'America"

Giuseppone tu sei il più forte della famiglia, anzi di tutto il paese!”

Giuseppone tu sei forte come una quercia!”

Giuseppone tu hai la forza di un toro!”

Così, fin da bambino, Giuseppe sentiva la forza pesare sulle sue robuste spalle.

E sentiva le aspettative della famiglia. E lui era davvero forte.

Fin da piccolo, batteva tutti i compagni a braccio di ferro, primeggiava su tutti nella lotta e nella corsa.

Se un trattore si impantanava nel fango, frutto pastoso dello scioglimento della neve, gli uomini, accalorati e impotenti, chiamavano lui, Giuseppe, ancora ragazzo, ma con il braccio potente come quello di una gru.

Un giorno, ancora bambino, la sua cara sorella Tersilla, di un anno più piccola, era intenta, come spesso faceva, a fantasticare di mondi meravigliosi e di carrozze fatate sotto l'albero delle ciliegie nel prato antistante la chiesa del paese.

Tersilla teneva tra le mani il suo libro di fiabe preferito, ricco di immagini e denso di parole che la rapivano e la facevano estraniare da tutto e da tutti.

E leggeva del nano Pirofila che voleva impedire il cammino a Sifulino con il suo sguardo inceneritore, leggeva della coraggiosa scimmietta che si succhiava sempre il pollice e che, con quel pollice, aveva salvato la vita di tutti tamponando il buco nella diga, leggeva del delfino dorato che aveva donato il libro parlante al buon re Armogiglio... e leggeva e fantasticava, mentre si alzava un vento impetuoso che faceva oscillare pericolosamente il vecchio ciliegio tra uno scricchiolio e un brontolio.

La dolce bambina neppure sentiva l'allarme del vento e il lamento dell'albero, neppure si accorse dello strappo sul tronco che cominciava a far pendere l'albero su di lei.

Ma se ne accorse Giuseppe.

Tersilla, Tersilla, alzati subito e fuggi via!” gridò il bambino.

Ma Tersilla non poteva udire la voce coperta dal sibilo del vento e nascosta dalle immagini delle sue fiabe. Non restava che correre verso di lei.

Giuseppe, con uno scatto felino, coprì in un battibaleno la distanza che lo separava dalla sorella e, prima che lei si rendesse conto di alcunché puntò i piedi per terra, puntò le mani già potenti contro il tronco cadente e permise alla bimba di spostarsi appena in tempo. Ora Giuseppe poteva mollare la presa: il ciliegio stramazzò al suolo con il tonfo sordo di un gigante abbattuto, ma Giuseppe neppure sentì.

Tersilla era salva: inconsapevole, frastornata e ancora sognante, lo stava già abbracciando, cingendogli le robuste spalle con le sue fragili braccia e offrendogli il più smagliante dei sorrisi.

Nel povero paese contadino di Giuseppe, per uno forte come lui le incombenze non mancavano mai: fermare il toro imbufalito, smuovere il mulo caparbiamente fermatosi, ridurre a miti consigli l'ubriaco di turno, sollevare i sassi che ostruivano il fiume, abbattere muraglioni pericolanti e così via. Ma era ora di trovarsi un lavoro, un lavoro diverso da quello di contadino che opprimeva suo padre, diverso da quello di tagliaboschi troppo poco remunerativo e legato alle stagioni prive di neve, diverso da quello di spaccapietra ormai in via di estinzione a causa delle nuove macchine più forti dell'uomo, diverso da quello di carbonaio, visto che il carbone stava per essere soppiantato dal petrolio.

Che fare? Che strada intraprendere? Che mestiere svolgere, un mestiere che garantisse dignità, onestà e vita migliore a lui e alla sua famiglia?

E pensa e ripensa, e pensa e ancora pensa, si addormentò al caldo della stalla ove si rifugiava quando voleva stare da solo a cullare i suoi sogni e a interpretare i suoi pensieri.

E nel sonno sognò.

Sognò un biondo e paffuto bambino volante, forse un angelo, chissà, che, leggiadro e sorridente, felicemente svettante nell'azzurro del cielo, planava sino a lui, Giuseppe, per intraprendere con lui un piacevole dialogo.

Ciao, Giuseppe, io sono Alceo, il bambino volante, so che sei molto angosciato perché vorresti trovare un lavoro che aiuti i tuoi cari ad affrancarsi dagli stenti e dal duro lavoro dei campi!”

Giuseppe, in sogno, ma lucido, rispose:”Ciao Alceo, come fai a sapere tutto di me? Certamente, io vorrei quello che tu dici, ma mi sa che farò il contadino come mio padre, come mio nonno e come suo padre prima di lui. Questo è il destino già scritto per quelli come me che vivono in questo paese e che non hanno potuto studiare!”

Rispose il bambino volante:”Non disperare, o forte e buon Giuseppe, la tua forza è pari alla tua bontà, la tua generosità è pari alla tua resistenza. Con queste doti, così rare in una sola persona, non ti sarà difficile fare fortuna e trovare il mestiere a te più adatto!” “Anzi io, qui dall'alto del cielo, ti vedo già in America, grande campione e osannato pugile vincente, atleta tanto forte quanto rispettoso delle regole e degli avversari. Vedo da qui un rettangolo dentro un grandissimo stadio con migliaia di fans che ti applaudono e tu, nel bel mezzo, che alzi il trofeo al cielo!” “Certo, dovrai fare un lungo viaggio, lasciare il tuo paese, i tuoi cari, allenarti duramente già qui nella palestra della vicina città e vedrai che la fortuna arriverà!”.

Giuseppe si svegliò di soprassalto: che strano sogno aveva fatto. Il bambino era sparito, certo era nel sogno.

Suvvia” si disse Giuseppe, “riprendi la zappa e dissoda il tuo campo, altro che campione!” Ma ai suoi piedi.... c'era un foglietto che prima del sonno di certo non c'era!

Che strano”, pensò il giovane, “sarà volato qui per il vento, vediamo di che si tratta!”

Era un volantino pubblicitario: il grande e famoso pugile Primo, ora vecchio e malato, cercava giovani volenterosi da avviare alla carriera di pugile nella sua nuova palestra aperta in città!

Primo era stato il più grande pugile di tutti i tempi, tanto da meritarsi il soprannome di “Campione Forever”, sino a quando due silenti e vili avversari si erano dimostrati più forti di lui: il Tempo e l'Ictus.

Ora Primo cercava giovani talenti a cui passare il testimone di forza e di correttezza.

E così Giuseppe, il giorno dopo, si presentò alla porta di Primo.

E fu subito magia.

Il vecchio pugile, costretto sulla sedia a rotelle, ma capace di intendere la voce del cuore, comprese subito la grande potenza e la grande generosità del giovane Giuseppe.

E fu subito alchimia.

Il giovane si affidò completamente a colui che era stato il suo idolo: lunghi e faticosi allenamenti sotto la guida di Primo e dei suoi fidati allenatori portarono in breve, grazie alla prestanza fisica di Giuseppe, ai primi incontri, tutti vinti con estrema facilità. Mancava solo di un po' di tecnica: ma sarebbe stato facile acquisirla in ragione di tanta potenza!

Ma l'aspetto che più affascinava il pubblico, i giudici e i giornalisti era la grande correttezza di Giuseppe, il grande rispetto che lui aveva di ogni avversario, anche del più irriverente nei suoi confronti. Mai fuori le righe, mai una parola di troppo, mai pura esibizione di forza: solo spirito atletico, potenza e grande rispetto.

E vinceva ogni incontro con facilità, con tranquillità, con quella forza che sin da piccolo aveva messo al servizio di tutto il paese e che gli aveva consentito di salvare la sorellina Tersilla da morte sicura.

Ma per un grande campione i limiti del proprio Paese sono proprio impossibili: il bambino volante lo aveva visto in America e Giuseppe in America volò; lo aveva visto al centro di un grande stadio e al Madison Square Garden Giuseppe arrivò.

E in America si stabilì sempre con il caro vecchio Primo a consigliarlo e a indirizzarlo.

Incontro dopo incontro, Giuseppe divenne una star: alla fine di ogni match la sua stretta di mano e il suo inchino all'avversario battuto divennero una costante che mandava in delirio il pubblico osannante.

Si sprecavano i commenti giornalistici e i servizi televisivi su di lui: l'allievo di “Campione Forever” ne rinverdiva i fasti e ne riproponeva gli allori.

E Giuseppe stava accumulando una fortuna, laggiù in America.

Incontri, interviste, diritti televisivi, pubblicità, premi, ormai era lontano anni luce dalla miseria di un tempo, dalle fatiche di una terra gelata d'inverno e riarsa d'estate.

Logicamente, gran parte di questa fortuna Giuseppe la destinava, sin dall'inizio, ai suoi cari, ai suoi genitori, all'amata sorella Tersilla, ai cugini, ai paesani tutti per i quali Giuseppe era divenuto l'eroe, il mito, l'esempio, il benefattore.

Non si deve pensare però soltanto a un idillio, ai sentimenti buoni e positivi:Giuseppe suscitava anche tanta invidia e gelosia, al suo paese e altrove.

Ma lui, buono e pio, con le radici profonde nella terra delle sue origini, seguiva il motto della sua mamma: “Non ti curar di loro, ma guarda e passa!”

E così davanti a invidiosi, gelosi e accidiosi, Giuseppe sorrideva e salutava, augurando loro il bene supremo di conoscere sentimenti diversi.

C'erano anche coloro che non riuscivano a capire perché lui non infierisse sull'avversario, non lo finisse: a questi Giuseppe riservava il suo sdegno.

Stava proprio bene in America, Giuseppe!

Agi, ricchezza, fama, buone compagnie, vita semplificata e agevolata, amici sinceri e fidati.

Ma una notte, dopo l'ennesimo vittorioso incontro, mentre dormiva il sonno dei giusti, ricomparve a lui il bambino alato.

Caro Giuseppe, sono Alceo, ti ricordi di me?”

Certo che sì!” rispose Giuseppe.

Noi bambini volanti vediamo le stelle sopra di noi bianche nel loro fulgore, ma vediamo le stelle anche sotto di noi, bianche nel loro candore!” riprese il bambino.

Esse sono le teste imbiancate degli anziani e più luce mandano e più vuol dire che stanno per intraprendere l'ultimo viaggio verso quelle del cielo! E le teste bianche dei tuoi genitori, in questo periodo, sono molto luminose!”

E poi, mio buon Giuseppe, devi sapere che noi da quassù sentiamo i pianti delle madri: Tersilla, la tua amata sorella, piange tutte le notti perché il suo Marcolino, il tuo nipotino, è molto malato e i medici non riescono a capire di che cosa si tratti!”

Giuseppe si svegliò madido di sudore.

Come il bambino alato non gli aveva mentito nella previsione della sua grande carriera, perché ora dovrebbe mentirgli? E poi, non era da tempo che lui era stanco di gloria e fortuna, non era forse da tempo che sentiva la sottile nostalgia della sua terra d'origine e la fresca malinconia dei visi a lui cari? E poi Marcolino, il suo nipotino, aveva bisogno di lui! E i suoi genitori risplendevano di luce, di quella luce che li avvicinava al cielo! Primo avrebbe certamente capito!

E partì subito, senza preavviso per nessuno se non per Primo, il suo amato allenatore e amico, mollò tutto, agi, fama, applausi e luci della ribalta.

Arrivò al paese dove i suoi vecchi genitori imbiancati lo attendevano in silenzio per donargli un abbraccio senza fine.

Fece curare il nipotino, facendo intervenire i migliori medici del mondo, tolse dal disagio e dalla miseria ogni suo paesano e accompagnò i suoi vecchi genitori sino al loro raggiunger le stelle.

Tratto da: "Le fiabe per... andare sereni al nido e a scuola (un aiuto per grandi e piccini)", di Elvezia Benini, Giancarlo Malombra e Cecilia Malombra, collana "Le Comete", Franco Angeli Editore. 

GLI AUTORI:

Elvezia Benini, psicologa, psicoterapeuta a orientamento junghiano, specialista in sand play therapy, consulente in ambito forense, già giudice onorario presso la Corte d'Appello di Genova. Autrice di numerose pubblicazioni a carattere scientifico.

Cecilia Malombra, psicologa clinica, specializzanda in criminologia e scienze psicoforensi, relatrice in convegni specialistici per operatori forensi e socio-sanitari. Autrice di pubblicazioni a carattere scientifico.

Giancarlo Malombra, giudice onorario presso la Corte d'Appello di Genova sezione minori, già dirigente scolastico, professore di psicologia sociale. Autore di numerose pubblicazioni a carattere scientifico.

Associazione Pietra Filosofale

L’Organizzazione persegue, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante l’esercizio, in via esclusiva o principale, delle seguenti attività di interesse generale ex art. 5 del D. Lgs. 117/2017:

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In concreto l’associazione, già costituita di fatto dal 27 gennaio 2016 e che ha ideato e avviato il concorso letterario Pietra Filosofale di concerto con l'amministrazione comunale, intende proporsi come soggetto facilitatore, promuovendo e stimolando proposte di cultura, arte e spettacolo sul territorio, organizzazione di eventi culturali e/o festival, ideazione e promozione di iniziative culturali anche in ambito nazionale, costruzione, recupero e gestione di nuovi spazi adibiti a luoghi di Cultura Permanente, anche all’interno di siti oggetto di riqualificazione e/o trasformazione quali ad esempio l’ex Cantiere Navale di Pietra Ligure, come già attuato nel 2018 presso la Biblioteca Civica di Pietra Ligure, ove ha curato un percorso specifico di incontri dedicati alla salute e al benessere attraverso il progetto Il sogno in cantiere": il sogno, in onore e ricordo del cantiere navale che un tempo a Pietra Ligure ha dato vita a tante navi che sono andate nel mondo, vuole ritrovare nel “Cantiere” il luogo di cultura permanente dove poter trascorrere un tempo dedicato al pensiero del cuore, per nutrire l'anima con letture, scrittura creativa, musica, conferenze, mostre.

La “Filosofia dell'associazione” è quella di ridare vita al "Cantiere" in una nuova forma e in un nuovo spazio, ma con lo stesso intento di progettare e costruire "mezzi" speciali, per poter viaggiare con l'immaginazione, strumento di fondamentale importanza per creare spazio e tempo migliori in cui vivere.

L'Associazione vuole favorire l'alchimia di differenti linguaggi, promuovendo spazi di arte, cultura e spettacolo, convogliando le energie nascoste, rintracciando il messaggio archetipico attraverso la narrazione, tentando di recuperare i meandri del proprio Sé, per creare momenti di incontro, scambio e ascolto e per gioire dell'Incanto della Vita. L'aspetto narrativo si è già concretizzato nel 2016 attraverso l'esperito Concorso letterario sulla fiaba; la fiaba è metafora di vita: se il suo linguaggio è ricco e articolato, anche la vita, di conseguenza, sarà ricca e articolata, capace, come per i personaggi delle fiabe, di conservare una nicchia di libertà che faccia considerare l'alterità, l'altro, come un patrimonio da tesaurizzare. L'intento è quindi quello di compiere il “varo” di un “Festivalincantiere” quale contenitore di numerose iniziative, in primis il recupero del concorso letterario sulla fiaba, per poter consentire di viaggiare con l'immaginazione, strumento di fondamentale importanza per creare uno spazio e un tempo migliori in cui vivere e per offrire al Comune l'ampliamento della propria visibilità culturale sia a livello locale sia nazionale e oltre.

«I luoghi hanno un'anima. Il nostro compito è di scoprirla. Esattamente come accade per la persona umana.» scrive James Hillman

La triste verità è che la vera vita dell'uomo è dilacerata da un complesso di inesorabili contrari: giorno e notte, nascita e morte, felicità e sventura, bene e male. Non possiamo neppure essere certi che l'uno prevarrà sull'altro, che il bene sconfiggerà il male, o la gioia si affermerà sul dolore. La vita è un campo di battaglia: così è sempre stata e così sarà sempre: se così non fosse finirebbe la vita. (C.G.Jung, L'uomo e i suoi simboli)

Pedagogia della fiaba

La fiaba è metafora di vita: se il suo linguaggio è ricco e articolato, anche la vita, di conseguenza, sarà ricca e articolata, capace, come per i personaggi delle fiabe, di conservare una nicchia di libertà che faccia considerare l'alterità, l'altro, come un patrimonio da tesaurizzare e non come un competitor o peggio come un diverso stigmatizzabile in minus da omologare coercitivamente.

"L'aspetto linguistico così intenso ed evocante contesti e costrutti, spesso caduti nell'oblio, è il necessario contenitore, è la pelle del daimon che consente a ciascuno di riappropriarsi di conoscenza e di dignità, ricordando a tutti e a ognuno che l'ignoranza è la radice di tutti i mali". (Giancarlo Malombra in "Narrazione e luoghi. Per una nuova Intercultura", di Castellani e Malombra, Ed Franco Angeli). 




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