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Politica | 21 aprile 2013, 18:41

La crisi non è ancora risolta, anzi è spaventosa, ma ne abbiamo viste di peggio

Aldo Alessandro Mola, storico di fama internazionale e direttore del Centro Europeo Giovanni Giolitti, fotografa la situazione attuale italiana per Savonanews e lancia una provocazione forte ' Napolitano deve battere il pugno sulla scrivania. Imporre. Come fosse il re.'

La crisi non è ancora risolta, anzi è spaventosa, ma ne abbiamo viste di peggio

La crisi è gravissima perché tanti si ostinano a non capirlo e mettono il bastone tra le ruote. Siamo in fase pre-agonica, ma non ancora alla fine. Basta capirci. L’Italia odierna sta all’Europa  attuale come il ducato di Parma stava all’Italia nei secoli precedenti l’Unità nazionale del 1861. L’Italia di oggi è come quel Ducato di Parma: priva di vera sovranità, “a noleggio”.  Malgrado tutto  Parma era e rimase la capitale del bel canto (Giuseppe Verdi) e della gastronomia. Anche oggi in Italia molti ancora  cantano e mangiano e sperano che ci pensi il Salvatore. Adesso ve ne è uno…, ma per quanto tempo? E che cosa potrà fare? Diciamo che  staremmo molto peggio se presidenti della repubblica fossero stati eletti Romano Prodi o Stefano Rodotà, due visionari straricchi:  uno vedeva i segreti del sequestro Moro sul fondo della tazzina di caffè; l’altro  non esce dalle utopie libresche.  

   Come fosse il Gioco dell’Oca siamo tornati alla casella  di partenza. Il rieletto Napolitano ha in mano tre armi formidabili: imporre un governo di unità nazionale, chi ci sta ci sta e chi sta fuori ne renderà conto non ai manuali di storia ma alla piazza (non i grillini e la sinistra salottiera ma i moderati, i risparmiatori, i piccoli proprietari, quelli che sono stufi di pagare il magna magna altrui e l’inconcludenza di cui sono complici anche quanti dicono “no questo, no quello, no tutto”); oppure scioglie le Camere; oppure (perché no?) si dimette entro due settimane per dare l’ultimo esempio (sarebbe il suo primo vero “messaggio alle Camere”, come fece  Cossiga), si batte il petto e ammette quello che è sotto gli occhi  di tutti: questa  costituzione rigida  è ormai lontana anni luce dalla realtà contemporanea. E’ inadeguata. Anche il baccalà è rigido, ma col tempo puzza.

Dunque, nulla di grave, a patto che entro tre giorni  Napolitano vari il governo. Ne fece uno di soppiatto nel novembre 2011 quando nessuno immaginava che in quattro e quattr’otto avrebbe nominato senatore  a vita Mario Monti e varato il governo che ha fatto tanti disastri. Ci starà  ben pensando in queste ore.  

Certo l’odierna è un’Italia degli equivoci: con il presidente  Monti non ancora sfiduciato, il piddino  Bersani presidente  incaricato provvisorio ma dimissionario piangente dalla segreteria del suo parito, una Bindi dimissionaria urlante che vuole impedire il governo che non le piace, insomma un sistema che sancisce il fallimento della repubblica e la rovina dei cittadini.

Se davvero ci crede, Napolitano deve battere  il pugno sulla scrivania. Imporre. Come fosse il re.

Buon sangue non menta.

Aldo A. Mola

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