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Al Direttore | 26 aprile 2023, 13:32

25 Aprile, il messaggio del sindaco di Finale Frascherelli: "Le democrazie tornino ad essere un progetto ideologico per cui battersi"

Uno sguardo sull'attualità dei messaggi della Festa della Liberazione e su valore della Costituzione: "E' antifascista perché scritta da un ampio fronte contro un nemico comune"

25 Aprile, il messaggio del sindaco di Finale Frascherelli: "Le democrazie tornino ad essere un progetto ideologico per cui battersi"

Riportiamo di seguito il messaggio integrale che il sindaco di Finale Ligure, Ugo Frascherelli, ha pronunciato nella giornata di ieri durante le celebrazioni del 25 Aprile dal palco di Piazza Vittorio Emanuele.

"Il 25 aprile rappresenta la data fondativa della nostra democrazia: un popolo in armi per affermare il proprio diritto alla pace, alla libertà, alla democrazia.

Questa è la ragione per cui celebriamo il 25 Aprile: per ricordare cosa ha combattuto l’Italia in quella stagione, cosa ha spazzato via e cosa ha sconfitto. Un impegno che ci deve animare è quello di non dimenticare ciò che è accaduto e di ricordare gli orrori dei totalitarismi e della soppressione delle libertà. A quei patrioti che si sono battuti per il riscatto e la rinascita dell’Italia va e deve andare oggi e sempre la nostra ammirazione, la nostra gratitudine, la nostra riconoscenza.

I comunisti e i cattolici, i socialisti e i liberali, gli azionisti e i monarchici di fronte a un dramma comune scrissero una grande pagina della nostra storia, una pagina sulla quale si fonda la nostra Costituzione, sulla quale si fonda la nostra libertà.

Una foto più e meglio di altre rappresenta quanto ho appena detto: il gruppo dirigente del Comando Generale del Corpo Volontari della Libertà che sfila, fianco a fianco, per le vie di Milano il 6 maggio 1945: Mario Argenton (Ufficiale di Cavalleria dell’Esercito Italiano) Giovanni Battista Stucchi (avvocato, partigiano, socialista), Ferruccio Parri (comandante partigiano delle brigate Giustizia e Libertà, membro del partito d’azione) Raffaele Cadorna (Generale dell’Esercito e comandante del corpo volontari della libertà, avendo come vice Ferruccio Parri e Luigi Longo), Luigi Longo (comandante partigiano delle brigate Garibaldi e comunista), Enrico Mattei (imprenditore, partigiano, membro della democrazia cristiana).

La nostra Costituzione è antifascista perché nasce da questa Resistenza ed è stata scritta in modo corale contro un nemico che aveva occupato il Paese e contro i suoi complici che avevano fondato la Repubblica Sociale dopo l’armistizio del ’43 al fine appoggiare i nazisti.

Nel 1938 l’Italia aveva adottato le leggi razziali per un antisemitismo già presente nell’ideologia fascista come dimostrano le esperienze coloniali. Le leggi razziali furono la premessa dei campi di sterminio. In questi giorni in cui si è parlato di sostituzione etnica va ricordato che anche la brigata ebraica ha combattuto per liberare l'Italia. Grazie a Dio quegli ebrei non solo non sono stati sostituiti, ma sono venuti a salvare anche chi ora ha il coraggio di parlare offendendone la memoria. Chi ricopre cariche istituzionali deve essere attento e coerente ammettendo le responsabilità del fascismo e ricordando che l’Italia è stata liberata da un male terribile; il fascismo che va riconosciuto come male.

Non è stato un semplice avvicendamento qualsiasi da un governo all’altro.

Il presidente Mattarella in occasione della sua recente visita ad Aushwitz ha voluto omaggiare e fare memoria dei milioni di cittadini assassinati da un regime sanguinario come quello nazista che con la complicità dei regimi fascisti europei che consegnarono propri concittadini ai carnefici, si è macchiato di un crimine orrendo contro l’umanità, un crimine atroce che non può conoscere né oblio né perdono.

Milioni di persone furono assassinate in ragione della propria appartenenza ad una fede, in ragione delle loro convinzioni o della loro condizione. Nei lager nazisti oltre a milioni di ebrei bersaglio di quella disumana macchina di orrore anche oppositori politici, sinti, rom, disabili, omosessuali trovarono la morte nelle camere a gas o per il freddo, la fatica, la fame, le malattie o ancora perché vittime di esperimenti criminali.

Cittadini innocenti di ogni parte di Europa furono tradotti bestialmente in quei luoghi di morte: immensi cimiteri senza tombe.

Il presidente Mattarella, un anno fa, in occasione di un suo grande discorso proprio sul 25 aprile ha osato proiettare la data della Liberazione non verso il passato ma verso il presente e il futuro.

Disse Mattarella, ricordando che differenza c’è tra pace e resa che “nella ricorrenza della data che mise fine alle ostilità sul territorio italiano viene un appello alla pace: alla pace non ad arrendersi di fronte alla prepotenza”.

Disse Mattarella, rivendicando il diritto di usare anche le armi per difendere la libertà di un paese, come fecero i partigiani, che “il 25 aprile si celebra anche un “popolo in armi” desideroso di affermare il proprio diritto alla pace dopo la guerra voluta dal regime fascista”.

Disse Mattarella che il 25 aprile offrì anche una altra lezione chiara a chi manifesta disinteresse per le sorti e la libertà delle persone accantonando i valori comuni su cui si era faticosamente costruita negli ultimi decenni la convivenza pacifica tra i popoli. La libertà non è acquisita una volta per sempre e per essa occorre sapersi impegnare senza riserve. Vale ovunque: in Italia come in Europa.

Lo spirito della Liberazione che mosse i partigiani nel 1943 è molto simile a quello che muove oggi i patrioti ucraini che insieme con l’occidente libero combattono contro ciò che oggi in giro per il mondo ricorda di più i vecchi regimi fascisti: la Russia di Vladimir Putin.

La resistenza di ieri contro i totalitarismi – una resistenza che fu contro i nazisti e contro i fascisti – ci aiuti a capire il significato della resistenza di oggi contro i nuovi totalitarismi. Sono due resistenze diverse, ovviamente, ma sono due resistenze accomunate da un’unica idea trasversale: spiegare ai giovani cosa vuol dire oggi difendere la libertà dall’aggressione violenta dei nuovi totalitarismi.

E lo stesso vale per la Cina.

Per affrontare Russia e Cina serve soprattutto un cambio di mentalità delle democrazie europee che oggi sono troppo deboli e friabili. Le democrazie devono tornare ad essere un progetto ideologico per cui battersi, altrimenti alla fine si disgregheranno e crolleranno. Aleksander Dugin, uno degli ideologi del putinismo negli anni 90 diceva: “le democrazie occidentali avrebbero perso il giorno del loro trionfo, perché si sarebbero considerate tanto naturali quanto l’aria che si respira”. Effettivamente in Europa abbiamo iniziato a pensare che la democrazia e le sue istituzioni fossero acquisite, che fossero un fatto naturale.

Ma non c’è niente di naturale.

La democrazia è una costruzione storica, politica e ideologica e bisogna ritrovare la linfa che permette di irrigare la democrazia. Altrimenti il legno diventa morto, friabile e si rompe. Abbiamo degli avversari che vogliono rompere questo legno. Dobbiamo dargli vigore e forza.

La Festa della Liberazione, il 25 aprile, deve fare parte del romanzo delle generazioni. Perché se è vero che quando si trattava di ricomporre la comunità degli italiani nell’immediato dopoguerra c’è stato chi per forza ha chiuso sbrigativamente i conti – secondo un umanissimo e raffazzonato compromesso - oggi invece la vita pubblica ha come protagoniste generazioni di nipoti e pronipoti, adulti e vaccinati, che avvertono (o dovrebbero avvertire?) una spinta inversa, la necessità di penetrare ogni reticenza e di conoscere in che modi si era stati fascisti, in che modo ad esempio gli italiani hanno contribuito alla deportazione degli ebrei loro vicini di casa (oggi sappiamo che la metà degli arresti è stata resa possibile dalle nostre delazioni) o avevano ferocemente imposto la colonizzazione del Corno d’Africa. E soprattutto voler finalmente tenere conto di quanto il caso, l’opportunismo, la fortuna abbiamo agito sulla forza delle idee e il coraggio di fronte ai bivi della storia. Poterne parlare apertamente perché non più portatori di responsabilità né di ferite dirette, ma soltanto di una trasmissione di traumi familiari, diluiti ormai nel tempo.

Resistenza può dunque divenire espressione persino di rimprovero, per come gli italiani di allora siano solo in minima parte stati in grado di contrastare l’affermarsi e il consolidarsi del proprio fascismo, non siano riusciti cioè a resistere all’abuso e alla violenza politica, alla propaganda più bieca e alla soppressione del dissenso, praticando la cessazione della libertà di stampa, di associazione, di istruzione, di espressione, di culto, di circolazione… in cambio di cosa? Perché così pochi e perché così tardi?

In questo contesto l’unità europea da raggiungere è importante come l’unità di Italia da conservare.

E’ questa la nuova dimensione dell’uguaglianza, delle diversità, della solidarietà, della dignità, della laicità, con cui siamo chiamati a confrontarci in un mondo segnato dalle migrazioni di massa; dalle patologie dell’economia e del mercato; dall’evoluzione e dalle insidie che inquinano il progresso tecnologico con la ricerca del profitto e/o del potere; dai problemi dell’ambiente e della tecnologia nello sviluppo sostenibile; ora dal dramma della guerra dopo settanta anni di pace.

Alle drammatiche vicende della pandemia del Covid 19 l’Europa e l’Italia hanno saputo rispondere – se pure con inevitabili errori di percorso – ciascuna per la propria parte.

Alle drammatiche conseguenze dell’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia l’Europa e l’Italia devono rispondere con la solidarietà verso la popolazione civile e con l’aiuto a difendersi contro quella aggressione.

Possiamo e dobbiamo essere ancora capaci di dire qualcosa di significativo come italiani e come europei.

Il percorso unitario nei centosessanta anni trascorsi; la centralità in esso della Costituzione; il suo stretto legale con la prospettiva europea sono segni distintivi della nostra identità italiana.

Hanno accompagnato il nostro divenire nazione nel passato; devono costituire la direttrice di fondo delle nostre scelte ed azioni nel presente; consentono di avere fiducia nel futuro.

Viva l’Italia, Viva la Repubblica, Viva il 25 aprile".

Redazione

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