C’è un filo sottile, ma tenace, che lega le colline liguri di Carcare ai cieli infuocati dell’Eritrea. Un filo che attraversa secoli, culture e oceani per tornare a tendersi oggi, grazie a un’iniziativa che sa di storia, di memoria e di amicizia.
A tenderlo, stavolta, non è un missionario, ma il Comitato Frate Stella di Cheren, guidato da Tsehaye Kiflemariam Abrehe, che ha recentemente scritto al sindaco Rodolfo Mirri, con una richiesta tanto singolare quanto commovente: ricostruire l’albero genealogico di Padre Giovanni Stella, missionario e fondatore di una delle più importanti chiese cattoliche del paese africano, per rinsaldare il legame tra le due comunità e restituire alla storia il volto umano di un uomo dimenticato dai più, ma ancora vivo nella memoria di un popolo lontano.
Giovanni Giacinto Stella nacque a Carcare il 15 agosto 1822, in una casa di via Castellani. Terzo di sette fratelli, figlio di Giacomo (detto Andrea) e Maria Viglione, ricevette la sua formazione tra le mura del Collegio delle Scuole Pie dei Padri Scolopi, prima di proseguire gli studi teologici tra Genova e Torino. Ma fu Parigi, crocevia culturale e spirituale dell’epoca, a segnare il suo trampolino verso l’ignoto: l’Africa.
Nel 1847, consacrato sacerdote, partì missionario alla volta dell’Agamien, in Etiopia, dove cominciò una lunga e tormentata epopea tra guerre, persecuzioni e passioni. Dopo un esilio a Gondar, fu costretto a lasciare anche quella città e, insieme al lazzarista e concittadino Giuseppe Sapeto, intraprese un viaggio verso le regioni più occidentali del paese, fino ai territori dei Mensa, dei Bogos e degli Abab. Fu qui, nel cuore dell’Eritrea, che Stella si guadagnò la fiducia delle popolazioni locali, opponendosi apertamente agli abusi delle autorità egiziane. La sua integrità morale gli valse rispetto e stima, ben oltre i confini della missione.
Ma l’uomo Stella era destinato a scontrarsi con le rigide gerarchie ecclesiastiche. L’idea di fondare una colonia agricola autonoma e l’unione sentimentale con una donna indigena lo portarono, nel 1866, a spogliarsi dell’abito talare. Nonostante le critiche, credeva nel suo sogno: una comunità fondata sulla collaborazione tra europei e africani, nel rispetto reciproco. Un sogno che sembrò avvicinarsi alla realtà nel 1867, quando riuscì a ottenere in concessione dallo Sciotel un territorio vasto, fertile, a sei ore da Keren. Fondò la colonia, stilò l’atto ufficiale, avviò le prime coltivazioni. Ma le speranze durarono poco: tensioni interne, difficoltà logistiche e l’ingombrante figura dell’avventuriero svizzero Werner Munzinger segnarono l’inizio del declino.
Nel 1869, solo e stremato, Stella si ammalò. Il racconto del suo ultimo compagno, Bonichi, è struggente: colpito da una grave congestione, rimase paralizzato per due giorni prima di spegnersi nella notte del 20 ottobre. Della sua colonia, qualche anno dopo, restavano solo rovine: una casupola in pietra, una capanna circolare, qualche utensile sparso tra le sterpaglie.
Eppure, la memoria del missionario carcarese non è scomparsa. A Cheren, tra le montagne eritree, c’è ancora chi ne custodisce il ricordo, chi lo chiama “Frate Stella”, chi vede in lui non solo un evangelizzatore, ma un uomo che tentò – con i mezzi e le contraddizioni del suo tempo – di costruire un ponte tra due mondi.
Ora, quel ponte cerca nuove fondamenta. Il Comitato Frate Stella ha annunciato una visita ufficiale a Carcare, d’intesa con il sindaco Mirri. Si cercano documenti, fotografie, testimonianze, e – se possibile – discendenti, per dare forma a quell’albero genealogico che leghi il passato al presente. È già stata rintracciata una discendente a Bologna, e non si esclude il ricorso all’analisi del DNA per confermare le parentele.
È un gesto di memoria, sì, ma anche di speranza: l’idea che la storia non sia soltanto un archivio di nomi e date, ma un terreno vivo, dove i semi piantati da un uomo quasi due secoli fa possono ancora germogliare in gesti di amicizia e riconoscimento.
Da Carcare a Cheren, il viaggio di Giovanni Stella continua. E stavolta, non è da solo.















