Premessa: per questa volta, e solo per questa volta, decidiamo di abbandonare l'impersonalità tipica di gran parte del giornalismo moderno e parlare in prima persona.
Qualche settimana fa stavo percorrendo a piedi i portici di via Paleocapa a Savona. Vengo fermato da una coppia di ragazzi. Mi chiedono se abbia qualche minuto da concedere loro. Guardo l'orologio. Ho qualche minuto. Rispondo affermativamente. Uno dei due ragazzi mi porge una mano e mi dice: "Spero che tu non abbia problemi a stringere la mano a una persona cresciuta in una casa-famiglia". La sua frase di presentazione mi lascia perplesso. Gli stringo la mano. Apre un raccoglitore e ne estrae alcune stampe. Mi spiega che gli assistenti sociali che si occupano di lui e degli altri ragazzi li mandano in giro a "vendere" queste stampe per mettere insieme qualche soldino. In attesa di abbandonare la casa una volta compiuti i 18 anni. In attesa di trovare un lavoro che permetta loro di sopravvivere degnamente. Si insinua in me il dubbio della truffa. Tante volte è capitato di leggere (o di scrivere) di finti rappresentanti di associazioni umanitarie o di beneficienza che chiedono soldi ai passanti e poi scappano con i denari donati da compassionevoli passanti. Si insinua in me il dubbio della truffa. Gli faccio qualche domanda per conoscere un po' la sua storia. Quello che mi racconta mi sembra assolutamente realistico. Un'infanzia difficile, trascorsa con genitori non propri, una vita presente con possibilità limitate, un futuro con molta incertezza.
Dopo averlo salutato rimugino a lungo sulla questione. In Provincia di Savona di case-famiglia si parla poco. Anzi, quasi per nulla. Chissà com'è la situazione qui da noi.
Faccio qualche domanda a chi di dovere. Mi spiegano che le case-famiglia sono gestite direttamente dai Comuni sul territorio dei quali si trovano. Mi rivolgo allora a Luca Lettieri, Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Loano.
Prendiamola da lontano: che tipo di struttura è una casa famiglia?
"Una casa-famiglia è una casa di civile abitazione, all'interno della quale vivono due coniugi che hanno scelto di accogliere bambini in stato di abbandono o semiabbandono. I tratti caratteristici di una casa-famiglia sono la presenza di figure parentali (materna e paterna) che la eleggono a loro famiglia, facendone la propria casa a tutti gli effetti e un numero ridotto 'ospiti'; questo al fine di garantire che i rapporti interpersonali siano quelli di una famiglia 'vera'. Oltre a questo, la casa deve avere le caratteristiche architettoniche di una comune abitazione familiare, compatibilmente con le norme eventualmente stabilite dalle autorità sanitarie. Inoltre, la casa deve essere radicata nel territorio: cioè deve usufruire dei servizi locali (negozi, luoghi di svago, istruzione) e partecipare alla vita sociale della zona."
Chi sono gli "ospiti" di una casa-famiglia?
"La casa-famiglia non ha un'unica tipologia di utenza, ma è la famiglia che decide di chi volersi occupare (minori, handicap, anziani, vittime di violenza). La scelta è influenzata dalla sensibilità e della formazione teorica che le figure paternali hanno alle spalle. Un altro elemento di classificazione è la tipologia del soggetto accogliente: coppia, figure professionali, gruppi di famiglie o altri gruppi di persone che vivono in una dimensione comunitaria. Oltre a questo, la dimensione dell'accoglienza e della tutela."
Fino a che età i ragazzi sono ospiti della case-famiglia? Una volta usciti, quali prospettive di vita si aprono per loro? Le possibilità sono le stesse degli altri ragazzi cresciuti in famiglia oppure c'è l'eventualità che siano "svantaggiati"?
"Quando un minore entra a far parte di una casa famiglia. I genitori lo accolgono come un figlio proprio: come tale, ne esce quando la famiglia di origine ha superato i problemi che hanno portato all'allontanamento o quando il suo percorso di crescita e di autonomia lo permette. Nel corso della propria crescita ogni minore svilupperà sensibilità ed inclinazioni diverse: perciò qualcuno si avvierà al lavoro, altri sceglieranno l'università. Insomma, la situazione non è diversa da quella dei ragazzi che non crescono nelle case-famiglia."
Quali requisiti deve avere chi vuole mettere a disposizione la propria casa e aiutare un ragazzo?
"Nel Regolamento Regionale n. 2 del 2 dicembre 2005 si prevedono due tipologie di casa famiglia. Il primo tipo è su base 'non professionale': in essa vi è la presenza di una famiglia giudicata idonea all'affido dall'Equipe Affidi del Distretto di appartenenza. A questa famiglia non vengono richiesti requisiti professionali e viene riconosciuto un contributo per le spese di accoglienza del minore concordato tra il servizio inviante e la famiglia. Il numero massimo di minori che si possono accogliere è di tre, esclusi i figli della coppia. Il secondo tipo è su 'base professionale': in essa una o più famiglie ritenute idonee all'affido accolgono minori in cambio della corresponsione di una tariffa per ciascun minore accolto. La famiglia accogliente deve essere inserita in un ente legalmente riconosciuto con caratteristiche ONLUS che ne garantisce la formazione continua. Il numero di minori accolti è di norma non superiore a cinque, esclusi i figli della coppia. Sono necessari requisiti di professionalità che possono essere assolti dalle figure famigliari e da un educatore esterno, a carico della famiglia per almeno dieci ore settimanali."
Dal punto di vista istituzionale ed economico, che tipo di rapporto sussiste tra le amministrazioni comunali, le organizzazioni sociali e le case famiglia?
"Insieme al servizio inviante, la famiglia elabora un progetto che illustri la finalità dell'accoglienza e i tempi per il ritorno in famiglia, quando previsto."
Parliamo della situazione loanese: quante case ci sono sul territorio di Loano? Quanti ragazzi ospitano?
"A Loano è presente una casa famiglia che appartiene all'Associazione Papa Giovanni XXIII e accoglie sia minori che adulti in situazioni di disagio o handicap. E' importante precisare che tutti i bambini ospitati in una casa-famiglia provengono da famiglie che non risiedono nelle vicinanze della casa-famiglia stessa. Questo per ovvi motivi di sicurezza."
Ha spiegato che generalmente le case famiglia non ospitano ragazzi provenienti dallo stesso comune sul territorio del quale si trovano. Da quali motivazioni è dettata la scelta di mandare un ragazzo a Loano piuttosto che a Firenze?
"Stabilire perché si scelga di inserire un minore in un contesto lontano o meno dalla residenza non è semplice. Per ogni bambino viene pianificato un progetto che è individuale e fatto su misura. Questo progetto è influenzato da diverse variabili, quali il motivo dell'allontanamento dalla famiglia d'origine, la capacità di recupero della funzione genitoriale, l'attaccamento del minore ai genitori, la lunghezza dell'affido. Solo con un'attenta analisi di questi elementi e con una sicura conoscenza della situazione nella sua globalità l'equipe può trovare la soluzione migliore per il benessere del bambino. Bisogna tenere sempre presente che quando si parla di bambini non è sufficiente ricreare artificialmente un contesto famigliare. E' necessaria una famiglia vera e propria, perché solo in questo modo si sviluppa chiaramente nel piccolo il senso di appartenenza, il riconoscersi nel ruolo di figlio, che è il primo passo verso lo sviluppo di un'identità personale, la capacità di manifestare la propria affettività e le proprie emozioni, la capacità di immagazzinare l'esperienza di vivere in una realtà famigliare per poi ricrearla e mettere a frutto al momento giusto quanto interiorizzato."














