Giusto a tre giorni dalla importante sentenza sui rapporti tra Stato e Mafia che ha portato alla condanna di 12 anni di reclusione a Marcello Dell'Utri, Mario Mori, Antonio Subranni e Antonio Cinà, 8 all'ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno e 24 al boss Leoluca Bagarella, a Savona arriva Gian Carlo Caselli, ex procuratore capo di Palermo e Torino.
Caselli è stato ospite del liceo artistico in via Manzoni per un evento curato dalla libreria Ubik dove, è stato introdotto dal giornalista Mimmo Lombezzi e ha presentato il suo libro "La verità sul processo Andreotti".
Il libro scritto insieme al magistrato Guido Lo Forte, spiega come sono andate davvero le cose, a partire dall'assoluzione di Giulio Andreotti che fino al 1980 avrebbe commesso il reato di associazione a delinquere con Cosa Nostra ma sarebbe stato prescritto.
I due autori del libro spiegano anche perché in Italia la lotta alla mafia innesta troppo spesso la marcia indietro. Se lo Stato non ha ancora sconfitto le mafie, ribadiscono Caselli e Lo Forte, non è solo una questione di uomini e mezzi. E’ che con troppa frequenza i successi sono accompagnati dalle retromarce e dai contrattacchi del solito circuito politico-mediatico. Fu così – ricostruiscono puntigliosamente nel libro – per Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, largamente osteggiati dopo aver portato a casa il più grande successo dello Stato nella lotta alla mafia, cioè le condanne al maxiprocesso di Palermo. E’ stato così anche per i magistrati che hanno osato portare sul banco degli imputati il politico più potente e più compromesso della Prima repubblica.
"Il popolo italiano è stato truffato, questo è stato un problema di democrazia, tutto ciò può ritornare e rovinarci addosso, vogliamo dire come si è creato il consenso in questo Paese?” spiega Gian Carlo Caselli.
“Questo processo è importante per andare oltre parlando di un problema che chiamiamo negazionismo, una corrente di pensiero che considerava il rapporto tra mafia e politica solo localista, ma questo è stato invece un problema nazionale” dice l’ex magistrato.
“Nel merito del processo non sono mai entrato, il terreno della trattativa è estremamente rischioso, si sono combinati interessi criminali ad altri interessi, posso dire di conoscere i pubblici ministeri, sono professionisti esemplari che hanno scrupolosamente adempiuto al loro dovere, cercando la verità, meritano un grande rispetto per il loro nobile lavoro” conclude Caselli.