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Savona | 22 gennaio 2025, 18:11

"M - Il figlio del secolo", Ghibaudo: "Mussolini fu meno teatrale, più indeciso e influenzabile. Ma buona l'opera tv che comunica impatto e non cade in errori clamorosi"

Il commento alla fiction Sky sul Duce tratta dai romanzi di Scurati: "La serie svolge un ruolo sicuramente meritevole, ovvero quello di interessare vaste schiere di spettatori televisivi, portandole all’approfondimento storico"

Paolo Ghibaudo

Paolo Ghibaudo

Dibattito acceso sulla rappresentazione storica nella serie televisiva "M - Il figlio del secolo", che ha suscitato opinioni discordanti sul ritratto di Benito Mussolini tratteggiato dalla produzione italo-francese di Sky diretta da Joe Wright e basata sull'omonimo romanzo del 2018 di Antonio Scurati. Un anno fa Paolo Ghibaudo, dottore di ricerca e docente ed esperto EU per la comunicazione, storico impegnato in saggi dell'età contemporanea e autore del libro "8 settembre: i segreti svelati - Indagine sui giorni che hanno cambiato l’Italia", commentava un'altra fiction, "La lunga notte - La caduta del duce", andata in onda su RaiUno. Qui di seguito una nuova intervista a Paolo Ghibaudo, questa volta su "M - Il figlio del secolo", in cui l'attore Luca Marinelli interpreta il "funesto ciarlatano" (definizione di Piero Calamandrei) tra il tragico e il farsesco, in uno svilupparsi degli eventi che alcuni hanno bollato come mancante di contesto storico mentre altri hanno elogiato per l'approccio grottesco e disturbante.  

"M - Il figlio del secolo", nella sua trasposizione televisiva, ha sollevato inevitabili reazioni e suscitato un dibattito pubblico. Dove sta il merito di questa produzione?  

La serie televisiva prodotta da Sky su Benito Mussolini svolge un ruolo sicuramente meritevole, ovvero quello di interessare vaste schiere di spettatori televisivi, portandole all’approfondimento storico. La storia, dopo un periodo buio in cui divenne la Cenerentola delle materie scolastiche, negli ultimi anni è tornata a essere centrale negli studi scolastici e, probabilmente, è anche meglio insegnata rispetto a qualche decennio fa. Ecco perché serie storiche ben fatte e ben prodotte come “M” hanno il pregio di suscitare interesse e – si spera – il desiderio di approfondire, avvicinando il pubblico a libri e saggi storici.

La serie è tratta dai romanzi di Antonio Scurati. Cosa ne pensa del loro approccio alla narrazione storica?  

Come noto, la serie prende ispirazione dai romanzi storici scritti da Antonio Scurati, ben quattro volumi pubblicati a partire dal 2019 con "M. Il figlio del secolo", un successo editoriale clamoroso e vincitore del premio Strega. Seguono, nel 2020, "M. L’uomo della provvidenza"; nel 2022, "M. Gli ultimi giorni dell’Europa"; e infine, nell’ottobre 2024, "M. L’ora del destino". Una quadrilogia che probabilmente proseguirà con almeno un altro volume, venduta in oltre un milione di copie complessivamente. Le serie storiche non sono certo una novità nell’editoria: basti ricordare, forse una delle più famose, quella di Max Gallo, storico francese, dedicata a Napoleone, che ha sicuramente ispirato Scurati in molti elementi. La vera novità di questi romanzi storici sta nel racconto in prima persona dei protagonisti, quasi si trattasse di diari tenuti dagli stessi personaggi, rendendo la narrazione “in presa diretta” e coinvolgendo emotivamente il lettore.

Qualcuno ha storto il naso di fronte alle lacune sul contesto, che non verrebbe adeguatamente approfondito, quasi a lasciare interamente la scena al "seduttore" Mussolini.

In realtà Scurati ha avuto il merito di toccare un argomento ancora oggi difficile, con un taglio, soprattutto nella prima opera, molto attento alle fonti e alla ricerca storiografica. Le stesse caratteristiche le ritroviamo nella serie televisiva. Lo spettatore riscopre le motivazioni profonde della genesi del fascismo, le ansie, le energie e le volontà scaturite dalla conclusione della carneficina assurda della Prima Guerra Mondiale, che cambiò nel fisico e nella mente gli uomini che vi parteciparono, e per sempre. Si comprende perfettamente, dunque, l’abilità straordinaria dell’uomo politico Mussolini, in realtà molto più prudente e timoroso di quanto non appaia nelle puntate di Sky.

E c'è chi ha stigmatizzato il fatto che la serie ritragga Mussolini in modo troppo teatrale e diverso rispetto alla realtà storica.

Mussolini fu, in definitiva, un avventuriero con capacità eccezionali che, grazie a caso, fortuna e intuizione – come solo la storia del XX secolo sa mixare – seppe emergere come colui che poteva garantire un mondo disordinato, violento e reazionario, determinato a contenere il crescente pericolo socialista prima e comunista poi. Occorre tuttavia osservare che la serie tv ci restituisce un Mussolini molto più appariscente, teatrale e proditorio di quello che in realtà fu: il futuro Duce, in privato, era spesso indeciso e facilmente influenzabile, a tal punto che era nota la sua tendenza a cambiare più volte idea nell’arco della stessa giornata. La stessa Marcia su Roma lo vide dubbioso e recalcitrante fino all’ultimo: sapeva circondarsi di uomini d’azione, molti dei quali si erano fatti le ossa sui teatri della Guerra Mondiale, guidandoli con fiuto e intelligenza, servendosi della loro violenza ma anche delle loro capacità d’azione, in un gioco cinico, sempre sul baratro del disastro. Mussolini non fu in realtà un giocatore d’azzardo, e giocò con il potere costituzionale una partita a scacchi di successo, cogliendo perfettamente il momento giusto con un “prodotto”, il movimento fascista, che sembrava essere la risposta più utile alle necessità di mantenere l’Italia in un contesto europeo al di fuori del furore rivoluzionario rosso.

In definitiva, che immagine del Duce emerge dalle puntate andate in onda sinora?

Le quattro puntate andate in onda fino ad oggi (altre quattro sono in programma il 24 e il 31 gennaio) raccontano l’avventura di un navigatore, prima ancora della storia, della pura cronaca, avendo capito dall’evolversi dei fatti lo spazio che si apriva davanti a lui come il possibile interprete sul campo della necessaria risposta al biennio rosso, ovvero agli anni in cui il mondo operaio accarezzò la possibilità di portare a termine una rivoluzione di classe anche in Italia. Le puntate, nel loro fluire talvolta un po’ marcato, restituiscono un protagonista troppo spavaldo rispetto alla verità storica, ma fanno capire bene come la Storia, e con essa i suoi protagonisti, sia spesso fatta anche di casualità, di combinazioni senza spiegazione apparente, di convergenze improvvise e clamorose che poco prima apparivano impensabili. Nelle puntate si riconosce un uomo spregiudicato che sa chiudere patti di ferro con grandi imprenditori e poteri economici, condizionando nel tempo persino i vertici della Nazione, a partire da Vittorio Emanuele III, che mai negherà una stima di fondo per il capo del fascismo.

È una fiction centrata soprattutto sul linguaggio del fascismo. 

Il Re, come i vertici istituzionali, si illusero di utilizzare il fascismo e il suo capo per normalizzare il Paese, ma scherzarono con il fuoco o, meglio, con un leader politico che inventò, per certi versi, un nuovo modo di comunicare in pubblico, creando di fatto anche un nuovo linguaggio politico dal successo travolgente. Mimica, gestione del tono, retorica e cura dell’immagine risultarono un clamoroso successo nell’Italia post-guerra, impaurita di non poter restituire una vita borghese o piccolo borghese a una massa enorme di sopravvissuti all’orrenda strage del 1914-1918.

Come appaiono i comprimari sulla scena di questo periodo esiziale della storia d'Italia?

I personaggi che circondano Mussolini sono descritti con puntualità e una certa precisione, senza indulgere in errori storici clamorosi. Molti saranno sorpresi, ad esempio, da un personaggio ben noto agli storici: Margherita Sarfatti, donna ebrea di cultura e intelligenza straordinarie, senza la quale Mussolini, con molta probabilità, sarebbe rimasto un politico come molti altri. A chiudere il cerchio di una buona opera tv, una regia sicuramente di grande impatto, improntata anch’essa a potenziare le capacità di un personaggio che, nella realtà, fu molto più calcolatore di quanto non fosse irruente e istintivo.

Redazione

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