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Attualità | 04 dicembre 2018, 18:00

Lupi nel Savonese? La parola all'esperto: "Basta con inesattezze, pregiudizi e falsità"

Con Ivan Borroni di Life Wolfs Alps del CAI parliamo di tutte le "bufale" che circolano su questo animale, dalle migrazioni alle ibridazioni, fino al pericolo per l'uomo

Lupi nel Savonese? La parola all'esperto: "Basta con inesattezze, pregiudizi e falsità"

Il lupo è un animale affascinante nelle movenze, maestoso nella postura, penetrante nello sguardo, che da sempre, seppur con alterne vicende, popola i boschi del Savonese (e, in generale, della Liguria).

Eppure da un po’ di tempo a questa parte sembra che siano in atto campagne per demonizzarne la presenza: informazioni imprecise e notizie dal tono inquietante sono con buona probabilità frutto da una parte di una scarsa conoscenza della materia e da una parte, invece, di paure ataviche frutto di miti, favole e leggende. Da Cappuccetto Rosso, a Pierino e il Lupo, fino ai licantropi, il lupo è sempre stato descritto come animale spietato e inquietante.

Per fare chiarezza usando un approccio scientifico alla materia ci siamo rivolti a Ivan Borroni, responsabile del gruppo di studio sui grandi carnivori del CAI (Club Alpino Italiano) che ha aderito anche al programma di ricerca internazionale europeo Life Wolfalps.

Ci spiega Borroni: “Quello delle falsità sul lupo purtroppo non è un problema recente, ma va avanti da tempo ed è stato amplificato da internet. La regina assoluta delle bufale è quella secondo cui il lupo sarebbe stato introdotto: tutto ciò è rigorosamente falso. Mai successo in nessun posto d’Italia da parte di nessuno che venissero portati dei lupi dall’esterno. Il mito viene fomentato da foto di lupi che escono dalle gabbie: spesso però si tratta di animali malati che sono stati curati e poi rimessi in natura da associazioni ambientaliste, quindi in quel caso si tratta di una strumentalizzazione di immagini vere sfruttate al servizio di notizie false, ma nessuna introduzione è stata effettuata. Diverso è il discorso per l’orso in Trentino, dove questa specie era ormai ridotta ai minimi termini ed è stata ripopolata (sempre comunque su numeri minimi). Può succedere che alcuni lupi grigi arrivino per via totalmente naturale e non per introduzione nel Nord-Est italiano dai Carpazi e dall’ex Jugoslavia, ma sono fenomeni che in genere non riguardano la Liguria. Il lupo grigio è in ogni caso facilmente distinguibile dal lupus italicus. Ricordiamoci però che esistono casi di lupi che hanno percorso fino a 1000 km, fenomeno monitorato anche attraverso GPS, ma si tratta di migrazioni naturali”.

Prosegue Borroni: “Ecco un’altra celebre bufala: ma quindi il lupo con queste migrazioni diventerà infestante come le cimici? No, i lupi sono animali territoriali, per cui dove c’è un branco non può essercene un altro, a costo di battaglie anche mortali tra i vari esemplari. In genere un branco può arrivare al massimo, in casi eccezionali, fino a 10 o 11 soggetti, poi dal secondo anno di vita degli esemplari giovani avviene il fenomeno cosiddetto di dispersione. Quando si leggono notizie su branchi di 20 lupi sono certamente false.

Altro strafalcione clamoroso: quelli che in questi giorni dichiarano di aver visto una coppia con i cuccioli. Impossibile, perché il parto normalmente avviene attorno a maggio, quindi in questa stagione i giovani sono già grandi come gli adulti e indistinguibili da essi.

Merita un chiarimento anche l’ibridazione: è un fenomeno che succede soprattutto nel Sud Italia, dove non esiste una anagrafe canina e si avvistano talvolta branchi di cani rinselvatichiti. A Nord, però, ne sono stati avvistati a tutt’oggi soltanto due esemplari nell’Alessandrino. L’unico rischio potrebbe essere legato alla trasmissione del genoma del cane nel lupo, rendendolo più confidente nei confronti dell’uomo. Ma in questo caso va monitorato il randagismo, non il lupo”.

Borroni lancia un severo monito: “Il vero male nei nostri boschi non sono i lupi, ma i bocconi avvelenati. Purtroppo questo fenomeno si sta diffondendo, con l’erronea convinzione da parte di non so chi di tenere a bada dei predatori, ed invece non è altro che lo spargimento di un veleno nell’ecosistema. Chi compie un gesto del genere è un criminale senza se e senza ma”.

Concludiamo con il tema più importante: il pericolo per l’uomo. Anche in questo caso, l’esperto del CAI ci spiega nel dettaglio: “Da oltre un secolo non si registra neanche un singolo caso di aggressione a un uomo da parte di uno o più lupi. Il pericolo oggi per l’uomo è molto più elevato di fronte a uno sciame di calabroni, di vespe o con certi parassiti portatori di malattie, come le zecche. Le leggende di aggressioni specialmente ai bambini risalgono all’Ottocento, quando nel lupo esisteva la rabbia endemica (oggi debellata), ma soprattutto quando le famiglie mandavano bambini di 5 o 6 anni a fare già i pastori tra le pecore. E soprattutto, all’epoca, quando si parlava di aggressione alle bambine, probabilmente era soltanto un alibi per mettere a tacere il fatto che chi aveva approfittato della buona fede delle piccole pastorelle, non era certo un lupo… L’uomo non rientra mai nelle prede del lupo che, al contrario, cerca in ogni modo di evitare il contatto con la specie umana perché è ormai abituato a vedere questa figura atavicamente come un nemico dal quale mettersi in salvo senza cercare lo scontro”.

Alberto Sgarlato

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