“Il tempo libero è un lasso di tempo, nella vita umana, trascorso al di fuori degli obblighi del lavoro e delle attività domestiche necessarie”
Questo periodo eccezionale, dato dalla pandemia di Covid 19, mi ha dato lo spunto per riflettere su alcuni fenomeni sociali e psichici. Lo stato di coercizione a cui sono stati sottoposti i cittadini, aldilà della sacrosanta necessità di lavorare, ha riportato l'interesse sul tempo libero, argomento tabù per la cultura dominante, sottoprodotto del protestantesimo anglosassone e delle sue derive politico-economiche, anche se spesso la necessità della libertà è stata confusa con l'irresponsabilità individuale (ma questo è un discorso che ci porterebbe troppo lontano).
Tempo libero che peraltro dà lavoro a moltissime categorie sociali, spesso condannate al precariato a vita come gli artisti, che molti scambiano ingiustamente per privilegiati, o gestori di bar, ristoranti, negozianti, mostrando ancora una volta quanto sia errato ragionare per categorie e non considerare l'esistente come un sistema, un tutto che forma una rete. È stato proprio un periodo di emergenza, che ci ha costretti a riflettere sulla sopravvivenza, a mostrare come una vita ben integrata non si possa limitare ai bisogni primari, ma abbia anche necessità di soddisfare pure quelli più complessi, compreso, perché no, quello di evadere con la fantasia da realtà opprimenti.
La necessità di riempire la maggiore quantità di tempo libero ha portato a un maggiore uso della rete, a volte responsabile a volte no, al boom delle piattaforme tv, alla riscoperta di quei tomi che da anni giacevano sul comodino. E qui ci leghiamo a un altro fenomeno. Uno stile di vita ritirato dal mondo esterno ma iperconnesso, quello legato a fenomeni di ritiro sociale come i cosiddetti "hikikomori", è stato per molti la normalità di questi giorni.
E molte persone hanno cominciato a pensare "ma io sto meglio così". Si rischia di provare una regressione, un chiudersi in un mondo, fatto di piccole certezze, dove siamo padroni del nostro tempo, e possiamo dedicarci a hobby che ci piacciono davvero, libri o serie tv. Come spesso avviene, fenomeni di nicchia o patologici diventano di massa o normali. Al contrario pare che chi soffre davvero di sindromi da ritiro abbia avuto in questo periodo un miglioramento, perché meno esposto alla pressione del mondo esterno.
Già, la pressione del mondo esterno: in un mondo dominato dal principio di prestazione ("Il discorso del capitalista", lo chiamava Lacan, e qui torniamo al primo punto trattato), dall'efficenza, dall'apparenza, la tentazione della fuga è forte per tutti, si presenta persino il rischio di regressione a stati infantili: pensiamo l'inquietante fenomeno delle "AB nursery", asili in cui adulti si fanno trattare come se fossero bambini piccoli. O, ancora più agghiacciante, il fenomeno degli "INCEL", in cui sentirsi brutti, inadeguati, e quindi disprezzati, sfocia nell'adesione a ideologie deliranti e nel terrorismo. Viviamo in un mondo dove è facile sentirsi inaccettati, e quindi molti hanno trovato il modo di prenderne le distanze: quelli che abbiamo trattato oggi sono fenomeni sociali su cui dovrebbero riflettere tutti e non solo i professionisti specializzati.
L'autore di questo articolo:
Alfredo Sgarlato, nato a Ceriale l'8/1/1963 è psicologo e mediatore familiare. Iscritto all'albo degli psicologi della Liguria, ha avuto esperienze nel campo delle residenze per psicotici, delle tossicodipendenze, nella scuola e nella libera professione. Alla professione di psicologo aggiunge un'intensa attività di volontariato presso l'Unitre Comprensoriale Ingauna (di cui è anche stato presidente) e altre associazioni culturali del territorio, e nel tempo libero si occupa di giornalismo culturale.
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