Ci sono persone che incontri, reincontri, vedi e rivedi. Vite che si sfiorano. Parole che si scambiano con cortesia. Sorrisi che nascondo giorni difficili, sogni e aspettative, paure anche. Ci sono persone che un giorno ti guardano e ti dicono : «…la mia sì che è una storia…».
Fatmir è una di quelle persone. Alle sue spalle una vita difficile fatta di paura e speranza, volontà e coraggio. Imprevisti e bisogno di una vita normale.
Fatmir è nato in Albania, adolescente, solo e si è arrampicato sulla Vlona, la nave che lo ha portato in Italia. Uno tra i ventimila imbarcati, un quattordicenne, che cercava un futuro e che viaggia e arriva in Puglia mischiato ad una umanità non eterogenea, tra delinquenti e povera gente.
In questa intervista, nel suo racconto, una storia vera, il racconto di fatti che hanno sconvolto e anche preoccupato il paese Italia. Lo sbarco, il raggruppamento nello stadio, la fuga, l’aiuto ricevuto da chi lo ha trovato nascosto, affamato, sporco e impaurito. Gli anni della scuola, i primi lavori, il ritorno a casa, e la costruzione giorno dopo giorno della sua realtà italiana cancellata e ricostruita con caparbietà e perseveranza.
Oggi vive contento nella provincia savonese, ha una famiglia e ogni giorno guarda il mare con la soddisfazione di chi si sente contento di quello che , dice, ha avuto la fortuna di riuscire a fare.
Ascoltare le sue parole ci riporta indietro nel tempo, a giorni forse dimenticati, a quando il nostro Paese è stato teatro di quella che ai tempi fu anche definita come una invasione. La storia di Fatmir è simile magari a quella di molti altri cittadini albanesi “assegnati” allora per la loro accoglienza ai diversi comuni italiani; costituisce esempio e parte integrante del nostro tempo e dei nostri luoghi, qualsiasi essi siano.
Ascoltiamola e facciamone tesoro.














