Bloccati tra Albenga e Borghetto, da quattro mesi vivono senza residenza, sanità e assistenza. "Siamo fantasmi in patria".
Da quattro mesi vivono nell’ombra, senza diritti. Marco Sarli, 70 anni, la moglie straniera di 50, la figlia di 17 e una nipotina di appena 16 mesi sono rientrati in Italia dopo decenni all’estero, sognando una nuova vita. Ma hanno trovato un muro. Oggi sono senza residenza, senza assistenza sanitaria, senza accesso ai servizi. Invisibili.
“Vaghiamo tra Albenga e Borghetto come fantasmi”, racconta Sarli. La sua ultima residenza italiana era a Borghetto Santo Spirito. Prima del rientro, secondo quanto riferito da Sarli, l’ambasciata aveva assicurato un percorso chiaro: presa in carico dal Comune e accesso a un fondo per i rimpatri. “Ci avevano detto che il Comune di Borghetto Santo Spirito, dove ho avuto l’ultima residenza in Italia quasi 40 anni fa, era stato avvisato, che ci avrebbe presi in carico. Ci siamo fidati. Ma ci siamo ritrovati soli”, dice.
Dopo aver affittato un alloggio turistico ad Albenga, la famiglia ha finito in fretta i risparmi. E da lì è iniziato un estenuante ping-pong tra uffici pubblici: da Borghetto, che si dice vincolato dal fatto che la famiglia abita effettivamente ad Albenga, al Comune ingauno, che indicava Borghetto come Comune competente.
Nel frattempo, la famiglia è bloccata. “Senza residenza non possiamo fare nulla: niente Isee, niente sanità, niente aiuti. Io ho il diabete, ho bisogno di farmaci. Mia moglie potrebbe lavorare, ma non parla ancora italiano e lo sta studiando. E ho paura che ci portino via la piccola”, dice Sarli.
Il sindaco di Borghetto, Giancarlo Canepa, esprime preoccupazione: «Umanamente la situazione mi tocca molto, ma le norme ci impediscono di intervenire su chi risiede in un altro Comune. Mi sono confrontato con il sindaco di Albenga che non conosceva il caso. La volontà comune è quella di trovare una soluzione. Anche se il Comune di Borghetto non ha responsabilità, il lato umano deve prevalere su tutto”.
Marta Gaia, assessore ai Servizi Sociali di Albenga, dopo un primo rinvio alla normativa, ha avviato un contatto diretto e questa mattina (9 luglio) incontrerà Sarli.
Sul caso, è intervenuto il consigliere albenganese Nicola Podio: “Assurdo che certe situazioni debbano finire sui giornali perché l’amministrazione si decida a interessarsene”, ha detto.
“Quella di questa famiglia è una storia che grida giustizia. Hanno chiesto la residenza al Comune, ma non ricevono alcuna risposta - prosegue -. E nel frattempo? Sono abbandonati nel limbo, senza un riconoscimento formale, senza diritti, senza certezze. Sono letteralmente invisibili agli occhi del Comune in cui vivono e in cui pagano un affitto con i pochi soldi che gli sono rimasti. È assurdo che certe situazioni debbano finire sui giornali perché l’amministrazione albenganese si decida a interessarsene. Sembra che l’unico modo per attivare questa maggioranza sia l’attenzione mediatica, come già accaduto per la storia di Paolo: prima il silenzio, poi la corsa a intervenire solo dopo l’indignazione pubblica".
Chi si candida a governare una città - aggiunge - lo fa per dare risposte, non per voltarsi dall’altra parte di fronte a chi è in difficoltà. Questa famiglia non può restare invisibile agli occhi delle istituzioni. Serve un atto di responsabilità, subito. Nel caso di specie, la residenza non è un favore: è un diritto. E, come in questo caso, quando ci sono di mezzo minori e persone fragili, non si può perdere tempo. Il sindaco e l’assessore competente devono intervenire adesso, non quando sarà troppo tardi. Si prenda esempio dal sindaco di Borghetto, Giancarlo Canepa, che sta svolgendo il suo ruolo come previsto dalla legge e dal codice deontologico dei sindaci. Basta silenzi, basta rimpalli. Servono umanità, buon senso e rispetto della legge”, conclude Podio.














