Il blocco di migliaia di metri quadri di aiuti umanitari indirizzati verso la Palestina. Questa una delle più grandi atrocità che stanno caratterizzando la guerra nel Medio Oriente tra il Paese arabo e Israele. L'utilizzo della fame come arma, espressamente vietata dal diritto internazionale e considerata un crimine di guerra, così come lo è l’ostruzione all’assistenza umanitaria.
Questo uno dei temi cardine dell'intervento della giornalista e storica Paola Caridi, che ieri sera ha calcato il palco dell'appuntamento savonese di “Parole ubikate in mare”. Un incontro particolarmente atteso, strettamente legato all'attualità internazionale accolto con una singolare iniziativa di sensibilizzazione dal pubblico di Piazza Sisto che, in attesa del suo dialogo con Renata Barberis e Lorenzo Caviglia, ha fatto risuonare pentole e stoviglie.
Un gesto simbolico, fortemente evocativo, a rappresentare quella richiesta di cibo che arriva in particolar modo dalla Striscia di Gaza, dove almeno 50.000 civili hanno perso la vita mentre oltre 1,3 milioni di persone, tra cui più di 610.000 bambini, risultano sfollate e intrappolate. Senza possibilità di fuga, tra i colpi dell'esercito israeliano e le milizie di Hamas, senza possibilità di fuga. E spesso senza cibo o acqua.
Il 93% dei bambini di Gaza è oggi a rischio critico di carestia, il web è ormai invaso da video in cui i bambini implorano cibo. Tutto mentre nel territorio di Gaza viene impedito anche l’ingresso di aiuti essenziali come sedie a rotelle, filtri per l’acqua e medicinali.
Caridi ha descritto quindi questo scenario e tutta la situazione, in un territorio da lei conosciuto negli anni passati di persona, utilizzando una semplice parola: genocidio.














