C’è un filo che unisce il ragazzo che nel ’98 esordiva con i Gemelli DiVersi e l’artista maturo che oggi porta in tour il suo ultimo album “Musica Eterna”: è la coerenza con se stesso, la volontà di raccontare il mondo che vive senza inseguire mode, mantenendo uno stile riconoscibile e personale.
Lo porterà sul palco del Finale Music Festival domani, giovedì 14 agosto, Luca Aleotti, per tutti Grido, penna che ha attraversato stagioni diverse del rap italiano, dai giorni in cui le “crew” erano comunità cementate da passione e rispetto, fino all’oggi, dove spesso a tenerle insieme sono interessi e strategie. Ha conosciuto l’impatto emotivo della fine di un’avventura storica, ha saputo rimettersi in gioco trovando nuovo entusiasmo, e ha conservato un legame viscerale con il fratello J-Ax, capace di diventare manifesto in brani come Due su due.
Di questo ne abbiamo parlato in intervista proprio prima della tappa finalese del suo tour
Dai Gemelli DiVersi a “Musica Eterna”; nel tempo com'è cambiato Grido? Come ti senti di essere maturato visto che i testi restano sempre molto “incollati” all'attualità, al mondo contemporaneo?
Sono cresciuto sia anagraficamente che artisticamente, quindi credo che i miei testi siano di conseguenza diventati più consapevoli in qualche modo, la vera sfida è cercare di non ripetere quanto ho già fatto senza snaturarmi. Racconto il mondo che vivo attraverso la mia esperienza. Cerco da sempre di avere uno stile personale nel fare le rime piuttosto che omologarmi ai trend.
Oggi il rap italiano è molto diverso dagli anni ’90, però sembra essere sempre molto in uso questo senso di “crew”, di gruppo, che raccontate anche in “Vai bello”. Si è perso qualcosa per strada oppure no?
Oggi viviamo una realtà molto più individualista in ogni aspetto della società e molto spesso i collettivi sono tenuti insieme da interessi comuni piuttosto che dal rispetto e la passione, per fortuna esistono ancora delle eccezioni che raccontano storie di amicizie vere e rispetto.
“Musica Eterna” è un album ricco di contaminazioni e di collaborazioni; lo hai descritto anche come un viaggio tra passato, presente e futuro. Quale tappa di questo viaggio ti ha segnato di più?
Sicuramente la fine del percorso con i Gemelli DiVersi è stato un momento che ha impattato molto su di me a livello emotivo, ho dovuto rimettere in discussione tutto e ritrovare l’entusiasmo nello scrivere e fare musica.
La tua musica ha spesso qualcosa di introspettivo, penso alla strofa di G.R.I.D.O. dove dici “se vuoi spaccare, devi farti un nome - Io mi son fatto un nome - Che mi fa pure da definizione”. Qual è questa definizione?
La rima è un po’ una provocazione sul sistema di oggi in cui il personaggio viene prima della musica. Per quanto mi riguarda come dice il ritornello: G come grande, R come reale, I di inimitabile, D di diretto, O di originale!
Con tuo fratello Ax avete condiviso palchi e progetti, ma soprattutto percorsi artistici separati. Quale equilibrio avete trovato artisticamente e nel legame familiare?
Ax è sempre stato un esempio e una guida per me, il nostro legame è viscerale e ci saremo sempre l’uno per l’altro a prescindere dalla musica. La canzone Due su due è diventata il manifesto dell’amore fraterno per tutti i nostri fans.
Hai vissuto l'epoca dove il rap aveva il suo baricentro nel milanese, in Italia. Ora ce n'è anche una bella concentrazione nella scena ligure, con la “Wild Bandana” ad esempio; Come vedi questo movimento?
Adoro il collettivo Wild Bandana e sono felice dell’espansione che ha avuto il rap negli ultimi due decenni, è bello che diverse realtà raccontino diversi punti di vista evolvendo così un genere musicale fatto di una moltitudine di sfumature e stili, non mi piace quando tutti rappano nello stesso modo delle stesse cose.














