La crisi del tessile si sente anche in Provincia di Savona: negli ultimi anni hanno infatti tirato giù le serrande diversi negozi che vendevano tessuti e questo lavoro ormai viene svolto in prevalenza dai banchi del mercato.
Se da un lato è vero che negli ultimi anni sono aumentati in maniera esponenziale i corsi di cucito e ricamo, presi sempre più d’assalto dai giovani, dall’altro questo non si riflette ancora su una maggior vendita di tessuti. “Anzi, commenta una commerciante, è esattamente il contrario. Le persone comprano solo pezzi per fare un rammendo, allungare o aggiustare un vestito, non più metri di tessuto per confezionare un capospalla, ad esempio un cappotto che dura tutta la vita. Mediamente negli ultimi anni il nostro fatturato è sceso del 15%, 18%. Io fino a cinque anni fa acquistavo i tessuti da 18 aziende. Sa quante ne sono ancora aperte oggi? Cinque. E la cosa più strana è che queste grande industrie tessili, tutte italiane, sopravvivono grazie all’export. Noi produciamo i tessuti più belli del mondo, non li usiamo e vendiamo solo all’estero. E’ una situazione paradossale”.
Quindi boom dei corsi di cucito per imparare appunto come sistemare un orlo, accorciare un abito, rammendare un vestito e calza bucata, ma imparare a fare un capospalla è un altro discorso. “Il nostro, continua un altro venditore, è un mestiere che richiede passione e preparazione, la conoscenza di un tessuto non si improvvisa e continuando così, sarà un mestiere, forse, destinato all’estinzione”.
Diverso il caso invece dei banchi che vendono tessuti di arredamento: in questi ultimi anni, chi ha saputo innovare il campionario e i prodotti, vende, e anche tanto. Complice la crisi, il ritorno ai vecchi valori, il boom delle riviste di settore, la gente infatti dedica grandi impegni e sforzi alla cura e arredamento della casa. Capita così che i clienti comprino strofinacci di fantasie particolari da trasformare in cuscini, centri tavola, grembiuli, borse, oppure metri di stoffa per confezionare le tende o copri divano. Quello che emerge dunque dai commenti è che c’è un ritorno al fai da te, all’amore della casa, della cucina, forse una delle poche cose positive di questa crisi.