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Eventi | 14 dicembre 2015, 16:30

Emanuele Lo Gioco scrittore residente a Leca d'Albenga presenta il suo primo libro

Dolcementekattivo un racconto che vuole riportare, senza nominarla, la tanto chiacchierata “decrescita”. Intervista con l'autore

Emanuele Lo Gioco scrittore residente a Leca d'Albenga presenta il suo primo libro

Nato a Torino, Emanuele Lo Gioco si è trasferito  in Liguria da 12 anni e  vive a Leca d’Albenga ed  è al suo esordio nel mondo della letteratura con Dolcementekattivo un racconto che vuole riportare, senza nominarla, la tanto chiacchierata “decrescita”, divenuta accademica e manieristica, ad una dimensione più reale, senza cadere nell’ennesimo saggio pro o contro.

 Il libro vuole accompagnare il lettore in un immaginifico mondo libero e libertario, attribuendo ai personaggi le romanzate esperienze dell’autore.

Ne derivano scenette da commedia dell’arte con maschere ben delineate nei loro pregi o difetti per testimoniare la possibilità di una realtà utopica.
Il protagonista si ritrova per caso in un piccolo Borgo mezzo abbandonato e, occupando e ristrutturando un mostro di cemento armato, piantato sulla spiaggia, intraprende un percorso di maturazione personale con la coerenza come dogma laico.

Amicizie che trascenderanno in un vincolo indissolubile più forte di una parentela e nemici legati, nonostante sostanziali diversità, dal filo rosso della cafoneria, saranno da contorno alla nuova vita di un irrequieto che pretende, in una esagerata idea di libertà, una particolare estetica dell’esistenza.

Racconta lo scrittore Emanuele Lo Gioco “ Uno dei motivi che mi hanno portato a scrivere un libro è stato la lettura di un libro: “Manuale di calligrafia e pittura” di José Sarramago. La storia di un ritrattista che non si sente artista e decide di scrivere. Le parole sono come colori per dipingere sentimenti. In più sono sempre stato attratto dalle teorie sulla decrescita e sull'abbondanza frugale. Le trovo con una grandissima carica libertaria. Cose che più o meno si sono sempre vissute in certi ambienti, come i centri sociali degli anni 80”

Continua “Non volevo fare un saggio, volevo raccontare/raccontarmi una storia.La filosofia dell'autoproduzione è stata il filo conduttore di tutto il libro. La copertina è la foto di un mio dipinto, mentre la foto in quarta l'ha fatta mia figlia”.

“Per quanto riguarda la correzione e l'editing bisogna fare un discorso a parte.L'ho fatto fare ad una persona che vuole mantenere l'anonimato che ho conosciuto su facebook.Non ci siamo mai incontrati, ma le energie che sprigionavano i nostri scambi di idee e le telefonate avevano un qualcosa di tangibile.La virtualità ha prodotto una cosa, vera, che parla di immagini...il libro.

Conclude infine “Penso sia stato un esperimento unico, lo spunto per un altro romanzo...Quindi è un romanzo particolare, un viaggio interiore che ha percorso distanze siderali senza badare tanto al mercato o alla compiacenza del lettore

Mara Cacace

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