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Al Direttore | 12 marzo 2021, 11:56

"L'incubo": il Covid 19 e le sue sofferenze dopo un anno di pandemia

Riceviamo e pubblichiamo da Samina Zargar

"L'incubo": il Covid 19 e le sue sofferenze dopo un anno di pandemia

"È arrivato, è qui, in ogni dove, in ogni come, in ogni respiro umano caldo vivente.

È qui che si moltiplica sul corpo dei morti, incurante della vita che passa via via verso il cielo, verso il lontano inconscio…

È qui, non si vede, non si sente, ma è qui, si percepisce il suo percorso, silenzioso come le tenebre mentre sparge la morte, chiudendo gli occhi per sempre degli esseri umani.

Ore 18: l’ennesimo conto dei morti in 24 ore, l’ennesimo calcolo di positivi al Covid 19.

2020, l’anno del futuro per la tecnologia, l’anno delle energie rinnovabili per il clima, l’anno dei sogni per chi non ha avuto abbastanza, un anno come altri per qualcuno, con alti e bassi…

Spesso un ennesimo anno da vivere facendo sempre le stesse cose ogni giorno, guardando il passare delle ore che ti porta alla primavera, all’estate, alle vacanze, alla felicità perduta.

E invece no, Covid19: nessun 2020 immaginato, nulla che gli esseri umani avessero già vissuto, provato e desiderato.

Covid19: l’incubo.

Questa volta è accaduto l’impensabile, la natura maligna e cattiva si è rivelata con tutta la sua forza.

Non si sono alzate le onde impetuose tenebre abbracciandosi al vento fino a sbattere le rocce in un tonfo, non se ne è andato il sole voltandoci le spalle e lasciandoci in balia di un’eterna era di ghiaccio, nessun meteorite si è abbattuto nell’atmosfera penetrando l’oceano profondo blu fino a farlo inondare l’intera terra…

È arrivato un virus, invisibile, sconosciuto, multiforme, che si riproduce come mai nessuno prima…

Neanche il tempo aveva mai visto una cosa simile, nemmeno il vento aveva mai sussurrato alle foglie storie, leggende, segreti di tale malvagità, neanche l’universo aveva mai ospitato tra le sue orbite ellittiche, perfette e matematiche, tanta vitalità in un solo microbo.

Darwin lo aveva detto, in natura solo il più forte sopravvive sul più debole.

Le strade sono vuote, tristi, inermi, in attesa…

E suonano le sirene delle ambulanze, un ultimo tentativo disperato quanto fragile di tenere stretta, stretta sulla terra, ancora un pochino quella vita, insignificante per la natura cruda quanto un coltello affilato nel cuore, ma troppo importante per qualcuno, di piccolo piccolo quanto noi.

Noi, essere umani, particolari nel nostro genere, molto intelligenti per alcuni versi, speciali per altri, noi che siamo i padroni del mondo, noi che decidiamo per l’universo incuranti di ogni legge fisica, chimica o naturale, oggi siamo qui, piccoli, piccoli, a implorare la natura di risparmiarci.

Non siamo nessuno, oggi non siamo più i padroni.

E le onde del mare fuoriescono dagli abissi per scaraventarsi su di noi, le nostre case, affogare i nostri imperi di acqua purificante i peccati umani…

E i tornado volteggiano in aria con furore per unirsi alla polvere dell’aria e del sole per dare fuoco a tutto, tutto quel cemento versato inutilmente seppellendo la natura stremata dallo sfruttamento umano…

E dal cielo la pioggia, e piove e piove e piove come fiumi d’acqua riversati senza pietà in ogni dove…

L’umanità è in pericolo.

Si era detto, si sapeva, gli scienziati imploravano il rispetto dell’ambiente da un secolo ormai.

Come sordi noi umani vagavamo da troppo tempo ridendo della vita per noi scontata e insignificante…

E intravedo in lontananza la terapia intensiva…

Flebili respiri di umani attaccati ai respiratori lottano come tigri in gabbia, soli.

Solitudine infinita.

Non si nasce soli, ma da soli si muore.

Crudeltà.

Poi: Silenzio, boato di silenzio.

Rumore: di dolore sulla terra.

Un’altra vita se ne è andata.

Non si è potuto fare nulla neanche questa volta, laggiù, solo morte.

Neanche i vaccini, neanche la scienza può salvarci…

Basta, è il momento dei conti.

Questa volta non c’è rimedio, non c’è forza, non c’è essere divino che possa risparmiarci.

Attesa, ormai solo attesa.

Siamo in attesa che il virus ci attacchi, ormai inevitabile, uno a uno, manca poco, forse giorni, forse ore, forse minuti, forse è già qui.

Il tempo non ha più senso.

Il tempo ci porterà solo da lui, dal Covid19 che ci aspetta ghignando.

Lo vedo, sta arrivando, tra qualche attimo sarà dentro di me, e allora, anch’io sarò come tutti gli altri: inerme, mentre implorerò pietà nell’oblio…

Voglio risvegliarmi, su dai svegliati, svegliati, svegliati!

Dai che è solo un brutto sogno!
Dai che è un incubo e al risveglio sarà tutto finito!

Dai Svegliati!

Insisti, svegliati immediatamente!

Non ci riesco, con le lacrime agli occhi assaporo l’incubo…

Dal quale non potrò svegliarmi: è realtà.

La fine del mondo, già, quella tanto chiacchierata sottovoce, cantata, narrata nelle pagine di libri sfogliati al vento più e più volte, forse è qui.

Caronte che aspetta tutti…

Lo vedo che spinge la sua barca maestosa mentre con la pagaia sposta fiumi di acqua, limpida, quella dell’aldilà che piano piano sfuma mentre si confonde nelle strade della mia città…

Qui siamo tra i morti, qui siamo da Caronte, ormai è finita".

Samina Zargar

Lettera firmata

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