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Politica | 26 agosto 2012, 11:16

L’aggressione di Repubblica (di Antonio Padellaro)

"E se per caso a Savona c’è una centrale con tassi di inquinamento tipo Ilva, a cui la proprietà di Repubblica tiene assai, non se ne parla perché trattasi di notizia “oggettivamente” di destra? Noi rispettiamo i giornalisti e i lettori di Repubblica e non ci permetteremmo mai di scrivere che per loro “cultura è già una brutta parola”, come abbiamo letto nell’editoriale (di ezio Mauro) in puro stile Comintern"

L’aggressione di Repubblica (di Antonio Padellaro)

Così fai il gioco della destra” era l’anatema scagliato nelle vecchie sezioni del Pci contro chi osava mettere in discussione la linea ufficiale del partito, l’unica autorizzata a difendere le masse lavoratrici dai “provocatori” (sempre appostati nell’ombra) e dunque da una visione dei problemi “oggettivamente fascista”.

Pensavamo che la parodia di quei dirigenti, un po’ sedotti dal mito dell’Urss e un po’ furbacchioni, immortalata dal sindaco Peppone di Gino Cervi, fosse ormai un reperto da cineforum.

Invece, venerdì su la Repubblica, il direttore Ezio Mauro ce ne ha fornita una nuova versione rap: “Il fatto è che l’onda anomala del berlusconismo ha spinto nella nostra metà del campo (che noi chiamiamo sinistra) forze, linguaggi, comportamenti e pulsioni che sono oggettivamente di destra”.

Di questa prosa anni Cinquanta si è già occupato Marco Travaglio e, sull’ingenuo tentativo di mettere d’accordo capra e cavoli a proposito dello scontro su Napolitano tra Scalfari e Zagrebelsky, non aggiungeremo altro.

Qualcosa invece ci preme dire a proposito dell’attacco ai limiti della diffamazione che il direttore di quel giornale ha voluto sferrare contro il Fatto e i suoi lettori.

Certo, non siamo mai nominati, ma è l’abitudine della casa: ammantarsi di spocchiosa superiorità per meglio insultare l’avversario e poi nascondere la mano.

È il giornalismo “de sinistra” che per quindici anni si è giovato dell’alibi Berlusconi per alzare le barricate e scendere nelle piazze con roboanti proclami e che adesso, soddisfatto, torna finalmente a riposarsi all’ombra del potere costituito.

Notare il linguaggio da proprietari terrieri: “La nostra metà del campo”.

Nostra di chi? Chi ve l’ha regalata? Cos’è, un lascito di Napolitano? E in nome di cosa pensate di rappresentare “ciò che noi chiamiamo sinistra?”

(Danno perfino il nome alle cose come la Bibbia)

Un fenomeno davvero bizzarro quello di un direttore e di un fondatore che si credono dei padre eterni. Verrebbe da chiedere in nome di quale autorità morale, di quale cattedra superiore decidono essi chi è di destra e chi di sinistra? E poi, visto che si parla di giornali esistono notizie di sinistra e notizie di destra?

Di grazia, questa scelta per così dire salvifica avviene sulla base delle telefonate del Quirinale? Del gradimento dei vertici Pd (non a caso ieri Bersani scimmiottava Mauro contro Grillo e Di Pietro)?

O degli interessi del padrone?

E se per caso a Savona c’è una centrale con tassi di inquinamento tipo Ilva, a cui la proprietà del giornale tiene assai, non se ne parla perché trattasi di notizia “oggettivamente” di destra? Noi rispettiamo i giornalisti e i lettori di Repubblica e non ci permetteremmo mai di scrivere che per loro “cultura è già una brutta parola”, come abbiamo letto nell’editoriale in puro stile Comintern.

Comprendiamo anche l’irritazione che si respira in quelle stanze da quando Il Fatto esiste e prospera, e se alcune tra le migliori firme di quel gruppo hanno scelto di lavorare con noi se ne facciano una ragione.

La polemica giornalistica anche quando è sopra le righe va accettata. Le aggressioni no.

Da Il Fatto Quotidiano del 26/08/2012.

Antonio Padellaro - direttore de Il Fatto Quotidiano

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