È l’opera considerata tra le più decisive per la mobilità ligure del prossimo decennio: il raddoppio ferroviario tra Finale Ligure e Andora sta entrando in una fase nevralgica: la Regione, nei giorni scorsi, ha espresso parere favorevole sulla conformità urbanistica e paesaggistica del tracciato proposto da Rfi, aprendo a una nuova stagione di analisi, negoziazioni e aspettative locali.
Il via libera, che resta subordinato all’esito della Valutazione di Impatto Ambientale del ministero, non è soltanto un passaggio tecnico. È un segnale politico che indica la volontà di tenere il cronoprogramma: cantieri entro il 2028, sette anni di lavori e un investimento stimato in oltre due miliardi di euro. Una prospettiva che, su un territorio complesso come quello costiero savonese, non può che generare reazioni molto diverse.
Ogni Comune coinvolto, infatti, si trova a gestire un equilibrio particolare tra opportunità e criticità. A Pietra Ligure, per esempio, le preoccupazioni riguardano soprattutto le fragilità geomorfologiche dell’area individuata per la nuova fermata e la tutela della zona archeologica prossima al futuro tracciato. Loano, invece, vive quasi un sollievo anticipato: con il nuovo percorso a monte sparirà l’attuale stazione e con essa anche i sette passaggi a livello che da decenni condizionano la viabilità cittadina. Una trasformazione che molti amministratori leggono come un’occasione per ridefinire l’assetto urbano.
Più complessa la situazione a Borghetto Santo Spirito, dove la prospettiva di ospitare una nuova fermata porta con sé interrogativi sulle compensazioni necessarie per bilanciare un sacrificio urbanistico considerato significativo.
Il baricentro della discussione resta però Albenga, il Comune più esteso e quello dove l’impatto agricolo e paesaggistico potrebbe essere più marcato. Il sindaco Riccardo Tomatis lo dice chiaramente: “Come Comune abbiamo predisposto osservazioni sia tecniche sia politiche. Parliamo del 2% del valore dell’opera, pari a 50 milioni di euro complessivi, che chiederemo vengano dedicati in buona parte ad Albenga, proprio perché è il Comune che subirà maggiormente l’influenza dello spostamento”.
Tra le richieste avanzate spiccano la programmazione della viabilità prima dell’apertura dei cantieri, la tutela dei proprietari coinvolti negli espropri, la definizione del destino dell’attuale linea costiera – destinata a diventare pista ciclopedonale –, oltre alla proposta di utilizzare lo smarino per il ripascimento del litorale. Nel documento figurano anche interventi sulle Vallette, nuovi impianti sportivi, ampliamenti scolastici e opere di supporto all’agricoltura. “Impedire questa operazione non è possibile: il nostro obiettivo è ottenere il più possibile in questo contesto”, aggiunge Tomatis.
La minoranza albenganese si muove su un altro fronte, con osservazioni distinte. “Ci siamo concentrati ulteriormente su viabilità e logistica, perché la piana ne uscirà fortemente danneggiata – spiega il consigliere Nicola Podio –. Abbiamo approfondito anche il tema del riutilizzo delle importantissime aree ferroviarie e degli scarichi a mare, che vanno ripensati”.
Alle preoccupazioni tecniche si aggiungono quelle del Comitato Territoriale, da tempo schierato contro il progetto. Durante un recente incontro organizzato da Fratelli d’Italia ad Albenga, si sono levati dubbi sull’impatto ambientale, sulla perdita di accessibilità ferroviaria in fascia costiera e sul rischio di una profonda alterazione del paesaggio agricolo.
Intanto, mentre il confronto continua e Rfi procede nella definizione del tracciato a monte, si apre anche il capitolo sul futuro dell’ex sedime ferroviario: il Mit, insieme a Regione e Rfi, ha avviato il tavolo tecnico per trasformare la linea dismessa in una grande ciclopedonale da Andora a Finale, sulla scia del modello già realizzato tra San Lorenzo e Andora.














