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Al Direttore | 01 luglio 2025, 08:41

Istruzione, una mamma: "La scuola cambi e ascolti i bisogni reali per trasformare disagio in cambiamento"

Le riflessioni di una mamma del finalese tra esigenze dei ragazzi e l'ascolto del sistema

Istruzione, una mamma: "La scuola cambi e ascolti i bisogni reali per trasformare disagio in cambiamento"

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera arrivata alla nostra redazione: 

"Con la presente intendo portare all'attenzione delle autorità competenti una situazione che nel corso degli ultimi anni sta diventando sempre più insostenibile, frutto di una gestione scolastica che mostra gravi lacune su tutti i livelli".

"Dal punto di vista didattico, dal ministero giungono linee guida che indirizzano verso obiettivi generali dove è inesistente il contatto con la realtà, principalmente quella storica degli ultimi decenni, e dove le lingue sono proposte ad un livello talmente basso da mettere i nostri ragazzi in difficoltà, qualunque sia la scelta dell'indirizzo superiore, dal liceale al tecnico, al professionale. I docenti sono demotivati o scarsamente consapevoli del mestiere e sempre più spesso perdono di vista il vero obiettivo della didattica in senso stretto: insegnare un metodo".

"Per quanto riguarda l'organizzazione interna c'è ancora molto da fare, in questo anno scolastico ho vissuto in prima persona le difficoltà di una scuola che ha cambiato due dirigenti nel giro di tre anni: docenti allo sbaraglio e studenti dimenticati, professori precari cambiati ogni anno (anche due volte in un anno), gite o uscite didattiche prive di senso, cattiva gestione delle supplenze, smistamento degli alunni in altre classi a causa delle innumerevoli assenze degli insegnanti, problematiche relative al personale ATA, difficile gestione degli ammodernamenti strutturali. Non c'è limite a questa lista di criticità mal gestite a partire dai piani alti!".

"In merito al livello educativo e umano, ho riscontrato sulla pelle di mia figlia l'incapacità pedagogica che serpeggia all'interno di un corpo docente ormai portato allo stremo, che obbliga a riconoscere l'identità di un individuo attraverso la documentazione che lo rappresenta. È sconcertante constatare come i reali bisogni degli studenti vengano spesso ignorati, se non accompagnati da una documentazione clinica che ne certifichi l'esistenza. In un sistema che dovrebbe mettere al centro la persona, lo sguardo di un ragazzo che chiede aiuto Non basta più: serve una certificazione per ottenere il diritto di sbagliare e l'umanità si perde tra richiami e note disciplinari. Utopico ottenere dei programmi aperti all'educazione al sentimento, all'affettività, all'empatia, l'insegnamento è rigido e obsoleto scollegato dalla realtà come se il contesto culturale non fosse drasticamente cambiato e non richiedesse a gran voce una scuola capace di rispondere alle tematiche sociali. Il bullismo non è, purtroppo, l'unico tema degno di essere trattato tra le mura scolastiche e anche relativamente a questo argomento poco si riesce a trasmettere ai nostri giovani, il personale veramente preparato ha poche opportunità e spesso si ritrova con le mani legate da una burocrazia asfissiante. Raramente gli insegnanti hanno la capacità di intervenire direttamente nelle dinamiche conflittuali, delegando tale compito agli studenti, senza inquadrare una responsabilità individuale, neanche ove risulti essere evidente. Credo che il metodo della condivisione sociale della responsabilità venga troppo spesso utilizzato come modello educativo; ai nostri ragazzi la scuola deve insegnare a non voltarsi dall'altra parte, a rompere il silenzio anziché subirlo, a costruire il coraggio civile, ad esercitare il diritto di libertà e a riconoscere quello degli altri".

"La scuola è in crisi! Lo gridano a gran voce studenti, famiglie e insegnanti. Il problema non è solo la carenza di risorse, ma il clima culturale e istituzionale che sta lentamente soffocando il tentativo di alcuni di renderla viva, libera e giusta. La burocrazia lascia sempre meno spazio alla didattica, all'ascolto, al tempo vero con gli studenti. Gli insegnanti si sono trasformati in tecnici amministrativi, più occupati a compilare che ad educare. Il precariato scolastico è diventato insostenibile e il turn over di docenti, soprattutto in questo grado d'istruzione, è vergognoso. La segreteria annaspa tra le carte e ogni anno ci ritroviamo con nuove riforme (mai risolutive), nuove piattaforme web, nuovi regolamenti, nuovi documenti da compilare".

"Aggiungo che, sebbene l'emergenza sanitaria da covid-19 sia terminata da tempo, molte delle criticità emerse durante quel periodo continuano a farsi sentire, la pandemia ha avuto un impatto profondo e duraturo sul sistema scolastico. I nostri ragazzi hanno sperimentato in Dad un calo significativo dell'apprendimento, compromettendo irrimediabilmente le competenze di base, questo non è mai stato riconosciuto e il sistema scolastico è andato avanti dimenticando quegli anni. L'aumento di ansia e stress è documentato, soprattutto tra i giovanissimi, ma ad oggi non esiste un supporto psicologico all'interno della scuola secondaria di primo grado, dove l'adolescente, nel pieno della formazione del carattere, è abbandonato a se stesso, lasciato nelle mani di docenti spesso totalmente impreparati dal punto di vista pedagogico educativo. Sempre più rari i docenti capaci, ispiratori e autorevoli, competenti, aggiornati e aperti alle innovazioni, impegnati non solo a trasmettere nozioni, ma ad accendere la curiosità, stimolando il pensiero critico con la riflessione, contribuendo così a formare cittadini liberi e consapevoli".

"Chi di loro, riesce a trasmettere la passione per la conoscenza e dimostra fiducia nelle capacità degli studenti, lascerà un segno indelebile nella vita degli stessi; non ci si rende invece conto di quanto un professore incompetente possa influire negativamente nella crescita psicologica di un individuo".

"In tutto ciò il ruolo della famiglia ha assunto negli anni sempre più valore, l'alleanza educativa è ritenuta fondamentale per il successo formativo e personale degli studenti. Tuttavia, nella pratica quotidiana, questa relazione è spesso sbilanciata: alla famiglia si chiede molta presenza, ma le sue esigenze ed opinioni vengono spesso ignorate o svalutate. Un esempio lampante, in questo anno scolastico, è stato la completa disorganizzazione nella proposta del viaggio di studio, la classica gita. A tal proposito si è chiesto un parere ai genitori che, nella realtà dei fatti, non è stato minimamente preso in considerazione. La scuola, è assodato, non può educare da sola, così come la famiglia ha bisogno di un sistema scolastico empatico e responsabile. Mancano però l'ascolto reciproco e la fiducia, non esistono spazi di confronto e troppo spesso non si riesce a collaborare in modo costruttivo. La comunicazione scuola famiglia è la maggior parte delle volte unidirezionale: la scuola parla, la famiglia ascolta. Così facendo l'alleanza educativa crolla e il patto formativo è solo l'ennesimo documento depositato in segreteria. Concludo dicendo che non possiamo più ignorare il malessere diffuso che attraversa il nostro sistema scolastico, la scuola media, al centro di questa denuncia, non può ridursi ad uno stallo momentaneo, ad una fase di transizione più che ad un momento formativo con valore proprio. Il disagio pre-adolescenziale (o addirittura pienamente adolescenziale) non è accolto in modo adeguato, i talenti non vengono valorizzati, la passione non si accende e la fiducia nel futuro viene a mancare. Gli studenti si trovano in una terra di mezzo: troppo grandi per essere considerati bambini, troppo piccoli per sentirsi davvero protagonisti del proprio percorso". 

"La mia denuncia non vuole essere solo una critica al sistema e al vissuto di questi anni, denunciare non significa distruggere, ma creare consapevolezza, è l'atto di chi non accetta il silenzio, ma sceglie di trasformare il disagio in occasione di cambiamento. Dopotutto, 'una scuola che non ascolta è una scuola che ha smesso di educare'".

Katia Ravera

Lettera firmata

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