Per dieci stabilizzazioni di infermieri previste da Asl2, con contratti a tempo indeterminato, risponde solo un candidato.
A inizio dicembre l’Azienda sanitaria ha pubblicato un avviso per verificare quanti professionisti – una trentina, dagli infermieri e OSS agli psicologi – tra quelli che hanno lavorato con contratti a termine o con forme flessibili, avessero i requisiti e intendessero essere stabilizzati.
La procedura si inserisce nel quadro della Legge 234/2021, che consente alle aziende sanitarie, fino al 31 dicembre 2025, di assumere a tempo indeterminato operatori che abbiano maturato almeno 18 mesi di servizio nel Servizio sanitario nazionale, con almeno sei mesi prestati tra il 2020 e il 2025, periodo segnato dall’emergenza Covid-19.
Il fabbisogno aziendale complessivo indicato dalla delibera di Asl2 era di 31 unità, così suddivise: 3 psicologi, 5 psicoterapeuti, 10 infermieri, 7 fisioterapisti, 1 tecnico di neurofisiopatologia, 1 dietista, 2 assistenti sociali e 2 operatori socio-sanitari.
Per i profili di dirigente psicologo, disciplina psicologia, e di dirigente psicologo, disciplina psicoterapia, sono arrivate rispettivamente 5 e 6 domande di stabilizzazione e il numero di candidati risulta, per entrambi i profili, superiore al fabbisogno (3 posti per il profilo di psicologo e 5 per quello di psicoterapeuta).
Per la figura del dietista è arrivata una candidatura, ma il problema riguarda in particolare gli infermieri e le figure di assistente sociale e di operatore socio-sanitario.
Nel caso degli infermieri, a fronte di 10 stabilizzazioni previste, si è candidato un solo professionista, mentre per i ruoli di assistente sociale e di operatore socio-sanitario non si è presentato alcun candidato. Un esito che conferma un tema denunciato da tempo dalle organizzazioni sindacali: la carenza di infermieri, ma anche di OSS.
È l’Istat a confermare che la carenza di personale infermieristico resta una delle principali fragilità del nostro sistema sanitario: nel 2023 erano attivi 405 mila infermieri, pari a 6,9 per mille abitanti, al di sotto della media UE (8,3) e della media OCSE (9,1).
Sempre secondo l’Istat, un terzo degli infermieri ha tra i 45 e i 54 anni e uno su quattro supera i 55 anni, segnale di un progressivo invecchiamento della categoria e di un ricambio generazionale ancora troppo lento. Il rischio, sottolinea l’Istituto, è quello di non riuscire a garantire la continuità assistenziale nei prossimi anni, in un contesto caratterizzato da una popolazione sempre più anziana e quindi più soggetta a cronicità e da una crescente domanda di cure.
Per quanto riguarda la Liguria, pur avendo la più alta densità di infermieri in Italia, con circa 7,01 professionisti ogni 1.000 abitanti, nella nostra regione – secondo quanto dichiarato lo scorso settembre da Carmelo Gagliano, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche della provincia di Genova e tesoriere della Federazione nazionale – mancano comunque circa 800 infermieri, anche a causa di corsi universitari che non riescono a formarne un numero sufficiente.














