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Al Direttore | 03 luglio 2025, 11:35

Lettera di un cittadino: “Tagli indiscriminati e piani assenti: stiamo distruggendo i nostri boschi”

Un lettore denuncia il progressivo saccheggio del patrimonio forestale dell’entroterra ligure

Lettera di un cittadino: “Tagli indiscriminati e piani assenti: stiamo distruggendo i nostri boschi”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un lettore.

“Un faggio, per crescere fino alla dimensione dei tronchi comunemente visti, tagliati e stoccati nei piazzali o sui bilici del nostro entroterra, impiega circa 80 anni per quelli piccoli, e tra i 200 e i 500 anni per i più grandi. In poco meno di cinque anni, abbiamo quindi azzerato l’esistenza di migliaia di questi alberi che popolavano le nostre montagne, lasciando interi crinali e pendii nudi, rinverditi solo dall’espansione del noccioleto selvatico, da qualche alberatura di scarso valore commerciale e da ceppaie con rigetti disordinati.

Se Bouvard fosse ancora in vita, avrebbe sicuramente da ridire sull’uso della formula da lui creata in dendrometria per stimare il volume cormometrico (ovvero il volume del fusto con corteccia) di un albero nella Provincia di Savona. E arrossirebbe leggendo molte delle relazioni propedeutiche al taglio.

Indagando meglio, scopriamo che nei piccoli Comuni del nostro entroterra – in particolare in quelli dove sono stati spianati i crinali per installare impianti eolici – spesso non esiste un Piano di Assestamento Forestale, nonostante sia obbligatorio per legge. Ancora più rari sono i Piani di Gestione Forestale redatti da privati.

Senza addentrarci troppo negli aspetti tecnici, possiamo dire che in Liguria la pianificazione forestale è finanziabile solo per superfici superiori ai 50 ettari, anche accorpati. Ma questo valore risulta troppo esiguo per elaborare un piano che abbia un vero significato ecologico e funzionale. Così si può tagliare quasi ovunque e in qualsiasi misura, non perché lo permetta la legge, ma perché viene ritenuto "idoneo al recupero". Anche se questo comporta la realizzazione di strade, sbancamenti e il transito di automezzi da 300 quintali (e oltre) all’interno di boschi che, di fatto, non sono più tali.

E allora, se il pesce puzza dalla testa, di chi è la colpa di tutto ciò che accade? Non sembra essere dei mancati controlli, visto che ormai nel bosco puoi entrare con qualsiasi mezzo, anche in barca, se ha le ruote. Né si può imputare solo al business delle biomasse, trasportate altrove e trasformate in profitto, o al pregiato legname da tavolato e da mobili che lascia la zona su smaglianti autotreni che percorrono le strade montane in piena notte. Né, forse, alle relazioni dendrometriche “domestiche” (quando ci sono), che supportano i tagli. O magari sì, anche alla Regione, più attenta all’oggi che al domani, dove due contributi concessi ai paeselli per qualche iniziativa accennano a una presenza istituzionale altrimenti inesistente.

Eppure, se passate di là, vedrete le montagne verdi di Marcella. E poco importa se siano vere e integre o ‘mineral/sintetiche’, mentre dall’autoradio si diffonde Orietta con ‘Fin che la barca va, lasciala andare’. E lì parte il coro degli invisibili: ‘Tu non remare, stai a guardare...’”.

Lettera

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