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Savona | 04 ottobre 2010, 12:02

Savona: ancora la libreria Ubik su Tirreno Power, "Si pone una questione democratica"

Nella lunga lettera al presidente della Regione Burlando, tutte le ragioni del "no". Ed intanto il sondaggio interno indica il 94% di cittadini contrari all'ampliamento

Savona: ancora la libreria Ubik su Tirreno Power, "Si pone una questione democratica"

“Egr. Presidente della Regione Liguria Claudio Burlando,

il sondaggio effettuato attraverso i 7.000 indirizzi mail della libreria UBIK di Savona, (benchè per una serie di ragioni non soddisfi i criteri standard di scientificità),  in soli 5 giorni ha già dato comunque un esito incontrovertibile: il 94,9 % si è dichiarato "contrario" all’ampliamento con nuovi gruppi a carbone, sia in aggiunta a quelli esistenti (proposta Tirreno Power), sia in sostituzione a quelli esistenti ma di maggiore potenza (proposta Partito Democratico).

E ci rivolgiamo a Lei perché la crediamo sensibile ai temi della rappresentatività delle scelte, e perchè, in quanto Presidente della Regione, non è soltanto il gestore di esigenze e interessi economici contrapposti, ma soprattutto il ‘garante’ del volere una comunità, in particolar modo quando questa comunità vuole, anzi pretende di decidere sul suo principale diritto inalienabile: quello della salute e della propria vita.

E’ vero che viviamo in una democrazia rappresentativa, per cui deleghiamo ed eleggiamo persone che ci rappresentano nelle attività ordinarie. Ma come Lei ben sa, è altresì vero che la nostra Costituzione è ispirata al principio secondo il quale, su temi di grande rilevanza, il potere decisionale torna alla comunità.

Questo sondaggio, benchè non abbia valore istituzionale, ha un forte valore politico, e ci dice questo: la comunità savonese ha deciso, in modo fermo e nettissimo. E ha deciso da tempo e in modo evidente, anche se diverse forze in campo, portatrici di interessi particolari e non generali, fingono di non accorgersene (la Tirreno Power ha dichiarato un mese fa che il progetto gode nella comunità di un “generale consenso”).

Questa posizione contro l’ampliamento della centrale è peraltro in sintonia alle prese di posizioni istituzionali (hanno deliberato contro l’ampliamento tutti i comuni interessati: Vado Ligure, Quiliano, Savona, Bergeggi, Spotorno, Noli, Finale Ligure, Balestrino, Vezzi Portio, Albissola Marina, Celle Ligure, Altare, Carcare, Cairo Montenotte), e a quelle della società civile (tutto l’associazionismo provinciale, l’Ordine dei Medici, la Curia, i Comitati civici, molti partiti, le circoscrizioni, le principali personalità della società civile, ecc). E’ ora che il Presidente della Regione si erga a garante di questo volere. Alle forze politiche, sindacali, industriali coinvolte non resta che prenderne atto, qualsiasi siano gli interessi particolari in campo, qualsiasi sia il motivo del contendere. Ogni altra discussione nel merito è nulla. In questo caso vale l’interesse generale.

L’interesse generale di una popolazione che, dopo 40 anni, ha deciso finalmente di non voler più vedere uscire dalle ciminiere (già allora installate senza consultare il proprio volere) decine di tonnellate di ossidi di azoto, di ossidi di zolfo, di metalli pesanti, di polveri sottili ogni giorno, per avere qualche decina di posti di lavoro in più. Lei ha certo presente cosa vuol dire polveri di 0,1, 1 o 2,5 micron, invisibili a occhio nudo, e quante ce ne vogliono per arrivare a farne una tonnellata, 100, 1.000, 10.000 tonnellate, e così per anni e decenni, polveri che da generazioni si riversano nelle nostre terre, nelle nostre coltivazioni, nella nostra pelle e nei nostri polmoni.

Ci chiediamo: è forse per questo che, secondo studi incontrovertibili, a Savona muoiono migliaia di persone in più rispetto alla media regionale e nazionale? Perché invece non viene commissionato uno studio epidemiologico su un territorio tanto devastato come quello vadese (e che ha ripercussioni su tutta la Provincia)? Le chiediamo quindi di fare Sua la posizione espressa dalla nostra comunità. In caso diverso, si porrebbe una ‘questione democratica’. In caso di una Sua risposta negativa, o peggio di una sua non risposta, tale questione verrebbe portata a tutti i mezzi di informazioni nazionali, a tutto il mondo della cultura del nostro paese, fino anche alla Presidenza della Repubblica. Si ha un problema di democraticità in una comunità in cui, benchè essa ha già deciso in modo netto in una direzione, questa decisione non viene rispettata. Si ha un problema di democraticità quando si manifestano assieme (e non singolarmente) molti di questi fattori: quando un’azienda spende centinaia di migliaia di euro per ‘lavorare’ sul consenso dei cittadini: attivando una massiccia opera di pubblicità (un’informazione senza contraddittorio lasciata a chi ha i mezzi per farlo), sponsorizzando squadre, sostenendo attività culturali e comuni, finanziando i principali mezzi di informazione, creando quindi una situazione di ‘dipendenza’ per cui le scelte degli operatori locali della politica, della cultura, dell’editoria (in una situazione di crisi come questa) sono inevitabilmente e comprensibilmente condizionate nelle scelte (tecniche emerse in alcuni manuali d’uso della ‘gestione del consenso’ e normalmente applicate da queste aziende energetiche in tali contesti, manuali che Le consigliamo vivamente di leggere). Tutto al fine di ‘comprare’ il consenso, al pari di qualsiasi altra merce. Ma, spero Lei ne convenga, il consenso non è in vendita. E il sondaggio lo dimostra;

quando alcuni sindacati e alcuni partiti prendono posizione non seguendo il volere dei propri elettori o iscritti, ma le decisioni prese dagli organi dirigenti di Roma;quando l’esito di alcune ricerche scientifiche viene ‘interpretato’ ai propri fini;

quando si decide che il controllo delle emissioni dalle ciminiere della centrale a carbone sia eseguito dalla stessa Tirreno Power (per cui gli inquinatori sono i controllori di se stessi, senza che sia prevista alcuna verifica da parte di enti terzi) e non invece da un Ente Pubblico, il quale finalmente dopo decenni potrebbe garantire la cittadinanza sui reali livelli di inquinamento;

quando per far approvare un grande progetto che avrebbe pesantissime ricadute sulla salute (142 milioni di euro all’anno di costo per la comunità, senza contare il danno delle migliaia di morti), ci si appella ai limiti di legge, ben sapendo che ‘la giurisprudenza è molto indietro alla scienza’, e che per le dannosissime e letali polveri ultrasottili non è prevista per legge la misurazione, per cui si inquina e si muore ‘a norma di legge’ (ricordiamo anche ai sindacalisti che, come dicono tutti gli esperti in materia, non esistono filtri al mondo che possano limitare significativamente le pericolosissime polveri ultrasottili, e che quindi non esiste centrale a carbone che riduce in modo sensibile gli inquinanti);

quando probabilmente si è già deciso di usare i gruppi a carbone anche per bruciare i combustibili derivati da rifiuti (CDR), utilizzando quindi la centrale anche come inceneritore aggravando in modo devastante la situazione, e questo senza comunicarlo alle popolazioni interessate;

quando si fa leva sul ricatto occupazionale “o si ampia, o si chiude”, ben sapendo che non è vero, e che è una tipica tecnica di pressione già ripetutamente utilizzata in altre città e contesti simili;

si ha un problema di democraticità quando un’azienda che vuole inquinare per altri 50 anni un territorio, rifiuta per anni qualsiasi confronto con la comunità che ne subirà i danni, e con gli organi medici competenti.

Ecco, sig. Burlando, non si crea un problema democratico quando si manifestano soltanto una o alcune delle componenti sopra esposte. Quando invece si crea una miscela silenziosa e connivente di tutte queste componenti, e quando alla fine a una comunità non è più concesso di decidere di se stessa, allora si crea un ‘deficit di democrazia”. E’ da salutare con entusiasmo lo sforzo propositivo emerso in questi giorni dalla società civile (in particolare ARCI e ACLI, che insieme rappresentano 20.000 iscritti a Savona, sforzo sostenuto anche dalla Curia – vedi allegato) per una “Terza via”, ovvero una soluzione di compromesso che preveda anche un leggero ampliamento della centrale, ma a gas naturale, riducendo addirittura dell’80-90% gli inquinanti, e andando incontro a 5 dei 6 punti richiesti insistentemente per tanti anni dalla dirigenza Tirreno Power e dai sindacati (aumento potenza, mantenimento dimensioni di produzione, maggior efficienza produttiva, consolidamento occupazionale, commesse per la costruzione del nuovo gruppo).

L’unico punto su cui non si potrà andare verso la direzione prospettata dall’azienda (e a cui l’azienda dovrà rinunciare per arrivare a un accordo) è di utilizzare ancora il carbone come combustibile, e quindi su questo punto l’azienda non potrà ottenere un miglioramento del mix dei costi di produzione (che comunque rimarrà ben al di sotto del prezzo di mercato dell’energia, permettendo quindi a Tirreno Power di ottenere comunque un significativo margine di profitto).

D’altronde Sorgenia (la controllante di Tirreno Power) sta ultimando entro l’anno l’apertura in Italia di altre 3 centrali da 800 mw, tutte a gas naturale (e non a carbone). La dirigenza Tirreno Power dovrà quindi rinunciare a una parte del suo cospicuo utile annuo di esercizio (negli ultimi anni ha anche superato i 100 milioni annui) per arrivare a tale compromesso con la comunità savonese (Regione, Comuni, associazioni, Ordine dei medici, ecc), e per poter ridurre i dati drammatici di mortalità e i costi esterni per il territorio.

Giriamo anche a Lei le conclusioni che già abbiamo posto all’ing. De Benedetti, proprietario (attraverso Sorgenia) di Tirreno Power: non conviene con noi, sig. Burlando, che il rispetto per la vita e per l’ambiente non può e non deve far parte di un mero gioco di interessi politici ed economici, ma deve invece far parte dei valori primari ed inalienabili di ogni popolo civile?

Produrre energia non è un fine ma un mezzo per far funzionare la società in cui viviamo: è etico e doveroso investire capitali per produrre energia con le metodiche meno inquinanti possibili, compatibili con la salute dei cittadini, evitando il più possibile il combustibile più inquinante di tutti che è il carbone. Nessun calcolo economico può giustificare la richiesta di perpetuare e addirittura incrementare lo scempio ambientale e le morti premature causate dalla combustione del carbone.

Certi di una sua Risposta, Le porgiamo distinti saluti”.

I promotori del sondaggio Ubik

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