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Attualità | 18 settembre 2012, 08:20

Il giorno nero

Il giorno nero

Certo è prematuro ora. Ci sarà un’altra tonnellata di carte da leggere e studiare, chi farà i ricorsi, chi forse le denunce. Se è vero però che i giornalisti sono come gli storici del presente, non possiamo esimerci dal segnare lunedì 17 settembre 2012 come un giorno nero nella lunga storia industriale di questa provincia. La concessione dell’AIA transitoria - bizantinismo tutto italiano - è un punto a favore di coloro che ardono per ampliare e lasciare in esercizio un impianto come quello di Vado Ligure che ha prodotto danni difficilmente calcolabili sulla salute pubblica, ed anche ora, adesso, mentre scriviamo, con i suoi due gruppi a carbone anni ’70 continua a produrne.

Quanti e quali ora non ha importanza, ognuno dica la sua. Ma nonostante i generosi limiti di legge, nonostante i filtri che risalgono al 1993 e per i quali Panzavolta e Greganti passarono grossi guai ai tempi di Mani Pulite, il danno c’è. Fosse anche solo un’asma, una sola morte tra le tante prematura, un solo cancro, potenzialmente riconducibile a quelle emissioni. Bene questo è un disonore per le autorità preposte al controllo e per le amministrazioni locali che non hanno saputo ad oggi far nulla, nei fatti. Lasciando dunque i loro cittadini esposti ad emissioni inquinanti che nella migliore dellde ipotesi mettono a rischio la loro speranza di vita sana. Fosse anche un solo giorno, non è accettabile.

Non è accettabile perchè siamo una lingua di terra tra le montagne ed il mare, il posto più piccolo, inadatto e densamente popolato dove piazzare un impianto che inquina qui per alimentare altrove.

Non è accettabile perchè da tempo esistono tecnologie meno velenose e più efficienti. E se è vero che se salvi una vita, salvi il mondo intero, non si può tacere.

Non si può tacere neppure se ci sono 250 lavoratori impegnati nell’impianto, vittime a loro volta. Non si può tacere nonostante comuni e sindacati inorridiscano e ci revochino pubblicità e comunicati, mettendo a rischio anche i nostri lavoratori. Non si può tacere nonostante la spocchia dei partiti maggiori, così allineati qui, su questa ricca torta che odora di cadavere, da sdraiarsi più o meno apertamente sulle posizioni di coloro che non producono energia per interesse pubblico ma per lucro, arrivando a dichiarare un guadagno di oltre 23 milioni di euro l’anno per ogni lavoratore che ne prende 1500.

La Clinica Rossello a Savona, vicina al Seminario, è diventata una porta per l’aldilà, anche se non si dice. Un luogo dove chi può va a morire dolcemente. Poi un annuncio affisso, sporcato dalla pioggia spesso nera, e avanti. Avanti così. Con un malato di tumore in famiglia a testa, quando va bene.

Ma tanto noi siamo più forti, siamo immuni. Non prenderà proprio noi... E invece ti trovi lì, orfano dell’ultim’ora. Maledetti.

Fisse nostre di Savonanews, qualcuno penserà. Certo, e perchè mai? Chi ce lo fa fare di inimicarci i potentati industriali che potrebbero ingrassare con uno starnuto la nostra testata? La concorrenza? Quale?

E’ solo un dovere, forse l’etica di un giornalismo che non c’è più. Non ci interessa. I fatti hanno la testa dura. E come l’ACNA, per Marghera, per l’Ilva di taranto, il momento della verità presto o tardi busserà ai cancelli, senza badge.

Nel frattempo filtra una statistica, una cosetta. E’ un foglio di una delle cliniche dove le persone vanno a morire meglio che possono. Parla della casistica, e parla da sè.

Sn

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