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Attualità | 29 marzo 2020, 10:30

La fiaba della domenica: "Canarina la postina"

Dentro la gabbia dei canarini c’è tutto un mondo carcerato: una toccante metafora di questi giorni di "clausura" legati al Coronavirus

La fiaba della domenica: "Canarina la postina"

Dentro la gabbia dei canarini c’è tutto un mondo carcerato: il canarino, per definizione, e nella mente di tutti gli umani è l’uccello dentro la gabbia, felice in gabbia, sereno in un carcere dorato con ciotole piene di becchime, acqua a volontà e la sua fedele canarina sempre pronta a cantare per lui.

Il canarino, è certo, fuor di gabbia muore, diviene succulento pasto di gatti di strada o carcassa dilaniata a brandelli da gabbiani famelici.

Ma non fu sempre così.

Un tempo molto lontano i canarini erano uccelli molto liberi e molto organizzati, capaci di darsi una struttura sociale ove ciascuno aveva ilo proprio compito, dal più potente canarino sindaco o sindacato al più umile canarino spazzino o postino.

Ma poi, si sa, l’omologazione, gli stereotipi, la pubblicità occulta o palese, la diffusione dei costumi imitativi e dei prodotti superflui hanno radicalmente mutato il mondo degli uccelli in una specializzazione di compiti non dissimile da quella che caratterizza il mondo degli umani.

E così la gazza fa la ladra, la rondine torna al tetto, il canarino sta in gabbia e fa il carcerato, il pappagallo parla e fa il giornalista e il piccione, viaggiatore e un po’ sornione, fa il postino recapitando missive d’amore e di morte di chi, o non avvezzo, o sospettoso, non delega alle e-mail i propri pensieri destinati al lontano.

La nostra storia, però, ci riconduce a quel tempo remoto ove i canarini erano fieri della loro libertà e non avevano ancora imparato a ingozzarsi del cibo industriale dei loro carcerieri, cibo indifferentemente proponibile a conigli, furetti, gatti, tartarughe e, appunto, canarini.

In particolare la nostra storia si svolge nel paese di Corniglio, piccolo e sperduto tra i monti ove la quiete del campanile della chiesa è turbata solo, a tratti, dalle campane del campanile della chiesa, ove il tremore verde dell’erba alta disturbata dal vento lo si può sentire a distanza, ove l’azzurro terso del cielo d’estate si fonde e si mescola agli azzurri pensieri dei canarini che liberi volano alleviando la calura con il battito delle loro ali.

A Corniglio, come in tutto il mondo dei canarini, ognuno aveva il suo ruolo e la sua funzione: Peppone il barista, burbero canarino d’età che trovava il sorriso nel mescere il vino, Pizzato il dottore, ancora più burbero, ma capace di curare ogni forma di malessere in ogni tipo di uccello, Luigi il sacerdote, proteso a perdonare i peccati dei canarini birichini, Donnino il sartino, ineguagliabile a coprire le piume infreddolite, con i vestiti di frasche, Carletto il macellaio, canarino di poche parole, instancabile lavoratore e la nostra protagonista, Angiolina la postina.

Angiolina era una piccola canarina, molto minuta, ma dotata di una incredibile forza e di un’instancabile volontà che, di giorno o di notte, con il sole o con la neve, portava nel suo becco le buone e le cattive notizie agli uccelli di tutto il circondario.

E non solo agli uccelli.

Ad esempio, Compare Asino, trasportatore del luogo, aveva molti rapporti d’affari e così Angiolina, quasi ogni giorno, portava a lui lettere e fatture; e poi Comare Talpona, ricca ereditiera, che riceveva incessantemente per posta proposte di matrimonio.

E poi, essendo Corniglio ubicato in una povera zona di contadini e avendo molti animali, tra cui molti canarini, dovuto emigrare, quante lettere e quanti pacchi giungevano dall’estero!

Dalla Francia, dal Belgio, dal Paraguay, dagli Stati Uniti, persino dalla lontanissima Australia!

E giorno dopo giorno, ora dopo ora, colpo d’ala dopo colpo d’ala, Angiolina la postina era la latrice dei sentimenti altrui.

Ma lei, piccola e umile canarina, pur non permettendosi mai di leggere la posta altrui, aveva uno strano potere di intuizione: lei capiva, al tatto del suo becco, il contenuto della missiva.

E volava veloce come il vento quando capiva che la posta portava notizie di nascite, battesimi, matrimoni. Se nasceva un vitellino in Francia o un bambino in Argentina e i genitori volevano far sapere ai parenti rimasti a Corniglio la loro immensa gioia e invitarli a condividere il lieto evento, Angiolina restava anche senza fiato volando a portare la lieta novella.

Ma se la sua particolare sensibilità le faceva capire che era avvenuto un lutto in una famiglia e che la missiva era intrisa di lacrime o era stata scritta quando di lacrime non ve n’erano più, le ali le divenivano come piombo, il suo piccolo grande cuore si stringeva e quasi le smorzava il respiro: ma doveva, doveva andare, doveva portare ai parenti una parte di dolore, con l’unica consolazione che quel dolore, se condiviso, diveniva più sopportabile.

A Corniglio non vi era solo il tempo del verde dell’erba e dell’azzurro del cielo.

Corniglio era famoso per i suoi rigidi inverni, quando una fitta coltre di neve ricopriva ogni cosa e ogni luogo, ghiacciando persino l’aria, oltre che alberi e tratturi, e agghiacciando tutti coloro che dovevano avventurarsi a piedi, a zampe o in volo per i ripidi sentieri del territorio.

Ma la posta doveva arrivare a destinazione!

E Angiolina aveva un altissimo senso del dovere, unito al suo forte sentimento di partecipazione alle vicissitudini dolci o nefaste degli altri.

E lei andava, volava di nido in nido, di stalla in stalla, di casa in casa, senza sosta, non aspettando il domani, anche la notte, per portare subito, al più presto possibile, le notizie al suo prossimo.

Quante volte rischiò di non farcela! Quante volte, chiusa nella morsa della tormenta, temette di morire, con l’unico cruccio che con lei sarebbe rimasta sepolta nella neve anche la posta! Quante volte le sue piccole ali, battute dalla pioggia, sferzate dal vento o tempestate dalla grandine rischiarono di spezzarsi e di lasciarla a morire nel fango!

Ma lei, la piccola Angiolina, era più forte, più forte della tormenta, più salda del ghiaccio, più costante del battito della pioggia sul selciato, con il cuore più caldo della più afosa delle giornate e con l’anima più limpida della più tersa delle mattinate.

E la sua forza, la sua voglia di portare le notizie, consolando se brutte e gioendo se belle, erano belle da vedersi!

Erano cariche di una carica vitale davvero impensabile in un esserino così piccolo!

Erano così affascinanti da rendere Angiolina affascinante e rassicurante, madre e messaggera, postina e consolatrice.

Ma sempre in ombra: era dietro la notizia, oscurata dalla notizia, cancellata dalla notizia. Come quando si fa rifornimento di carburante e, distrattamente, si paga ad un volto anonimo, come quando si compra un giornale e ci si proietta sui titoli senza neppure vedere la mano che ce lo porge, così capitava a Corniglio quando Angiolina arrivava trafelata con la sua posta.

Chi riceveva la posta certo salutava Angiolina con grazia e gentilezza, ma era un attimo fuggente, la lettera diveniva il centro subitaneo dell’interesse e la postina scivolava in secondo piano.

Ma lei, piccola canarina, non si crucciava di ciò: le bastava aver fatto il suo dovere, la riempiva il partecipare intimamente e in silenzio alle gioie e ai dolori dei suoi paesani.

La sua coscienza era a posto: la posta era stata in fretta recapitata, con ogni avversità e ogni intemperia, la notizia aveva scaldato i cuori o raggelato gli animi, ma il pensiero di chi era lontano era giunto a destinazione, l’emozione di chi era emigrato era stata condivisa, il pacco dono aveva allietato il cucciolo a cui lo zio aveva pensato.

Il tempo passò, Angiolina invecchiò, la posta cambiò.

Prima i piccioni viaggiatori, poi i fax e infine le e-mail e gli sms mutarono radicalmente lo scambio tra individui, polverizzando le distanze e rendendo lo spazio e il tempo una mera opinione.

La frenesia del mondo moderno mise Angiolina in soffitta e rese inutile il suo defatigante battito d’ali, rendendo anche la sua partecipazione alle notizie come un bagaglio ingombrante, risibile e ridondante come un vecchio costume di scena.

Così Angiolina se ne andò in un grigio pomeriggio d’inverno, volò per l’ultima volta verso il meritato riposo.

E voi direte: “nell’oblio più assoluto, nella solitudine e nell’assenza di un qualsiasi ricordo da parte degli altri!”.

E invece no!

A Corniglio, così come in tutto il territorio circostante, nessuno ricorda il sindaco Giulietto, o il sindacalista Torpedo, o l’ereditiera Talpona, pochi ricordano il professore Corvacci o il notaio Sigilli, ma , ancora oggi, tutti, ma proprio tutti ricordano la postina Angiolina, umile portatrice di emozioni altrui, deliziosa messaggera del destino che, altro che rimanere in ombra, splende nel sole del cuore di tutti come un indelebile e sicuro approdo.

Testo tratto da:

Narrazione e luoghi - per una nuova intercultura

A cura di Maria Cristina Castellani e Giancarlo Malombra

Prefazione di Maria Rita Parsi

Franco Angeli Editore.

NARRAZIONE E LUOGHI 

Un viaggio attraverso i libri. Luoghi della narrazione e paesaggi recuperati con la lettura. Un percorso particolare e uno dei modi più affascinanti di esplorare territori e ricavarne esperienze da condividere con altri. A fare da guida è la dimensione interculturale, non come esotismo ma come dialogo con l’altro. Abbiamo scelto una via che guida verso case e città costruite dalle parole degli autori. Verso gli itinerari della conoscenza suggeriti dalle fiabe. Dall’Italia, paese “dove fioriscono i limoni”, all’America Latina, dalla Via della Seta all’Appennino.

Dai luoghi della Bibbia ai boschi delle fiabe dei Grimm. E se l’itinerario non è tracciato realisticamente? Interviene il viaggio della conoscenza, che ci fa riflettere sulla universalità di alcuni luoghi letterari: fra fiaba e realtà. Per conoscere meglio se stessi e gli altri. Il volume – che si avvale dei contributi di Alice Avenoso, Elvezia Benini, Marco Carpi, Emilia Michelazzi, Franca Ruggeri e Franco Verdona, oltre che degli stessi curatori – si rivolge agli insegnanti di ogni ordine e grado, agli studenti universitari, a chi viva l’esperienza interculturale nel-la formazione ma soprattutto ai lettori appassionati di viaggi, reali e virtuali.

Maria Cristina Castellani è professore a contratto di Pedagogia interculturale alla Facoltà di Lin-gue dell’Università di Genova. Già dirigente tecnico del MIUR, ha insegnato Pedagogia intercultu-rale all’Università per Stranieri di Perugia. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni di educazione linguistica ed interculturale Fra le sue recentissime pubblicazioni, MateriAli per l’insegnamento del’italiano a stranieri adulti (2012) e Raccontami la Tua Terra-Lezioni di Lingua e Cultura italiana per stranieri e non (2012).

Giancarlo Malombra, dirigente scolastico e professore di Psicologia sociale, dirige e organizza la formazione per operatori scolastici, lavorando da tempo sulla prevenzione del disagio e della devianza minorile. È autore di testi sull’organizzazione complessa, tra cui Personalità, stile e burocrazia (2005) , di testi esegetici sui Programmi per la Scuola primaria, di guide didattiche e testi operativi per la scuola e di numerosi saggi pedagogici e didattici. Ha pubblicato per i nostri tipi, con E. Benini, Le fiabe per affrontare i distacchi dela vita (2008), Le fiabe per sviluppare l’autostima (2009), Le fiabe per vincere la paura (2010), Le fiabe per affrontare la solitudine (2012). 

Associazione Pietra Filosofale

L’Organizzazione persegue, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante l’esercizio, in via esclusiva o principale, delle seguenti attività di interesse generale ex art. 5 del D. Lgs. 117/2017:

d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa;

i) organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale di cui al presente articolo;

k) organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;

In concreto l’associazione, già costituita di fatto dal 27 gennaio 2016 e che ha ideato e avviato il concorso letterario Pietra Filosofale di concerto con l'amministrazione comunale, intende proporsi come soggetto facilitatore, promuovendo e stimolando proposte di cultura, arte e spettacolo sul territorio, organizzazione di eventi culturali e/o festival, ideazione e promozione di iniziative culturali anche in ambito nazionale, costruzione, recupero e gestione di nuovi spazi adibiti a luoghi di Cultura Permanente, anche all’interno di siti oggetto di riqualificazione e/o trasformazione quali ad esempio l’ex Cantiere Navale di Pietra Ligure, come già attuato nel 2018 presso la Biblioteca Civica di Pietra Ligure, ove ha curato un percorso specifico di incontri dedicati alla salute e al benessere attraverso il progetto Il sogno in cantiere": il sogno, in onore e ricordo del cantiere navale che un tempo a Pietra Ligure ha dato vita a tante navi che sono andate nel mondo, vuole ritrovare nel “Cantiere” il luogo di cultura permanente dove poter trascorrere un tempo dedicato al pensiero del cuore, per nutrire l'anima con letture, scrittura creativa, musica, conferenze, mostre.

La “Filosofia dell'associazione” è quella di ridare vita al "Cantiere" in una nuova forma e in un nuovo spazio, ma con lo stesso intento di progettare e costruire "mezzi" speciali, per poter viaggiare con l'immaginazione, strumento di fondamentale importanza per creare spazio e tempo migliori in cui vivere.

L'Associazione vuole favorire l'alchimia di differenti linguaggi, promuovendo spazi di arte, cultura e spettacolo, convogliando le energie nascoste, rintracciando il messaggio archetipico attraverso la narrazione, tentando di recuperare i meandri del proprio Sé, per creare momenti di incontro, scambio e ascolto e per gioire dell'Incanto della Vita. L'aspetto narrativo si è già concretizzato nel 2016 attraverso l'esperito Concorso letterario sulla fiaba; la fiaba è metafora di vita: se il suo linguaggio è ricco e articolato, anche la vita, di conseguenza, sarà ricca e articolata, capace, come per i personaggi delle fiabe, di conservare una nicchia di libertà che faccia considerare l'alterità, l'altro, come un patrimonio da tesaurizzare. L'intento è quindi quello di compiere il “varo” di un “Festivalincantiere” quale contenitore di numerose iniziative, in primis il recupero del concorso letterario sulla fiaba, per poter consentire di viaggiare con l'immaginazione, strumento di fondamentale importanza per creare uno spazio e un tempo migliori in cui vivere e per offrire al Comune l'ampliamento della propria visibilità culturale sia a livello locale sia nazionale e oltre.

«I luoghi hanno un'anima. Il nostro compito è di scoprirla. Esattamente come accade per la persona umana.» scrive James Hillman

La triste verità è che la vera vita dell'uomo è dilacerata da un complesso di inesorabili contrari: giorno e notte, nascita e morte, felicità e sventura, bene e male. Non possiamo neppure essere certi che l'uno prevarrà sull'altro, che il bene sconfiggerà il male, o la gioia si affermerà sul dolore. La vita è un campo di battaglia: così è sempre stata e così sarà sempre: se così non fosse finirebbe la vita. (C.G.Jung, L'uomo e i suoi simboli)

Pedagogia della fiaba

La fiaba è metafora di vita: se il suo linguaggio è ricco e articolato, anche la vita, di conseguenza, sarà ricca e articolata, capace, come per i personaggi delle fiabe, di conservare una nicchia di libertà che faccia considerare l'alterità, l'altro, come un patrimonio da tesaurizzare e non come un competitor o peggio come un diverso stigmatizzabile in minus da omologare coercitivamente. 

 

"L'aspetto linguistico così intenso ed evocante contesti e costrutti, spesso caduti nell'oblio, è il necessario contenitore, è la pelle del daimon che consente a ciascuno di riappropriarsi di conoscenza e di dignità, ricordando a tutti e a ognuno che l'ignoranza è la radice di tutti i mali". (Giancarlo Malombra in "Narrazione e luoghi. Per una nuova Intercultura", di Castellani e Malombra, Ed Franco Angeli). 



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