"Altro che superamento della Fornero: l’età pensionabile continua ad aumentare. Tante promesse, ma in pensione si va sempre più tardi e i dati dell’Inps confermano le bugie del governo. Oggi si va in pensione più tardi e con assegni sempre più poveri. Il rischio è quello di trovarci, nel prossimo futuro, di fronte a un’emergenza sociale legata all’inadeguatezza delle pensioni, soprattutto in territori come la nostra Provincia dove il lavoro continua ad essere troppo precario e mal retribuito, con le donne che pagano il prezzo più alto mentre lavorano – con contratti precari e part time – e quando saranno in pensione. Dopo tre leggi di bilancio, ciò che emerge è ben diverso dagli slogan elettorali che assicuravano il superamento della legge Monti-Fornero e la pensione per tutti con 41 anni di contributi: oggi le pensioni anticipate sono in drastico calo e l’età pensionabile continua a crescere. Non è un giudizio politico ma un fatto dimostrato dai numeri pubblicati dall’Osservatorio Inps".
Così, attraverso una nota stampa, Andrea Pasa e Fausto Dabove, rispettivamente Segretario Generale Cgil Savona e Segretario Generale Sindacato Pensionati Spi-Cgil Savona.
"Non si governa con gli slogan e le promesse e il governo lo aveva promesso - si legge ancora nella nota - dal 1° gennaio 2027 non ci sarà alcun incremento dell’età pensionabile dovuto all’aumento dell’aspettativa di vita. Ma a sei mesi di distanza, del provvedimento necessario per sterilizzare questo automatismo non c’è traccia. Intanto, le uscite si riducono e si irrigidiscono i requisiti: negli ultimi anni i coefficienti di trasformazione sono progressivamente diminuiti, determinando un abbassamento costante degli importi delle pensioni. Le lavoratrici e i lavoratori sanno bene ciò che è stato fatto e cosa no. Sarebbe inaccettabile allungare ancora il traguardo della pensione. Nonostante le rassicurazioni del sottosegretario Durigon siamo ancora in attesa del decreto. L’incremento di tre mesi nei requisiti porterebbe l’accesso alla pensione anticipata a 43 anni e 1 mese di contributi (42 e 1 mese per le donne), e quello per la pensione di vecchiaia a 67 anni e 3 mesi, uno dei più alti in Europa. È un’operazione che avrebbe ricadute pesantissime anche per chi ha già lasciato il lavoro, come i titolari di strumenti di accompagnamento alla pensione. Come Cgil abbiamo denunciato il rischio concreto di una nuova ondata di esodati: oltre 40.000 persone potrebbero non maturare più, o ritardare significativamente, il diritto alla pensione".
"Dopo tante promesse per ora l’unica certezza è che si andrà in pensione più tardi. “Opzione donna” è stata cancellata, le forme di flessibilità in uscita ridotte, e chi lavora – soprattutto nei settori poveri e gravosi – vede allontanarsi il diritto alla pensione. Le donne, colpite da carriere discontinue e salari più bassi, sono le più penalizzate: rischiano di rimanere intrappolate in un sistema che amplifica un divario pensionistico di genere già oggi molto marcato. Nella nostra regione, secondo quanto elaborato dell’Ufficio Economico CGIL Liguria dai dati ufficiali INPS riguardanti il 1° semestre 2025 (tutte le pensioni liquidate dall’istituto in tutte le Gestioni INPS), tra gennaio e giugno 2025 sono state 11.052 le pensioni liquidate in Liguria, in calo del -13,3% sull’anno precedente. In particolare per i maschi le pensioni liquidate sono state 4.975 (-14,72%) mentre per le femmine 6.077 (-12,16%). Il gender gap è pari a 427,61 € (28,3%). Rinviare ulteriormente l’età pensionabile è socialmente insostenibile. Serve una vera riforma, costruita tramite confronto, non l’ennesima operazione di cassa sulla pelle delle persone. Da quasi due anni non esiste un confronto sul tema previdenziale. L’ultimo incontro risale al settembre 2023. È urgente garantire sostenibilità sociale, a partire dai giovani. Serve una pensione di garanzia per chi ha carriere frammentate, precarie e discontinue. Basta propaganda: l’adeguamento automatico all’aspettativa di vita non fu introdotto dalla legge Fornero, ma dal centrodestra nel 2010. Ora lo dice anche l’INPS: i dati certificano i fallimenti del governo sulle pensioni".
"Non possiamo accettare un sistema che peggiora le condizioni di accesso alla pensione e riduce gli importi a ogni aggiornamento. L’Italia è l’unico paese europeo in cui i lavoratori subiscono un doppio svantaggio: età pensionabile in aumento e assegni sempre più poveri. Contemporaneamente i pensionati scontano da un lato un adeguamento degli assegni al reale costo della vita che spesso è solo parziale e non completo e dall’altro prelievi fiscali che, tra tassazioni generali e locali, li stanno mettendo sempre più in difficoltà. Inoltre il versamento discontinuo dei contributi legato alla precarietà (nel nostro territorio, oltre il 90% dei nuovi contratti sono precari) sta compromettendo le pensioni di chi oggi lavora in queste condizioni e mette a rischio l’intero sistema pensionistico futuro. Milioni di persone vivono l’incertezza di un lavoro precario oggi e di una pensione insufficiente domani. Serve un cambio di rotta. Servono riforme strutturali che garantiscano equità, dignità e certezze alle lavoratrici ed ai lavoratori alle pensionate ed ai pensionati partendo anche da un impegno forte contro l’evasione fiscale e contributiva. Non farlo significa rimangiarsi promesse ed impegni, e continuare a scaricare il peso di scelte sbagliate sempre sugli stessi e su chi si trova già più in difficoltà", concludono Pasa e Dabove.














