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Attualità | 20 marzo 2020, 10:00

Venerdì con... #Immaginafamiglie. Il parere degli psicologi per "capire" la pandemia

Oggi la nostra consueta rubrica quindicinale "raddoppia", con ben due articoli realizzati da due psicologi dell'associazione Immaginafamiglie

Foto di Silvio Massolo (www.silviomassolo.com)

Foto di Silvio Massolo (www.silviomassolo.com)

PANDEMIA, FERMARSI UN ATTIMO PER CAPIRE

dal sintomo al sistema.

Riflessione dello psicologo Alfredo Sgarlato

L'emergenza sanitaria che ci coinvolge tutti in questi giorni mi porta a fare una riflessione più allargata. Prendo spunto da queste parole dello scrittore inglese Mark Fisher: “La pandemia di angoscia mentale che affligge il nostro tempo non può essere capita adeguatamente, né curata, finché viene vista come un problema personale di cui soffrono singoli individui malati".

La cultura dominante, utilitaristica e reazionaria, rifiuta l'idea della sofferenza psichica come sofferenza di un tutto, che comprende corpo, psiche e ambiente in cui viviamo. Aldilà di pochi specialisti non si comprende il concetto di sistema, di cui tutti siamo parte, e che può avere un funzionamento disfunzionale.

La sofferenza viene ridotta al semplice sintomo, che viene aggredito solo farmacologicamente, perché ciò comporta meno spesa e meno coinvolgimento emotivo, sia da chi cura che da chi è curato. L'idea di una componente sociale del disagio psichico viene rifiutata come se fosse ideologia vetero marxista, quando invece è il frutto di un secolo di ricerche sulla psiche.

Dobbiamo tutti cambiare il modo di vedere le cose. Pensarci come un tutto che è maggiore della somma delle sue parti. La psicologia sistemica ci insegna a leggere un vincolo come una possibilità: dobbiamo imparare da questo contagio globale una visione del mondo, della società, della salute, in cui ognuno è sì un piccolo mattoncino del muro, ma se si rompe è una mancanza per tutti.

RIFLESSIONI LIBERE (MA IN QUARANTENA) DI UNA MAMMA PSICOLOGA

Riflessione della psicologa Valeria Pavan

Goccioline di pioggia appese ai fili per stendere. Anche il tempo ci si è messo in questi giorni per rendere tutto più difficile. Il terrazzo è la mia nuova ora d’aria e da qui osservo sprazzi di cielo grigio, sento qualche voce distante, macchine, poche, che passano. Mai avevamo sperimentato una cosa del genere. Un nemico invisibile ha paralizzato il mondo, forse non ancora tutto ma presto sarà così. Nel frattempo, noi siamo da qualche giorno chiusi in casa, per un decreto legge molto drastico, l’ultima estrema misura di sicurezza per cercare di arginare l’espandersi veloce di questo virus. Il COVID-19.

Qualche settimana fa non avrei pensato che saremmo arrivati a tanto. E forse come me, anche gli altri non l’hanno pensato e hanno continuato a vivere le loro esistenze, incuranti o quasi di quello che stava accadendo lontano da noi, in Cina dove tutto è iniziato. Ma vanno sempre così le cose, “è distante, non riguarderà mai noi, figuriamoci”. E invece eccoci qui, ad abitare come non mai le nostre case, a sentircele strette in molti momenti, in altri unica fonte di protezione, di sicurezza. Tantissime persone stanno utilizzando i social per quello per cui sono nati, comunicare quando si è distanti.

E ora siamo tutti molto distanti, non ci si può vedere con la famiglia di origine, con gli amici, non si prende il caffè al bar, non si fanno le passeggiate in centro.

Tra i mille pensieri che balzano nella mia testa, da quando ho un sacco di tempo libero per pensare, c’è quello che forse, per fortuna, i social non ci avevano poi cambiato fino in fondo, nell’animo. Siamo e rimaniamo animali sociali, e oggi, come non mai, sentiamo la mancanza per la vicinanza fisica con le persone, la mancanza per gli incontri, per gli appuntamenti fisici, per le strette di mano, gli abbracci. Un pensiero che circola su tutti è che da questo fenomeno che impatta enormemente sulla nostra sanità, sulla nostra economia, sulle nostre vite, dovremmo uscirne cambiati, più consapevoli di quello che abbiamo sempre avuto, e che d’un tratto ci è stato tolto, ossia la libertà di uscire, come si vuole, quando si vuole, dove si vuole, senza bisogno di autocertificazioni, mascherine e guanti in lattice.

Ci è stata tolta la libertà ma ci è stato restituito tempo. Quanto tempo è, appunto, che vivevamo in affanno? Una continua corsa per arrivare, non si sa dove, bastava arrivare. E ora quasi tutto si è fermato, tranne le cose veramente essenziali, e le persone, altrettanto essenziali, che permettono di portarle avanti. E noi ci sentiamo smarriti, forse pensavamo di essere essenziali anche noi, e invece dobbiamo rimetterci al nostro posto, pazientemente, e aspettare. Aspettare e confidare. Confidare che dopo quello che stiamo vivendo segua un periodo di rinascita e lenta crescita. Sì, lenta. Credo che dovremo imparare a rallentare. Per ora teniamo duro, impariamo a gestire in maniera diversa il nostro tempo, proviamo a fare qualcosa che rimandiamo da un po’ (per me per esempio scrivere, mi piace molto farlo, ma ho, avevo, poco tempo e purtroppo anche poche idee). E immaginiamo come festeggiare la fine di questo periodo, perché, di certo sarà un periodo. Come è iniziato, finirà!

Gli autori di questo articolo:

Alfredo Sgarlato, nato a Ceriale l'8/1/1963 è psicologo e mediatore familiare. Iscritto all'albo degli psicologi della Liguria, ha avuto esperienze nel campo delle residenze per psicotici, delle tossicodipendenze, nella scuola e nella libera professione. Alla professione di psicologo aggiunge un'intensa attività di volontariato presso l'Unitre Comprensoriale Ingauna (di cui è anche stato presidente) e altre associazioni culturali del territorio, e nel tempo libero si occupa di giornalismo culturale Valera Pavan, psicologa psicoterapeuta Sistemico relazionale e terapeuta famigliare e socia fondatrice dell' APS ImmaginaFAMIGLIE.

Sono la Dott.ssa Valeria Pavan una terapeuta accogliente e empatica, curiosa delle storie dei miei pazienti e motivata a guidarli nel cambiamento. Il mio approccio terapeutico si basa sulla "cura" delle relazioni. I problemi delle persone sono problemi di relazione e pertanto il mio approccio si incentra sulla modifica di modelli relazionali non funzionali. Elaboro percorsi volti alla soluzione di disturbi psicologici quali ansia, depressione, fobia, insonnia, stress, ma anche crescita personale. La curiosità, lo sguardo ampio sul problema, la capacità di mostrare al paziente altri punti di vista. Prendo il mio lavoro molto seriamente, non do risposte affrettate e sopratutto cerco di condurre il paziente alla ricerca della risposta che fa per lui. Il lavoro terapeutico con me è senza dubbio il primo passo per cambiare ciò che non vi fa stare bene. 

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