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Attualità | 09 novembre 2019, 08:15

Albenga, primi bilanci del controllo del vicinato: "Non siamo eroi né sceriffi, siamo solo innamorati della nostra città"

La Prefettura di Savona ha approvato il controllo del vicinato ad Albenga. Gli operatori: "Osserviamo sempre la massima prudenza nelle nostre uscite, ma i nostri quartieri non sono così problematici come sono stati dipinti negli anni"

Albenga, primi bilanci del controllo del vicinato: "Non siamo eroi né sceriffi, siamo solo innamorati della nostra città"

“Cominciamo subito con un grazie a tutte le forze dell’ordine, tutte indistintamente, che stanno dando il massimo per rendere Albenga una città più sicura. Ma dobbiamo essere anche consci del fatto che le forze dell’ordine non possono fare più di così. Ora tocca a noi cittadini fare la nostra parte”.

Su questi presupposti è nato ad Albenga il controllo del vicinato: “Non siamo né eroi, né sceriffi. Al contrario: non facciamo mai nulla che ci possa esporre a situazioni di pericolo. Il nostro solo compito è spostarci, osservare, vigilare e segnalare ogni situazione sospetta o anomala alle forze dell’ordine. Noi siamo i loro occhi e loro sono i nostri”.

Con atto formale della Prefettura di Savona il controllo del vicinato è stato ufficialmente riconosciuto a partire dal 23 ottobre, data del primo incontro con le autorità albenganesi: il sindaco Riccardo Tomatis, l’assessore Mauro Vannucci e i vertici del Comando di Polizia Locale. A un paio di settimane dalla partenza abbiamo incontrato due dei fondatori di questo progetto (evitiamo di menzionare i loro nomi per ragioni di massima discrezione) per tracciare un bilancio di questa fase iniziale.

“Vogliamo dire grazie al Prefetto per avere ascoltato e accolto le nostre richieste. E naturalmente grazie a tutta l’amministrazione comunale: avevamo già presentato il progetto durante l’amministrazione Cangiano ed esso è andato avanti anche dopo il passaggio all’amministrazione Tomatis. Grazie quindi al sindaco, all’ex sindaco e all’assessore Mauro Vannucci, sempre presente e disponibile”.

In quali zone state operando?

“Il nostro nucleo è partito dal vasto quadrilatero che va da viale Pontelungo a via Dalmazia, viale VIII Marzo, via Patrioti. Ma realtà simili alla nostra hanno praticamente già preso forma o stanno per nascere in un percorso graduale nel centro storico, a Vadino, a Leca, a Campochiesa, a Lusignano, a San Fedele… Presto il controllo del vicinato sarà totale”.

Come vi è apparsa la situazione?

“Albenga non è affatto così problematica come la si dipinge. Al contrario è una città mediamente tranquilla. Soprattutto il quartiere di Pontelungo, che non comprende solo il viale ma anche le numerose traverse, è stato fin troppo demonizzato negli anni da una cronaca molto enfatica”.

E a proposito di vicinato, come sono i rapporti di vicinato tra attività commerciali italiane e straniere in un quartiere così multietnico come Pontelungo?

“Abbiamo incontrato numerosi commercianti stranieri e abbiamo dialogato con loro. Sono i primi che vogliono una città tranquilla per dimostrare che esiste un’immigrazione che lavora e che non crea problemi”.

Quindi problemi veri e propri non esistono?

“In realtà sì, non sarebbe nemmeno giusto dipingere troppo entusiasticamente un mondo perfetto. Sporadici episodi nel weekend possono essere legati a minorenni che non hanno problemi a procurarsi qualche birretta di troppo. In quel caso noi del controllo del vicinato siamo i primi a sottolineare che non si deve fare opera di repressione ma di prevenzione. Bisogna spiegare a questi ragazzi che l’alcool in corpo o magari una ‘canna’ sono cose che non fanno bene prima di tutto alla salute. Questo percorso educativo e formativo deve partire prima di tutto dalla famiglia e poi estendersi ad altri ambienti, come la scuola o l’educazione stradale, che non vuol dire solo conseguire la patente dell’auto o della moto, ma anche essere prudenti e attenti quando ci si muove a piedi o in bicicletta, per esempio. Noi osserviamo anche questo, anche i ragazzi che vanno in due in motorino in pieno giorno, o senza casco, perché ci occupiamo di sicurezza a 360 gradi”.

Alberto Sgarlato

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